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Chi non ha festeggiato il Primo Maggio

Quest’anno la festa del lavoro è preceduta da una buona notizia che viene dall’Istat: a fine marzo l’occupazione è cresciuta, rispetto al marzo 2015, di 263mila unità: cioè del +1,2 per cento. La disoccupazione è diminuita dal 13 all’11,4 per cento. Le retribuzioni contrattuali sono cresciute in un anno dello +0,8 per cento. Quanto alla qualità del flusso delle assunzioni, il trimestre dicembre-febbraio 2016 ne fa comunque registrare 543mila a tempo indeterminato: +37 per cento rispetto allo stesso trimestre di un anno prima. Chi perde un posto stabile lo ritrova più facilmente.

Tutto bene, dunque? No. Perché, la Festa del Lavoro è ancora la festa di 23 milioni soltanto di italiani che un lavoro retribuito lo hanno. Il 56 per cento. Se il nostro mercato del lavoro funzionasse come in Gran Bretagna, sarebbero cinque milioni di più; se funzionasse come quello dei Paesi scandinavi, otto milioni di più. Nello stesso tempo in Italia si registrano più di mezzo milione di situazioni di skill shortage: posti di lavoro che restano permanentemente scoperti perché non si trova chi abbia le capacità necessarie per occuparli.

E i milioni di italiani, soprattutto giovani, che vorrebbero un lavoro retribuito non hanno chi li aiuti a trovarlo. La rete dei Centri per l’Impiego è allo sbando e al ministero del Lavoro nessuno se ne occupa, con la scusa che se ne occuperà la nuova Agenzia Nazionale per le Politiche Attive istituita nel settembre scorso; ma l’ANPAL, se tutto va bene, sarà operativa soltanto nel prossimo autunno.

La riforma del lavoro sta funzionando bene per chi nel mercato del lavoro c’è già, o riesce a entrarci da solo; ma milioni di persone, che da sole non ci riescono, sono ancora in attesa di qualcuno che dia loro una mano. Il Primo Maggio sarà anche la loro festa quando ci sarà un luogo dove troveranno qualcuno capace di prenderle per mano e insegnare loro come si entra nella cittadella.

Questo articolo è stato pubblicato sul sito di Pietro Ichino



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