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Chi vincerà i ballottaggi a Roma, Milano e Torino. Parla il prof. ex grillino Becchi

becchi

Ci sarà una vittoria al di sopra di ogni aspettativa di Virginia Raggi che a Roma prenderà il 70% dei voti o giù di lì“. Non ha paura di lanciarsi in pronostici anche audaci Paolo Becchi, professore di Filosofia del diritto all’università di Genova e soprattutto ex teorico del M5S, dal quale è uscito perché in contrasto con la nuova linea politica del partito ormai guidato da Luigi Di Maio. Un risultato che per la verità Becchi aveva già preannunciato in un’intervista a Formiche.net dello scorso 12 marzo. “Virginia Raggi sarà il nuovo sindaco di Roma“, aveva commentato in quell’occasione. Stavolta, però, si spinge ancora più in là: “Sono disposto a scommetterci. La candidata pentastellata è avviata verso un trionfo epocale“.

Professore, non è ancora presto per esprimere giudizi così perentori?

Il M5S raggiungerà tutti gli obiettivi che si era prefissato: vincere a Roma, competere fino alla fine a Torino e arrivare almeno al 10% a Milano e Napoli. I progetti di Casaleggio padre – che ragionava sempre su una logica di lungo periodo – si stanno avverando.

Se Raggi dovesse vincere come dice lei, quali problemi si troverà ad affrontare subito dopo il voto?

I primi 100 giorni saranno decisivi per lei. Il vero problema di Raggi è che i cittadini la stanno votando come se firmassero un assegno in bianco: per disperazione a fronte dei fallimenti del centrosinistra e del centrodestra. Saranno molti esigenti nel valutare il suo operato.

Quanto inciderà il movimento sulle scelte politiche di Virginia Raggi?

Molto, soprattutto il direttorio nazionale. La vittoria di Raggi e, perché no, quella possibile di Chiara Appendino a Torino fanno chiaramente capire che nel M5S ha prevalso la linea moderata e istituzionale rappresentata da Di Maio. E’ lui il vero vincitore di queste elezioni perché la sua linea è diventata dominante nel partito. Semmai qualche problema potrà averlo Beppe Grillo nel far digerire il rospo ad alcuni parlamentari, a fargli capire che la leadership ormai è nelle mani del giovanissimo vicepresidente della Camera.

La firma di Formiche.net Gianfranco Polillo oggi chiede a Virginia Raggi di fare definitivamente chiarezza sul famoso contratto firmato con la Casaleggio Associati. Che ne pensa?

Quel contratto era stato firmato per precisa volontà di Casaleggio, per evitare che potessero ripetersi a Roma le esperienze negative di cui il movimento si è reso protagonista in passato in molti comuni. Era un modo per dire che – nonostante la vittoria di Raggi – le decisioni importanti le avrebbe comunque prese lui da Milano. Casaleggio però non c’è più: tutto sommato penso che quel contratto ormai lasci il tempo che trovi.

Professore, spostiamoci a Torino. Qual è in questo caso la sua previsione?

Su Appendino convergeranno i voti della Lega e del centrodestra, compresi – almeno in parte – quelli di Forza Italia. E’ vero che Piero Fassino al primo turno ha accumulato dieci punti di vantaggio, ma non si può mai dire. Attenzione, non dimentichiamo il caso di Federico Pizzarotti, ai tempi della vittoria di Parma del 2012: al primo turno prese il 19% dei consensi ma al ballottaggio stravinse con il 60%.

Quindi chi vince?

Non lo so, è difficile dirlo. Il M5S ha delle chance ma non ci metterei la mano sul fuoco. Bisogna riconoscere che la situazione di Torino è totalmente diversa da quella di Roma dove gli scandali degli ultimi anni e la crisi del Pd hanno facilitato l’affermazione di Raggi. Non si può dire onestamente che Fassino in questi anni abbia mal governato.

Che faranno a Napoli, Bologna e Milano i grillini? Voteranno contro il partito di Renzi?

I vertici non prenderanno posizione e diranno come sempre che tutti i partiti sono uguali. In realtà però voteranno in blocco contro il Pd. Non c’è dubbio che andrà a cosi. In tutte le città i pentastellati sono schierati contro il partito del presidente del Consiglio. Il M5S dice ufficialmente una cosa ma poi ufficiosamente ne fa un’altra.

E’ sicuro che non esista un dialogo anche sotterraneo, ad esempio, tra Di Maio e Matteo Salvini che peraltro a Roma ha fatto un endorsement pubblico a favore di Raggi?

Lo escludo categoricamente. Non c’è alcun contatto, si tratta soltanto di una scelta elettorale, in fondo comprensibile. Ed è sulla base di questo orientamento di voto che Stefano Parisi ha vinto a Milano.

Addirittura Parisi ha già vinto per lei? Al primo turno, comunque, Beppe Sala ha ottenuto un lievo vantaggio sul suo avversario.

Sì certamente, Parisi ha già vinto. Allo stesso modo di Roma, sono pronto a scommetterci. Il risultato non è neppure da discutere. Il M5S voterà in massa il candidato antirenziano ed orienterà in modo decisivo l’esito del voto. I mei unici dubbi – come le ho spiegato – riguardano Torino.

A Torino si gioca in un certo senso la partita decisiva di questa tornata elettorale. Cos’è che unisce Chiara Appendino e Virginia Raggi?

