Le figlie di una parte della nomenclatura del Pci, Bianca Berlinguer e Celeste Ingrao, protestano con Matteo Renzi. Il premier e segretario del Pd sarebbe reo di aver accostato i loro rispettivi grandi papà, Enrico e Pietro, alle motivazioni per il sì al referendum sulla riforma costituzionale (Renata, l’altra figlia di Ingrao, ha però annunciato su L’Unità di essere favorevole al nuovo testo della Costituzione).
Hanno ragione. E ha torto, in questo accostamento storico, Renzi. Ma solo perché Berlinguer e Ingrao, detto con grande rispetto per la loro storia, con gli strappi riformisti non c’entrano granché. A Berlinguer va certamente dato atto di aver tentato di rompere con l’Urss, correndo anche rischi personali. E a Ingrao di aver dato voce agli umili della storia.
Detto questo, Berlinguer e Ingrao furono sostanzialmente dei signor No. Compromesso storico a parte (Berlinguer). Ma il Pci scatenò, con i distinguo dei “miglioristi” Napolitano, Macaluso e Jotti, una vera guerriglia sociale contro Bettino Craxi e il suo decreto di S.Valentino che salvò l’Italia dall’inflazione. Al referendum il Pci incassò una batosta. Il Pci ha lasciato una eredità di Signor No che arriva fino a Sergio Cofferati e la sua Cgil prima scatenata contro D’Alema e poi contro Berlusconi per impedire qualsiasi riforma delle pensioni e figuriamoci dell’articolo 18.
Ora certi attacchi, che odorano al solito di superiorità morale comunista, a Renzi e alla ministra Maria Elena Boschi, ricordano alla cronista un po’ quegli anni delle guerre a Craxi sulla scala mobile, sui missili a Comiso e altro rivelatosi poi giusto, quando alle feste dell’Unità si ironizzava volgarmente con menu di “trippa alla Bettino”. Nessuno vuole paragonare le riforme di prima a quelle di ora, e neppure Renzi a Craxi. Epoche diverse e personaggi diversi. Ma visto che la storia della sinistra italiana è stata di fatto condizionata dai Signor No, alla fine i nodi arrivano al pettine. Anche con riforme sicuramente non perfette.
Tanti no e sempre no alla fine portano a tagliare la testa al toro. E magari anche malamente. Bettino Craxi che propose la Grande Riforma per snellire i meccanismi decisionali fu raffigurato nelle vignette come un fascista con fez e stivaloni. Forse Renzi, anziché tentare – cosa naturale in politica – di recuperare consensi dalla sinistra del suo partito, che sembra avergliela giurata a prescindere (come fece con Craxi, Berlusconi e paradossalmente anche con lo stesso D’Alema), non dovrebbe scomodare più Berlinguer e Ingrao. Ma non dire neppure più che Craxi era “la sinistra dell’opportunismo”. Ora che anche lui sta sperimentando sulla sua pelle quanto sia duro e poco opportunista tentare di fare le riforme. Giuste o sbagliate.
Gli italiani giudicheranno.