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Luigi Di Maio è il vero artefice del successo dei 5 Stelle alle comunali. Parla il prof. Paolo Becchi

paolo becchi

“Sì, per loro è stato un ottimo risultato. Prevedibile a Roma, anche nei numeri, un po’ meno a Torino, dove però io sostenevo che la partita fosse assolutamente aperta”. Paolo Becchi, ex ideologo del Movimento 5 Stelle, fa il bilancio di queste elezioni amministrative forte della sua conoscenza del movimento grillino, su cui ha scritto un libro uscito da poco: Cinquestelle & Associati. Il movimento dopo Grillo (Kaos edizioni).

Professore, nel momento in cui, a suo dire, il movimento ha smarrito identità e principi originari, i grillini ottengono le vittorie più eclatanti.

Capisco che l’opinione pubblica sia colpita dalle conquiste di Torino e Roma, ma in termini numerici la vittoria del 2013, con 9 milioni di voti, è stata di gran lunga maggiore. Ora i Cinque Stelle hanno vinto delle elezioni intermedie, senza nemmeno aver pescato nell’astensione. Quello delle amministrative è un risultato positivo, ma locale, dovuto da una parte alla delusione nel Paese nei confronti di Renzi e, dall’altra, dalla volontà di offrire da parte degli italiani una possibilità ai grillini. Come a dire: mettiamoli alla prova, diamo loro una chance…

Quindi lei li vede sempre in crisi?

Quella non è la parola giusta. Vedo un movimento senza una visione politica, orfana di un programma chiaro, che si sta trasformando da partito di lotta a partito di governo mettendo insieme tutto: dai convegni della Trilateral alle manifestazioni di piazza.

Veniamo a Roma e Torino. Cosa pensa di Virginia Raggi?

Qui il movimento si gioca tutto: se saprà governare Roma allora potrà governare il Paese. Sarà una cartina di tornasole. Per la Raggi, però, la vedo dura: dovrà riuscire a governare il debito, a rivedere il patto di stabilità con il governo, a non farsi imbrigliare dai mille interessi attivi nella Capitale. Lei mi sembra piuttosto debole, poco preparata: infatti, al contrario della Appendino, le hanno fatto firmare una sorta di contratto dove lei s’impegna a rispondere sempre al movimento. Sarà eterodiretta (formula che ho inventato io nel mio libro), ma da chi? Casaleggio non c’è più, il figlio non è in grado, Grillo resterà defilato limitandosi a incursioni estemporanee. L’unico è Di Maio. Ecco, il successo di queste amministrative è soprattutto merito suo: ha vinto la transizione moderata del movimento che trova in Raggi e Appendino due perfette incarnazioni.

Torino è la vera sorpresa…

Sì perché, al contrario della Capitale, è una grande città del Nord che viene da un’amministrazione più che dignitosa. Per lei il compito sarà più facile, si troverà davanti un terreno già arato. Appendino e Raggi, però, hanno vinto anche grazie ai voti del centrodestra. Favore che i 5 Stelle non hanno restituito a Milano, dove un successo di Parisi sarebbe stato il colpo definitivo per Renzi. E invece l’hanno salvato.

Perché?

Non so se c’è una regia, noto però che Renzi ancora non modifica l’Italicum, una legge che favorisce in tutto i Cinque Stelle, pericolosissima per il Pd. Probabilmente sarà Napolitano, alla fine, a far pressione sul premier per cambiare la legge elettorale. Costringendo così i grillini a venire allo scoperto e a difendere l’attuale norma: per Renzi due piccioni con una fava.



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