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Perché io, di sinistra, ho molti dubbi sulle nozze gay

lode, alfano, voto

Discussione durante una cena di famiglia. Oggetto, le unioni civili.

Cerco disperatamente di difendere le mie riserve. Sul matrimonio omosessuale, intendo. Forse riesco – o almeno lo spero – a comunicare ai miei la sostanza della mia obiezione. Il matrimonio non è trattabile come un dato culturale mutevole. Il matrimonio è un misto di natura e cultura, è un intreccio di leggi, dettate dalla biologia, e affinate dalla civiltà e dalla cultura. Il matrimonio evolve, ma non cambia nella sostanza; è regolazione, propriamente umana, civile e pattizia della riproduzione sessuale. Un istituto eterosessuale, insomma.

Il desiderio di genitorialità, poi, non è un diritto. Desiderare un figlio accomuna, tecnicamente, gli esseri viventi che si riproducono per via sessuale. E’, invece, propriamente umano riprodursi con criterio. E il principio di responsabilità è umano, non animale. E il luogo della responsabilità non è il desiderio, ma il diritto. Il diritto limita i desideri al rispetto della libertà dei terzi. Nel diritto matrimoniale l’essere terzo è il figlio.

Una società fondata sul desiderio è edonistica e individualista. Quelle fondate sul diritto, invece, accettano la limitazione. Diritto e desiderio non sono sinonimi. Il matrimonio è eterno, così come lo è la vita, biologicamente intesa. Un giorno la biologia sarà sostituita dalla tecnologia. Se è così, una società civile ha il diritto di non anticipare i tempi, di discutere se questo sia un progresso e, soprattutto, di essere cauta e prepararsi al cambiamento senza approssimazioni.

Mi accorgo di essere sulla difensiva e, forse, i miei argomenti lasciano un segno. O forse, più semplicemente, mi illudo.


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