Che farà ora Intesa Sanpaolo? Continuerà a sostenere l’Ops di Urbano Cairo o mollerà il patron di La 7 per aderire all’Opa più sostanziosa di Andrea Bonomi? Infatti Cairo valuta 0,53 euro una azione Rcs nell’Offerta pubblica di scambio congegnata con Banca Imi (Intesa), mentre la cordata capeggiata da Bonomi offre un pezzo di 0,7 euro. La banca sistemica guidata da Carlo Messina potrà davvero snobbare una mossa di sistema che peraltro si vanta di fare un’operazione di mercato con denaro sonante e non di carta?
INTESA SANPAOLO AL BIVIO
Sono le domande che si pongono membri e advisor della cordata che ha deciso di contrastare l’incursione di Cairo. Un editore puro come invocava per Rizzoli-Corriere della Sera l’effervescente Diego Della Valle, socio da tempo sbuffante per conti e performance borsistiche di Rcs ma ora alleato con coloro (in primis Mediobanca) che erano destinatari delle sue rutilanti stilettate contro pure i ragazzini della finanza milanese. Ma evidentemente anche al cuor si comanda, si mormora in ambienti finanziari. Chi ha tempo e voglia di leggere relazioni e bilanci del gruppo Tod’s ha notato che da tempo che non è più Intesa Sanpaolo l’istituto più vicino all’imprenditore marchigiano: nelle ultime operazioni Intesa è stata soppiantata da Mediobanca.
I RAPPORTI BONOMI-MEDIOBANCA
L’istituto di Piazzetta Cuccia ora guidato da Alberto Nagel ha avuto rapporti altalenanti con la famiglia Bonomi. Mentre la nonna Anna Bolchini Bonomi si scontrava sempre con Enrico Cuccia, che la voleva subalterna, lei che aveva sempre vissuto da protagonista, Andrea si è fatto coinvolgere dalla Mediobanca di Nagel che voleva evitare che Bpm (Banca Popolare di Milano) cadesse in mani sgradite a Piazzetta Cuccia. Alla fine ha dovuto alzare bandiera bianca ma almeno con la soddisfazione del risanamento dei conti come ha dimostrato la recente Asset Quality Review della Bce.
LE GIRAVOLTE SUI SALOTTI
Bonomi in realtà è rimasto scottato anche quando ha avuto a che fare con la Pirelli di Marco Tronchetti Provera. Insieme con il fondo Clessidra doveva entrare nel capitale delle holding a monte del gruppo per ridurre la leva finanziaria dell’azienda e limare il potere del presidente-azionista. Ma Tronchetti l’ha tenuto in ballo per qualche mese senza far vedere fino in fondo i conti delle sue scatole finanziarie – ha ricordato il quotidiano la Repubblica – fino a quando i rapporti si sono interrotti non senza un qualche risentimento. E il distacco dal mondo Mediobanca è aumentato. “I salotti hanno dimostrato di non portare valore alle aziende – aveva confidato Andrea Bonomi in quell’occasione – sono nati per proteggere invece che per sviluppare. Il private equity invece dà i soldi a chi li merita per far crescere le aziende”. Ma ora, evidentemente, salotti e private equity vanno a braccetto. Ma il concetto di salotto è labile. Visto che di recente – come ha notato Il Fatto Quotidiano – il salotto Rcs (oltre a essere stimmatizzato da Della Valle) era stato rinnegato da Nagel e disprezzato pure dal numero uno di Unipol-Sai, Carlo Cimbri.
LE MIRE DI BONOMI
Ma ora quei salotti allestiscono un’operazione di mercato tutta cash e più pingue rispetto a quella dell’editore puro Cairo. Così cercano di blindare il Corriere della Sera dall’assalto “esterno”, puntano – dicono – a valorizzare i brand sportivi (esaudendo le richieste anche di Della Valle) ed escogiteranno qualche soluzione finanziaria sul debito. Nel frattempo difendono a spada tratta i vertici del gruppo editoriale sballottati pochi giorni fa da Cairo senza troppe perifrasi. E magari, nel frattempo, spiegheranno qualcosina alla Consob. Visto che Mediobanca di recente – ha ricordato Mf/Milano Finanza – si era definita solo “destinataria” di possibili cordate contro l’editore di La7. Comportamento che ha attirato l’attenzione della Consob. In particolare, la Commissione nazionale per le società e la Borsa si vuole concentrare sul possibile conflitto tra le dichiarazioni rilasciate al mercato e il ruolo attivo come advisor dell’operazione nonché come partecipante attivo alla cordata. Mentre c’è chi ricorda che nell’operazione Recoletos, che ha nuociuto non poco al bilancio Rcs, ha avuto un ruolo anche Bonomi.
