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Forze speciali USA trade mark, lo spin politico dietro alla campagna su Raqqa (e non solo)

Oggi, giovedì 26 maggio, alcuni account vicini alla propaganda dei curdi combattenti nel nord siriano hanno condiviso sui social network le immagini di soldati delle forze speciali americane embedded con i miliziani Ypg che hanno lanciato l’offensiva su Raqqa. Si vedono chiaramente i militari dai lineamenti occidentali, che con ogni probabilità fanno parte del contingente da 50 più 200 operatori inviato in due trance da Washington negli ultimi mesi, indossare divise con le insegne dell’Ypg (e dello Ypj, la sezione femminile)– in realtà gli americani sono lì per aiutare il raggruppamento Sdf, la Syrian Democratic Force, che però è composto per l’80 per cento dai miliziani curdi, che sono, con tutte le contraddizioni proprie, il più forte alleato sul campo della Coalizione a guida americana.

I commandos statunitensi stanno accompagnando a stretto contatto (si dice anche in via operativa, sebbene le loro regole d’ingaggio non prevedano ruoli “combat“) i ribelli siriani nella campagna militare verso la roccaforte Is di Raqqa – si tratta di una missione a cui la Casa Bianca tiene molto, visto che l’ha inserita in cima ai programmi presentati ad inizio anno per combattere lo Stato islamico.

Quelle mostrate oggi sono immagini inedite, perché sebbene le forze speciali americane fossero già finite nelle riprese di un video-reportage trasmesso dall’emittente francese France 24 esattamente un mese fa, queste foto sono dirette, inquadrano gli operatori americani in volto senza nessun genere di oscuramento, sono esplicite. Al punto che non è credibile che gli esperti soldati americani non ne siano consapevoli soggetti (in alcune sembrano in posa per Men’s Health). Sono state scattate dal fotografo Getty/AFP Delil Souleiman, intorno al villaggio di Fatisah, che si trova a qualche decina di chilometri da Raqqa, sulla strada che scende dal confine turco/siriano.

Sabato scorso il capo di CentCom, che è il comando del Pentagono che copre il Medio Oriente, è andato in visita nella zona con un viaggio che fino a pochi mesi fa sarebbe stato completamente top secret, e invece stavolta è stato accompagnato anche da alcuni giornalisti. E dunque, è possibile che tutto, dalle immagini al viaggio, sia parte di un’operazione di spin, con cui la Casa Bianca intende sottolineare la propria presenza all’interno di questa campagna militare verso la capitale del Califfato, mettere un titolo, una firma all’operazione, pesare l’impegno diretto mostrando che sul campo ha schierato le unità d’élite del proprio contingente? Tre settimana fa un video girato da altri combattenti curdi, ma iracheni (Peshmerga), ha mostrato dei passaggi di uno scontro a fuoco (in cui un Navy Seal è rimasto ucciso) avvenuto appena fuori Mosul, altro obiettivo in cima alla lista per Washington (è l’altra faccia della statualità califfale, in Iraq) – quelle, poi passate in esclusiva al Guardian, erano immagini anche meno sofisticate di queste che arrivano oggi dalla Siria, probabilmente erano state girate con uno smartphone da uno dei combattenti e non da un fotografo professionista. In questi giorni c’è anche un susseguirsi continuo di “funzionari anonimi” americani (e occidentali in genere) che rivelano notizie sulle attività delle forze speciali statunitensi (e italiane, inglesi, francesi), anche in Libia. E siamo sulla terza linea del fronte contro lo Stato islamico dopo Iraq e Siria, sempre seguendo la stessa traiettoria comunicativa.

Nota diplomatica: ad Ankara non l’hanno presa bene. La Turchia considera i combattenti siriani un prolungamento oltre confine del Pkk (e in effetti i due gruppi sono molto intimi). Classifica le entità come terroristiche, per questo per i turchi aver visto le immagini dei militari americani, il più grosso alleato globale, indossare le mimetiche dell’Ypg/Ypj, è stato uno shock. Ankara ha aperto l’uso delle basi sul proprio territorio anche per coprire quelle missioni al nord siriano, pur sapendo della partnership americana (già più volte criticata), per ciò avrebbe preferito maggiore discrezione.

(Foto: Twitter, @DrPartizan_, una combattente curda dell’Sdf a Fatisah)

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