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Perché sono scettico sulle capacità di governo di Appendino e Raggi. Parla il prof. Becchi

paolo becchi

“Questo primo turno elettorale dimostra che il Movimento Cinque Stelle, nonostante i casi Nogarin e Pizzarotti, è ancora capace di intercettare il voto di protesta e la voglia di cambiamento nel Paese”. Paolo Becchi, filosofo del diritto, ex ideologo del M5S, fa il punto sulle elezioni amministrative che, al primo turno, hanno visto in particolare l’exploit di Virginia Raggi a Roma e un risultato di rilievo a Torino con Chiara Appendino.

Professor Becchi, ora M5S si gioca tutto a Roma…

E’ sicuramente un risultato importante in cui va tenuto conto di alcuni fattori. Innanzitutto, come dicevo prima, la capacità del movimento di intercettare ancora il voto di protesta. Poi la voglia di cambiamento dei romani. Come a dire: le abbiamo provate tutte ed è andata male, diamo una chance ai grillini. Poi hanno evidentemente azzeccato la candidata. Ma la Raggi è stata pompata molto a livello mediatico: non è passato giorno senza interviste e passaggi tv, anche sui media internazionali.

E ora si va al ballottaggio.

Se la Raggi dovesse vincere a Roma, qui il movimento si gioca tutto. Nella città più importante e difficile si capirà se l’M5S è in grado di passare dalla protesta alla proposta, se è davvero in grado di governare. Per il movimento, dopo Roma, nulla sarà più come prima. Io resto molto scettico, viste anche le prove nelle altre città. Presto gli elettori si accorgeranno che dietro il movimento c’è il nulla. E comunque, se la Raggi vince, i romani avranno un sindaco di fatto eterodiretto da una società a responsabilità limitata come la Casaleggio & associati.

Grillo si è tenuto defilato. E sia Raggi che Appendino sono candidate moderate…

Sì, Raggi e Appendino non hanno spaventato gli elettori, hanno trasmesso affidabilità. Per quanto riguarda Grillo, lui c’è sempre stato, anche se non in prima linea. Sul risultato può aver influito, in positivo per loro, la scomparsa di Casaleggio. Comunque l’M5S aveva tre obbiettivi: stare in testa a Roma, ottenere un buon risultato a Torino e non sfigurare a Milano. E li ha centrati tutti.

Chi è il grande sconfitto del primo turno?

Senza dubbio Berlusconi. Già era in stato vegetativo: ogni tanto si risvegliava, ma adesso siamo alla morte cerebrale. Ormai Forza Italia ha percentuali da prefisso telefonico. Marchini senza gli azzurri avrebbe preso più voti. L’ex Cavaliere in questo passaggio ha perso la sfida con Salvini e si avvia verso un’inesorabile uscita di scena. L’unico modo in cui il centrodestra può riorganizzarsi è intorno al leader della Lega.

E Renzi?

Il premier galleggia, sicuramente perde voti ma non si può ancora parlare di sconfitta. A Napoli il risultato era prevedibile, mentre non era affatto scontato portare Giachetti al ballottaggio a Roma. Tutto dipende da Milano: se Sala vince, per Renzi si potrà parlare di una tenuta; se invece perde, è una bella batosta e un pessimo segnale, per lui, in vista del referendum di ottobre.

Secondo lei Fassino a Torino rischia?

No, penso che Appendino abbia già fatto il pieno dei suoi voti.

Come giudica il dato sull’astensione?

E’ peggiorato, ma meno delle aspettative. E’ vero che il voto è stato caricato molto politicamente, ma nonostante tutto gli italiani sono ancora un popolo che va alle urne, più della media degli altri Paesi europei.



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