Skip to main content

Perché sostengo Alfio Marchini

profumo, commissione,

Caro Direttore,

perché schierarsi con Alfio Marchini? Me lo hanno chiesto in tanti, considerati gli articoli scritti su Formiche proprio sul dissesto di Roma Capitale. Rendere trasparente il processo che mi ha spinto verso questa decisione può, allora, essere utile. Ben al di là del fatto individuale che riguarda la mia modesta persona. I dati della crisi sono oggettivi. Richiedono, pertanto, una diagnosi. Soprattutto una possibile terapia. Sono due le cose che per Roma sono esiziali: una profonda discontinuità con il passato e una rinnovata capacità di governo. I due elementi stanno insieme. Non possono essere separati. Da anni Roma è stata vittima di un modello spartitorio, come direbbe Giuliano Amato. Si è sempre votato non tanto per scegliere un sindaco, ma l’azionista di maggioranza relativo. Lasciando a chi perdeva le elezioni la sua fetta di potere consociativo.

Questo modo d’essere del sistema di governo di Roma è stato certificato in modo inequivocabile dai protagonisti della saga di Mafia Capitale. Esemplificazione giornalistica, ma anche fatto emblematico del format che ne ha dominato la vita politica. Quel triangolo maledetto costituito da Luca Odovaine, ex vice capo di gabinetto di Walter Veltroni, Salvatore Buzzi, esponente delle cooperative rosse e Massimo Carminati, militante storico delle organizzazioni neo fasciste ne è la dimostrazione. La Magistratura vaglierà le relative responsabilità. Ma fin da ora è difficile non scorgere in quegli episodi il filo di una continuità che deve essere spezzato; se si vuole dare a Roma un destino diverso.

Quindi nessuna compiacenza verso le forze politiche che in tutti questi anni, non hanno visto o tollerato. Nonostante la stima personale che posso avere sia nei confronti di Roberto Giachetti che di Giorgia Meloni. Entrambi, tuttavia, rimangono esponenti di partiti profondamente in crisi d’identità. Partiti che sono ancora in grado, qualora risultassero vincitori, di condizionarne le future scelte amministrative. Se “democrazia del leader” deve essere, per riprendere il bel libro di Mauro Calise, scegliamo un personaggio fuori dalla mischia, nella speranza ch’esso contribuisca a rigenerare la vita stessa di quelle formazioni. Nei confronti dei quali vale la vecchia definizione di Winston Churcill : “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta di tutte le altre forme finora sperimentate”.

Ed allora perché non “cinque stelle”? Semplicemente perché non risponde al secondo termine dell’equazione. Abbiamo bisogno di un governo forte per Roma. Non dell’ulteriore paralisi, pur se motivata da nobili principi. Con il Commissario Tronca, in questi mesi, si è sperimentato una buona ordinaria amministrazione. Ma Roma, nei prossimi anni, richiede molto di più. Richiede una visione nazionale. Una rinnovata intesa con il Governo per un impegno comune verso la Capitale. I 110 milioni previsti a bilancio dal Commissario Tronca, per i maggior costi sostenuti per le relative funzioni, non sono certo la soluzione. Ma per cambiare questo stato di cose, siamo innanzitutto noi, in quanto romani, a dover cambiare.

Valgono in questo caso regole di stampo europeo: riforme contro una maggiore disponibilità da parte degli altri. Quindi modernizzazione della struttura dell’Amministrazione e la nebulosa delle municipali. Privatizzare ciò che si può e si deve privatizzare. Valorizzazione degli asset. Riduzione delle inefficienze. Ma perché l’archivio delle pratiche del condono deve essere a Perugia? Cose difficili, indubbiamente. Ma che diventano possibili se al nuovo sindaco non mancherà, come non manca, la forza dell’innovazione. E se avrà come riferimento le grandi capitali europee: Londra, Berlino, Parigi o la stessa Madrid. La cui governance è lontana anni luci dalle cattive pratiche italiane.

Per portare avanti questa strategia, abbiamo pertanto bisogno di una squadra di governo, a livello locale, che sia competitiva. Che unisca le esperienze maturate, anche a livello nazionale, con una rinnovata passione civile. Per disperdere quell’alone di indolenza che circonda la storia della Capitale. Il tandem Marchini – Bertolaso è, allo stato delle cose, la risposta migliore. Un mix di passione civile – non dimentichiamo la corsa solitaria di Alfio Marchini negli anni passati – con una capacità gestionale sperimentata nei duri frangenti delle emergenze nazionali. Non sarà la panacea, ma può essere quel “dream” che lo stesso Marchini ha evocato. Ed all’orizzonte del Cupolone, francamente, non si vede di meglio.

Questo è stato, quindi, il mio ragionamento. Non so quanto possa servire per dirimere i dubbi che angosciano gran parte dell’elettorato. Ma già quest’incertezza è un dato significativo. Avvertiamo tutti il momento di sbandamento. Ma da questa fase non si esce con il gesto estremo della protesta o del non voto. Si può provare a vincere, solo partecipando.

Con stima ed affetto,
Gianfranco Polillo


×

Iscriviti alla newsletter