Entrambe incarnano e rappresentano la svolta moderata del M5S che nell’arco di pochissimo tempo è cambiato radicalmente. In pratica non ha quasi più niente a che fare con quello delle origini: da forza antisistema è ormai diventato una forza a favore del sistema. Anzi, oggi è una carta che il sistema può giocarsi laddove il Pd di Renzi dovesse andare in ulteriore difficoltà prima con il risultato dei ballottaggi e poi con il referendum confermativo sulla riforma della Costituzione.

Come le descriverebbe Raggi e Appendino?

Le due immagini ideali per vincere queste elezioni, studiate meticolosamente da Casaleggio, al quale va ascritto questo capolavoro elettorale. Retoricamente si dirà: “Lo abbiamo fatto per Casaleggio“. In realtà però è il contrario: è Casaleggio che l’ha fatto per loro. E’ il suo ultimo regalo al M5S prima di andarsene: organizare una campagna elettorale perfetta, studiata nei minimi particolari, mettendo le persone giuste al posto giusto e cambiando i candidati sbagliati. Quanto successo a Milano è esemplificativo: Patrizia Bedori – che rappresentava il M5S delle origini – è stata messa da parte e sostituita con Gianluca Corrado perché l’obiettivo nel capoluogo lombardo era di arrivare almeno al 10% dei voti.

In questo contesto che ruolo sta giocando il figlio di Gianroberto, Davide Casaleggio?

Certamente la sua è una funzione fondamentale all’interno del M5S. Non credo comunque che voglia svolgere un ruolo prettamente politico. Deterrà le chiavi del sistema, in particolare di Rousseau – l’ultima creatura del padre – ma credo che le utilizzerà, queste chiavi, solo in pochi casi estremi, nelle situazioni di reale scontro interno. Questi episodi comunque saranno sempre più residuali da qui in avanti: le pulizie interne che si dovevano fare ormai sono state fatte.

E la vicenda che ha riguardato Pizzarotti? Il sindaco di Parma sarà espulso?

Pizzarotti farà la fine di Pippo Civati: tra qualche mese non ne parlerà più nessuno. Magari alle elezioni di Parma del prossimo anno si ricandiderà con una lista civica e continuerà a fare il sindaco.

Quindi – quando sarà finita la campagna elettorale delle amministrative – sarà espulso?

Penso di sì ma in fondo è un dato ininfluente. Che venga espulso formalmente o meno, di fatto è fuori in ogni caso perchè ormai all’interno del M5S non conta quasi più nulla.

Qual è lo stato dei rapporti tra lei e il movimento? Si va verso una riappacificazione?

Ormai descrivo il fenomeno cinquestelle dall’esterno come un semplice osservatore politico. Non ho nessun rapporto con il M5S al quale non sono più iscritto. C’è chi mi dice che avrei dovuto restarmene zitto, ma perchè? Il movimento è una cosa diversa da quello delle origini – che per il momento sembra piacere agli italiani – ma non è più quello al quale io ho personalmente creduto.

Che tipo di critica si sente di muovere oggi al M5S?

Una linea chiara e riconoscibile in politica la devi avere e il movimento non ce l’ha più. Non si può essere contemporaneamente a favore e contro l’euro, non si può dire un giorno “siamo contro la Nato” e poi quello successivo “siamo a favore” e così via. Prima o poi gli italiani capiranno che c’è un’ambiguità di fondo.

Un’ambiguità che definirebbe come?

Il termine che si sarebbe utilizzato una volta è opportunismo politico. Fa comodo che Di Maio si pronunci contro la Nato ma che poi vada a parlare con la Trilaterale. Questo atteggiamento opportunistico a mio avviso alla lunga non paga. E’ necessario avere una visione politica di lungo periodo. Il movimento ce l’aveva nel 2013 ma ora non più. Adesso vive alla giornata con l’idea che prima o poi andrà al governo. E’ possibile che accada ma senza una linea politica non si può governare un Paese.

A suo modo di vedere, dunque, il M5S alla guida del Paese non è più uno scenario da fantascienza?

Può succedere certo ma la loro strategia non mi convince. Loro sono sicuri che al referendum confermativo del prossimo ottobre vincerà Renzi, e – per questo motivo – si stanno impegnando per il No solo apparentemente. Credono, però, di avere buone chance di vittoria  – grazie al ballottaggio previsto dall’Italicum – nelle elezioni anticipate che presumibilmente avranno luogo il prossimo anno.

Sempre che nel frattempo l’Italicum non venga cambiato…

Non credo che Renzi lo cambi. Perché dovrebbe farlo? Una persona che riesce in un risultato mai raggiunto prima nella storia repubblicana – riformare in modo radicale la Costituzione – e che lo fa con il voto popolare favorevole, pensa che possa perdere le elezioni?

Anche Winston Churchill vinse la seconda guerra mondiale ma poi non venne rieletto dagli inglesi. In questo senso si è espresso ad esempio a Formiche.net Peppe Caldarola in un’intervista di qualche giorno fa: “Renzi vincerà il referendum ma rischia di perdere le successive elezioni politiche“. Che ne pensa?

Non sono d’accordo, è un’analisi che non condivido. La riforma della Costituzione  – con il Sì della maggioranza degli italiani – sarebbe così importante da consentirgli di tornare a Palazzo Chigi. Con buona pace del M5S.



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