IL PROGETTO
Bonomi, Diego Della Valle, Mediobanca, UnipolSai e Pirelli uniranno le forze con la prossima creazione di una newco, di cui Investindustrial avrà il 45% e gli altri investitori il restante 55% (a sua volta suddiviso equamente tra i soci Rcs con partecipazioni del 13,75% l’una). La newco porterà avanti l’Opa grazie a risorse messe a disposizione direttamente dai singoli azionisti. L’offerta riguarda un massimo di 403,9 milioni di azioni. In caso di adesione totale l’impegno finanziario sarebbe di oltre 280 milioni di euro, secondo ipotesi di mercato (mentre a Cairo Communication potranno servire fino a 274,9 milioni di euro dopo aver fissato il prezzo unitario di emissione delle sue nuove azioni a 4,39 euro, per un massimo di circa 62,6 milioni di azioni post aumento di capitale). In questo articolo di Mf/Milano Finanza ci sono tutte le informazioni e i numeri su quanto davvero sborseranno Bonomi & C.
IL PREZZO
Gli azionisti forti di Rcs (tutti insieme arrivano al 22,6% del capitale, pari a 117,9 milioni di azioni) con Bonomi puntano al restante 77,4%, pagando 0,7 euro per azione (mentre la proposta di Cairo, come detto, prevede uno scambio carta contro carta, tramite un’offerta pubblica di scambio-ops che mette sul tavolo 0,12 azioni Cairo per ognuna di Rcs, valorizzandole 0,53 euro l’una). “Il prezzo, offerto per cassa, incorpora un premio del 68,4% rispetto al corso di borsa del 7 aprile scorso, data antecedente l’annuncio dell’ops promossa da Cairo Communication spa, e del 17,0% rispetto a quello di chiusura di venerdì 13 maggio 2016”, si legge in una nota di ieri firmata Investindustrial mentre nel documento ufficiale si sottolinea che, al 13 maggio scorso, “il corrispettivo incorpora un premio di circa il 31,58% rispetto a quello dell’offerta promossa da Cairo Communication”.
LE MIRE DI BONOMI
Ma quali sono i fini della cordata? Gianni Gambarotta, ex direttore del settimanale Il Mondo (Rcs), ha qualche idea, come ha scritto su Formiche.net: vogliono blindare il Corsera dall’assalto di un imprenditore puro e poco sistemico come il patron de La 7 ed evitare di passare in secondo piano (magari occhieggiando a Matteo Renzi). L’obiettivo ufficiale dei protagonisti, dichiarato ieri, è invece quello creare un gruppo “multimediale” di portata internazionale, scommettendo su “eventi sportivi” e “ampliamento dell’offerta digitale”, sia grazie ad acquisizioni esterne sia con “l’ulteriore valorizzazione di testate” come il quotidiano sportivo spagnolo Marca e la Gazzetta dello Sport. Al Corsera il compito di essere il fulcro per le news del nuovo gruppo. Bonomi ha indicato nel suo comunicato di voler accelerare la ristrutturazione avviata ‘positivamente’ dall’attuale management guidato dall’ad Laura Cioli.
I CALCOLI DI CAIRO
I numeri e le percentuali della cordata sono contestati da Cairo, che fa calcoli differenti, come scrive la Repubblica: “Oltre al valore delle azioni getta sul piatto anche il peso del debito. Oggi Rcs è esposta per circa 423 milioni. Dunque la valutazione complessiva deve tenere conto della somma tra il valore dell’offerta sui titoli e quella del debito. Cairo offre 280 milioni in azioni e dunque valuta complessivamente la spesa per conquistare Rcs 700 milioni. Il gruppo guidato da Bonomi offre invece un valore complessivo delle azioni di 350 milioni che sommati al debito raggiungono una cifra di 770 milioni: “Non una grande differenza — dice Cairo — una distanza del 10 per cento”. È una questione matematica – chiosa Repubblica – il debito resta inevitabilmente invariato facendo scendere dal trenta al dieci per cento la differenza tra le due offerte”.
Che farà ora Cairo? Rilancerà? E Intesa Sanpaolo? Si vedrà.