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L’Europa davanti alla Brexit

Oggi è un giorno storico per il destino dell’Europa. L’Inghilterra è alla prova del voto, anche se non è facile capire ad oggi se si tratterà di un Indipendence day o di un Armageddon. La campagna elettorale è stata lunga, dura e con fortissimi condizionamenti internazionali. Il momento più drammatico si è consumato con l’omicidio della deputata laburista Cox, uccisa da un folle nazionalista invasato, determinando uno shock che ha spostato l’elettorato favorevole contro l’uscita.

Sicuramente si tratterà di un testa a testa. Il fatto degno di nota è che la contrapposizione tra l’In e l’Out non ha attraversato linearmente il confine tra laburisti e conservatori, ma ha spaccato in due la destra britannica. Se, infatti, Farange ha capeggiato il fronte favorevole all’exit e il neo sindaco di Londra quello contrario, il premier David Cameron si è apertamente schierato per l’Europa, puntando l’indice sui rischi che comporterebbe optare per l’isolamento. Il suo rivale più agguerrito nel partito, Boris Johnson, invece ha cavalcato la linea indipendentista, elevando l’appuntamento elettorale odierno ad occasione cruciale per la rinascita dell’Inghilterra.

Brexit Sì, Brexit No: quello che conta, nell’incertezza generale sulle conseguenze possibili, è che l’Unione Europea dovrà essere rifondata di certo su basi politiche più solide e non unicamente su considerazioni di ordine economico, monetario e bancario. L’alternativa che nascerà da questo storico referendum, in fondo, è quella tra un’Europa che chiude i battenti e quella di un’Europa che resta in vita in attesa di essere resuscitata, rigenerata e ristrutturata.

In caso di un’Inghilterra che esce, vi sarebbe un effetto a cascata che porterebbe rapidamente ad uno sfaldamento del tessuto connettivo del continente. Ma in caso contrario certamente nulla resterà uguale.

Il punto di demarcazione, in fin dei conti, è che si deve passare da un’idea di Europa pensata come tappa verso un superamento del principio di nazionalità, ad un’Europa come alleanza e patto tra i popoli che la costituiscono. Ormai con la reazione anti Schengen di molti paesi e con il clima di diffuso scetticismo sulle istituzioni continentali, la strada di un’Unione ponte verso il globalismo umanitario necessita di un sostanziale ripensamento.

L’Inghilterra magari non compirà il finale salto nel buio, ma comunque il sogno europeo, rivelatosi appunto soltanto tale, si è infranto già davanti a drammi ingestibili come immigrazione e sicurezza, e davanti alla preminenza che nella sensibilità dei cittadini hanno acquisito i legami naturali di prossimità e di territorialità.

Un mondo globale non è un mondo più piccolo ma più caotico, che muove istinti di radicamento più che di apertura generalizzata all’altro e al diverso. Tener presente questo nuovo sentimento di minaccia e inglobarlo nella nuova Europa, meno finanziaria e più democratica, è la sfida che attende tutti dopo che il Leave o il Remain in Europe avranno fatto il proprio corso.

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