Il copione è sempre uguale: i titoli delle prime pagine e, dopo appena qualche giorno, l’oblio. Il clamore suscitato dal caso Guidi ha fatto scoprire all’opinione pubblica italiana che nel Paese manca quasi del tutto una regolamentazione dell’attività di lobbying. Non è mai troppo tardi per accorgersene, anche se in oltre 40 anni di vita parlamentare sono stati depositati (e mai approvati) oltre 50 progetti di legge con oggetto la regolamentazione del lobbying.
D’altra parte, nell’immaginario collettivo degli italiani lobby è sinonimo di potentati che, tramando nell’oscurità, frenano qualsiasi cambiamento necessario al Paese. E i lobbisti sono guardati come loschi faccendieri difensori di interessi opachi e poco raccomandabili.
In realtà l’attività di lobbying è una delle caratteristiche connaturate alle democrazie moderne, nelle quali agiscono interessi diversi e non coincidenti, che hanno eguale legittimazione a informare e influenzare i decisori pubblici.
È sufficiente guardare all’estero, dove esiste una regolamentazione seppur parziale del lobbying come accade nelle istituzioni europee, per notare che a svolgere tale attività non sono solo le multinazionali o le corporazioni professionali, ma anche i sindacati, le organizzazioni non governative, i movimenti dei cittadini.
Quel che va dunque combattuto non è il diritto, riconosciuto a tutti, di accedere agli atti preparatori delle decisioni pubbliche e di influenzare politici e alti funzionari dello Stato, bensì l’assenza di trasparenza causata dalla mancanza di una regolamentazione del settore in Italia. Anche per questo Riparte il futuro, progetto digitale contro la corruzione, ha lanciato Occhi aperti, una campagna affinché si arrivi presto anche nel nostro Paese a normare la rappresentanza di interessi come già accade in molti altri Stati.
Siamo infatti convinti che un’attività di lobbying svolta alla luce del sole possa aumentare la partecipazione dei cittadini, migliorando la qualità della nostra democrazia, e che possa aiutare a limitare (o prevenire) fenomeni di corruzione e conflitti di interessi. Come evidenziato dal nostro report, una legge organica in materia permetterebbe di tener traccia di chi incontra i decisori pubblici e di chi contribuisce davvero a influenzare gli atti normativi. Ma garantirebbe anche a tutte le voci di essere ascoltate: oggi ad esempio solo alcuni lobbisti godono di un libero accesso alle istituzioni parlamentari in virtù di una distribuzione dei pass del tutto discrezionale. E solo alcuni hanno la possibilità di conoscere in anticipo gli atti normativi in formazione. Infine, con una legge si potrebbe limitare il potere dei lobbisti occulti che cercano di influenzare nell’ombra le decisioni pubbliche.
Una normativa sulla regolamentazione del lobbying dovrebbe prima di tutto applicarsi a tutti i decisori pubblici: il Parlamento, certo, ma ancor di più governo e ministeri, regioni, authorities indipendenti. Illudersi, come sta accadendo, che il problema si risolva con l’introduzione di un semplice regolamento parlamentare, peraltro applicabile alla sola Camera dei deputati, è fingere che le decisioni siano in mano soprattutto ai parlamentari. I lobbisti (e gli stessi parlamentari) sanno che non è così.
Fondamentale è poi prevedere un registro pubblico cui possa iscriversi chiunque aspiri e influenzare il processo normativo. Registro detenuto da un’autorità indipendente (potrebbe essere l’Anticorruzione o il Garante della concorrenza e del mercato), pubblicato online e aggiornato con le attività svolte da parte dei lobbisti.
I decisori pubblici dovrebbero invece rendere nota l’agenda dei loro incontri per sapere chi potrebbe aver influenzato le loro scelte. In Italia, qualcosa di simile lo sta facendo da anni il viceministro ai trasporti Riccardo Nencini che riporta online i suoi appuntamenti con i portatori di interesse.
Per lobbisti e decisori pubblici inadempienti andrebbero inoltre previste sanzioni che implichino per i primi l’esclusione dal registro e quindi la possibilità di esercitare l’attività e per i secondi pene pecuniarie fino al decadimento dall’incarico nei casi più gravi.
Anche sull’onda dell’affaire Guidi il Senato ha riaperto i termini per la presentazione di emendamenti al testo base sulla regolamentazione dell’attività di lobbying, firmato da Luis Alberto Orellana.
L’auspicio è che il provvedimento – dopo diversi mesi di stop – possa nuovamente riprendere l’iter e venire approvato in tempi ragionevoli. I rischi sono però altissimi: maggioranze traballanti ma soprattutto la netta opposizione di chi con la regolamentazione rischierebbe di perdere privilegi consolidati. La via maestra sarebbe invece quella di un decreto del consiglio dei ministri che facesse proprie le principali indicazioni arrivate dal Parlamento e presenti in ben 18 progetti di legge depositati nella sola legislatura corrente. Ad oggi il governo non ha mostrato quell’attenzione e sensibilità necessarie ad affrontare una questione che attende da troppo tempo una regolamentazione. Non è mai troppo tardi per ripensarci.
Federico Anghelè di Riparte il Futuro (comunità digitale apartitica di oltre 1 milione di persone che cerca di sconfiggere la corruzione promuovendo latrasparenza e la certezza del diritto. E’ uno dei principali soggetti animatori di FOIA4ITALY)