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Che cosa sta succedendo davvero a Falluja

Due funzionari della Difesa statunitense hanno raccontato anonimamente ai media americani che mercoledì gli aerei Usa hanno compiuto una fitta serie di attacchi contro un convoglio dello Stato islamico composto da almeno 40 veicoli che stava trasportando uomini fuori Falluja, la città irachena cinquanta chilometri a ovest di Baghdad che nei giorni scorsi è stata dichiarata dal governo iracheno completamente liberata dall’occupazione dei baghdadisti; il primo ministro iracheno ha tenuto un discorso trionfale dal centro della città. Nei raid compiuti dai jet americani, secondo le stime di Washington, sarebbero morti non meno di 250 soldati del Califfo. Se questa cifra sarà confermata, si tratta di uno delle più letali azioni condotte contro l’Is dall’inizio della guerra; in una testimonianza davanti al Congresso, Brett McGurk, l’uomo di Barack Obama che coordina la campagna contro lo Stato Islamico, ha detto che ogni tra giorni i raid americani eliminano un leader dell’Is.

L’avanzata su Falluja delle forze irachene, coperte dai bombardieri della Coalizione, era stata molto rapida: in cinque settimane erano riusciti a sbloccare una situazione in stallo da due anni, ossia da quando, nel gennaio 2014, la città cadde per prima in mano agli uomini dell’Isis (che di lì a sei mesi avrebbero proclamato il Califfato). La notizia dell’attacco aereo al convoglio in fuga, colpito nella fascia meridionale dell’outskirt cittadino, è stata segnalata per primo dalla Reuters, poi le tv americane (Fox News e anche ABC) hanno avuto ulteriori conferme. Successivamente il ministero della Difesa iracheno ha postato su Youtube anche un video dell’attacco (è da prendere con le molle, perché in precedenza Baghdad ha usato immagini di repertorio per propagandare nuovi attacchi).

DIETRO L’ATTACCO

L’airstrike è interessante perché scopre altre informazioni su quello che in parte si supponeva: i baghdadisti di Falluja non sono stati proprio sconfitti, ma più che altro hanno deciso una sorta di ritirata strategica; è, più o meno, quello che si dice stia succedendo a Sirte, roccaforte libica dell’Is, dove le milizie misuratine stanno avanzando con relativa facilità probabilmente perché i miliziani di Abu Bakr al Baghdadi hanno preferito allo scontro martirizzante la tattica del ritiro per disperdersi in altre aree e riorganizzarsi. Secondo alcuni analisti sarà questo il futuro dello Stato islamico in generale: perdere gran parte del territorio controllato (e dunque la dimensione statuale) e diventare di nuovo un non-meno-pericoloso gruppo combattente clandestino come ai tempi del suo fondatore, Abu Musab al Zarkawi. Da notare, per esempio, che nello stesso giorno in cui il convoglio dei baghdadisti amministratori di Falluja lasciava la città irachena, a Istanbul tre uomini dell’ala clandestina e terroristica dell’Is uccidevano una quarantina di persone (ferendone oltre 200) nella principale aeroporto della Turchia.

LA SITUAZIONE A FALLUJA

Era abbastanza noto che “la pietra miliare verso la sconfitta dello Stato islamico”, come lunedì il segretario alla Difesa americano Ash Carter ha definito la riconquista di Falluja, fosse naturalmente soggetta a sacche di resistenza ancora presenti, e il convoglio in fuga ne è la conferma. A questa problematica si dovrà aggiungerne un’altra di carattere meno militare e più politico: chi amministrerà Falluja adesso? Le stime indicano che il piano ministeriale per ricostruire il sistema amministrativo cittadino richiederà sei mesi di tempo. Il problema è legato a una delle questioni chiave sull’instabilità dell’Iraq: i gruppi etnici. Falluja è una città sunnita, in cui gli abitanti non hanno fatto troppa resistenza ai tempi dell’avanzata dell’Isis (che interpreta una visione radicalizzata all’estremo dell’Islam sunnita), perché vi hanno visto una speranza, un miraggio di rivalsa nei confronti delle vessazioni e dell’isolamento a cui erano stati costretti dal governo sciita di Nouri al Maliki, l’ex premier iracheno. Ora il rischio è che sul terreno di Falluja si consumino le vendette settarie dei liberatori sciiti contro la popolazione sunnita. Ad affiancare l’esercito nella campagna ci sono state infatti le indispensabili milizie dei partiti paramilitari filo-iraniani (dunque sciiti) iracheni, Badr Organization, Kataib Hezbollah eccetera, tutte realtà che hanno nell’eslcusivismo etnico-culturale uno dei pilastri fondativi. Per evitare complicazioni con i locali, era stato dato ordine a questi corpi di supporto –che sono in realtà il grosso, numerico e di potenziali, del flebile esercito iracheno – di restare fuori la cerchia abitativa, ma da qualche giorno girano alcune fotografie che dimostrano il contrario: si vedono miliziani sciiti con i propri mezzi e le proprie badiere all’interno di Falluja.

I CIVILI

Non è un caso se abbinate a questa robusta presenza degli uomini delle milizie (alcune della quali sono considerate organizzazioni terroristiche dall’Occidente, anche se sono utili per combattere l’Is) ci sono state diverse segnalazioni di abusi verso i cittadini, molti dei quali si trovano in campi profughi improvvisati e già in precarie condizioni umanitarie (ne ha parlato anche Carter nel suo comunicato). Dovrebbe essere la polizia federale a garantire la sicurezza nell’area, ma denunce su gravi violazioni dei diritti umani piovono anche sul corpo dipendente dal ministero dell’Interno (la linea non cambia: Mohammed Salem Al-Ghabban, il ministro, è membro del partito Badr). Due giornalisti di Agence France Presse hanno intervistato alcune delle migliaia di persone fuggite dalla città in un campo profughi: una di loro, una donna, ha raccontato che suo figlio di cinque anni le ha chiesto di essere ucciso perché non resisteva più ai morsi della fame. Molte di loro dicono di non voler rientrare in città, perché hanno paura che possano trovare nascosti, o tornare, gli uomini dello Stato islamico e contemporaneamente temono i miliziani sciiti.

(Foto: @wgdunlop, Falluja, un pick up della milizia sciita Badr con il poster del leader Hadi al Ameri, indagato dagli Usa per terrorismo)

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