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Il Papa, i migranti e i profughi

La frase più a effetto e significativa contenuta ieri nel videomessaggio inviato al Centro Astalli è quella che riporta la richiesta di perdono ai profughi: “Troppe volte non vi abbiamo accolto! Perdonate la chiusura e l’indifferenza delle nostre società che temono il cambiamento di vita e di mentalità che la vostra presenza richiede. Trattati come un peso, un problema, un costo, siete invece un dono. Siete – ha proseguito Francesco – la testimonianza di come il nostro Dio clemente e misericordioso sa trasformare il male e l’ingiustizia di cui soffrite in un bene per tutti. Perché ognuno di voi può essere un ponte che unisce popoli lontani, che rende possibile l’incontro tra culture e religioni diverse, una via per riscoprire la nostra comune umanità”. “Il messaggio del Pontefice continua a tenere viva l’attenzione del mondo sul dramma dei profughi, dopo il viaggio compiuto a Lesbo lo scorso sabato 16“, si legge nell’articolo di apertura dell’Osservatore Romano.

COSTRUIRE PONTI E NON MURI

E proprio sull’organo ufficiale della Santa Sede, la storica Lucetta Scaraffia osserva che “la crisi in cui stanno versando i diritti umani è grave e profonda, e segnala una situazione generale ancora più drammatica: l’assenza di un orizzonte morale di speranza condiviso a cui guardare con fiducia”. Nell’editoriale d’apertura di Avvenire, Adriano Fabris scrive che quelle del Pontefice “sembrano parole che indicano scelte irrealistiche, contrarie alla logica dell’utile. Sono però le uniche vie per governare una situazione che avrà i suoi effetti ancora per molti anni. Purché i ponti siano costruiti davvero fino in fondo: purché, in altre parole, non ci si fermi al gesto etico dell’accoglienza, ma si dia spazio a vere e proprie politiche d’integrazione. Su questo piano l’Italia può essere un modello”.

DISTINGUERE TRA CHI VUOLE L’INTEGRAZIONE E CHI LA RIFIUTA

“Purtroppo c’è una tendenza a tradurre le parole e i gesti del Papa in decisioni politiche automatiche. In questo caso: tutti dentro, senza se e senza ma. E’ una nuova forma di integralismo, per di più su temi in cui il rispetto per il diritto alla vita dei migranti e lo spirito di accoglienza possono essere legittimamente rispettati da diverse opzioni politiche”, ha scritto il direttore della Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli: “Bisogna affermare con chiarezza che non è misericordia e tantomeno giustizia fare di ogni erba un fascio e considerare ogni immigrato alla stessa stregua, come se non ci fosse differenza tra chi fugge dalla guerra in Siria ed Iraq e chi parte da Paesi africani relativamente stabili seppur poveri. Come se non ci fosse differenza, all’interno di uno stesso Paese – vedi ancora Siria e Iraq – tra chi scappa dalla guerra e chi oltre alla guerra ha dovuto subire anche la persecuzione. E come se oltre all’accoglienza non si dovesse pensare anche al dopo, alla possibilità di integrare, facendo perciò differenza tra chi desidera questa integrazione e chi la rifiuta”.

“UN CONTO E’ L’OSPITALITA’, UN ALTRO E’ L’ACCOGLIENZA INDISCRIMINATA”

“Ormai Papa Francesco è il principale sostenitore dell’accoglienza. Ma se la lavanda dei piedi può commuovere per il sentimento di profonda pietà che trasmette, le parole pronunciate ieri dal Pontefice sono un poco più difficili da mandar giù”, scrive su Libero Francesco Borgonovo, che aggiunge: “Un conto è l’ospitalità, un altro è l’accoglienza indiscriminata. E la sensazione è che Bergoglio, con le sue esternazioni politiche, favorisca un sistema niente affatto pietoso e umano”.

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