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Perché Grillo e Casaleggio hanno torto a metà sulla legge per l’assetto dei partiti

Lavoro cassimatis, GIULIANO CAZZOLA

I “grillini’’, nella discussione aperta a proposito della riforma dei partiti, non intendono rinunciare al regime teocratico-talebano vigente nel loro Movimento. A mio parere, tuttavia, hanno torto solo a metà, perché confezionare una legge sull’assetto dei partiti è una sonora stupidaggine. Solo degli analfabeti del diritto possono sostenere, infatti, che l’articolo 49 della Costituzione debba “essere attuato’’. La norma non lo richiede affatto; e quando fa riferimento al “metodo democratico’’ non si riferisce all’ordinamento interno dei partiti, ma alle modalità della loro azione nel concorrere a determinare “la politica nazionale’’. Del resto i partiti sono libere associazioni regolate dagli articoli 36 e seguenti del codice civile e dagli statuti interni. C’è forse qualcuno che vuole consentire alle Procure di mettere il naso anche nell’elezione del segretario?

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Per constatare la differenza tra i testi normativi e gli adempimenti che essi impongono è sufficiente leggere l’articolo 39 della Costituzione laddove recita con riferimento all’organizzazione sindacale: “E’ condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica’.’ Non è un caso, però, che questa norma non sia mai stata attuata (mediante la necessaria legge ordinaria) e che il sistema delle relazioni industriali, in Italia, abbia potuto farne a meno.

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Nell’ambito del dibattito sulla giustizia e sul ruolo della magistratura – riaccesosi negli ultimi tempi anche per quanto riguarda il rapporto con la politica – sono emerse nuove e inattese filosofie del diritto. Secondo alcuni autorevoli giuristi e magistrati le politiche neoliberiste sarebbero contrarie alla Costituzione perché subordinano il riconoscimento dei diritti alla disponibilità e alla misura delle risorse. Queste teorie non solo soltanto insensate, dal momento che le norme, di solito, non stampano moneta e non producono ricchezza; sono anche contrarie al dettato costituzionale. Quando l’articolo 38 della Carta riconosce ai cittadini, che ne siano sprovvisti, “i mezzi necessari per vivere’’, ed assicura ai lavoratori – in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria – “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita’’, è evidente che nella norma è incluso il principio del limite, insito negli stessi aggettivi ‘’necessari’’ ed “adeguati’’ e determinato, appunto, dalle disponibilità finanziarie. Il legislatore del 1948 non aveva trovato la formula per moltiplicare i pani e i pesci.

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