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Tutte le isterie del Pd a Roma fra Giachetti, Madia e Orfini

Marianna Madia attacca, Lorenzo Guerini risponde. In mezzo al fuoco incrociato che si registra in queste ore all’interno del partito di Renzi c’è Matteo Orfini, il presidente del Pd e commissario romano sul quale in molti in queste ore stanno riversando le responsabilità della cocente sconfitta subita da Roberto Giachetti contro Virginia Raggi. Secondo fonti della sinistra Pd Orfini si starebbe convincendo a dare le sue dimissioni anticipatamente rispetto al congresso del partito di Roma in programma il prossimo ottobre: c’è chi dice che possa addirittura fare un passo indietro domani in occasione della Direzione nazionale ma non ci sono ancora conferme. Intanto Giachetti – intervistato dal Messaggero – torna sul voto di domenica scorsa e dice: “Il Pd ha toccato il fondo, smarcarmi non è servito“.

MADIA A TESTA BASSA

Sul ruolo del commissario romano si sta comunque consumando una resa dei conti tra le diverse anime del partito. A far deflagrare lo scontro – già evidente negli ultimi giorni sui social network – è il ministro della Pubblica Amministrazione Madia che – intervistata da Giovanna Vitale su Repubblica – non ha usato mezzi termini: “Se il tappo è Orfini, allora si dimetta da commissario. Non ci possiamo più permettere ostacoli al cambiamento“. Parole dure che un bel pezzo del partito – non solo romano – ha già detto di condividere. Un esempio in questo senso sono le parole della bersaniana di ferro Roberta Agostini: “Mi sembra normale che Orfini faccia un passo indietro. Sarebbe un gesto di umiltà, utile ad aprire una discussione vera“.  Sulla stessa lunghezza d’onda anche un altro rappresentente della sinistra dem Davide Zoggia: “La richiesta di dimissioni del commissario mi sembra che corrisponda a un sentimento molto diffuso nel partito romano. Decida Renzi, comunque, perché noi non vogliamo che questo tema distragga dalle montagne assai impervie che dovremo scalare“.

LE CRITICHE DEI DIRIGENTI ROMANI

Un attacco in piena regola – quello di Madia – che si aggiunge alle critiche piovute negli ultimi giorni su Orfini da parte di molti dirigenti romani. Ci sono le parole del deputato Marco Miccoli, segretario del Pd cittadino ai tempi della vittoria di Ignazio Marino, tradizionalmente vicino al governatore della Regione Lazio Nicola Zingaretti che alla gestione Orfini, per la verità, riserva critiche da molti mesi a questa parte. Un giudizio netto, il suo, ribadito anche in questi giorni: “E’  responsabile di questa disfatta, dovrebbe lasciare senza che glielo si chieda“. E ancora il botta e risposta a colpi di post su Facebook tra Orfini e un altro deputato molto influente a Roma, Umberto Marroni, capo dell’opposizione in Campidoglio quando sindaco era Gianni Alemanno e adesso vicino al ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. Nessuna critica espressa, invece, da parte di Roberto Morassut – deputato, sfidante di Giachetti alle primarie ed ex braccio destro nelle giunte di Walter Veltroni – il cui giudizio su questi lunghi mesi di commissariamento di Orfini non è comunque così positivo, come emerge da questa intervista rilasciata nei giorni scorsi a Formiche.net. Significativo anche il commento di Marco Palumbo, uno dei sei eletti del Pd nella nuova Assemblea Capitolina grazie anche al sostegno decisivo di Zingaretti. “Il lungo commissariamento del Pd a Roma certamente ha pesato sul giudizio dei cittadini“, ha commentato oggi prima rendere comunque a Orfini l’onore delle armi: “Bisogna dire che abbiamo chiuso circoli e ripulito le liste“.

LA DIFESA DI GUERINI

Passano poche ore dall’intervista di Madia ed ecco che arriva la risposta – tutt’altro che conciliante – dell’uomo ombra del presidente del Consiglio, il vicesegretario Guerini: “Consiglierei a tutti più sobrietà nelle dichiarazioni. Orfini si è assunto la responsabilità di commissario di Roma dopo Mafia Capitale e lo ha fatto con grande impegno e determinazione, di cui va solo ringraziato“. “E’ oltremodo sbagliato continuare a porre la questione in questo modo“, ha continuato Guerini che ha aggiunto: “Bisogna finirla con questo dibattito, un po’ surreale, sul post elezioni di Roma: lavoriamo per ripartire e più che discutere tra di noi e su noi stessi, riprendiamo a confrontarci con i cittadini romani“.

MATTEO & MATTEO

Un presa di posizione il cui significato principale è difficile da travisare: il segnale abbastanza chiaro rivolto ai naviganti è che Renzi non molla Orfini ma che anzi lo difende nel suo impegno di questo anno e mezzo come commissario di Roma. L’alleanza tra i due Matteo – rispettivamente segretario e presidente del Pd – sembra dunque destinata a durare ancora: in fondo Orfini per Renzi rappresenta pur sempre l’ex dalemiano che ha scelto di appoggiare la sua leadership nel partito e al  governo, il simbolo che tra ex Ds e renziani la collaborazione è possibile. Difenderlo vuol dire inoltre salvare la squadra – tutta fatta da renziani doc – che in questi mesi si è impegnata nella campagna elettorale a favore di Giachetti della quale lo stesso Orfini è stato un perno fondamentale.

I SASSOLINI DI GIACHETTI

Giornata calda anche per le parole che lo sconfitto, Roberto Giachetti, ha affidato al Messaggero: “Abbiamo toccato il fondo, questo partito deve diventare di nuovo un luogo di attrazione per chi vuole fare politica“. Analisi impietosa – quella del vicepresidente della Camera – che non si autoassolve (“non ho alibi“) ma che non vuole neppure passare come la causa della sconfitta: “In passato non sono stato nè nell’amministrazione nè a governare il Pd“. Piena sintonia personale con Orfini del quale dice: “E’ stato di una lealtà assoluta“. Ora però – dice chiaramente Giachetti – bisogna partire con una fase nuova: “Dobbiamo pensare al futuro, superare il commissariamento e rilanciare la politica“.

PERCHE’ L’ATTACCO DI MADIA?

Rimane da chiedersi perchè Madia abbia attaccato così frontalmente Orfini. Unica romana al governo, Madia non ha mai rinunciato in passato ad esprimere posizioni dure e autonome su Roma, dove viene spesso e volentieri data in predicato di assumere ruoli di peso. Ormai celebre la frase pronunciata nel giugno 2013, prima che esplodesse lo scandalo Mafia Capitale: “A livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie parlamentari ho visto – non ho paura a dirlo – delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio“. Non è un mistero, inoltre, che Madia sia o sia stata vicina ad esponenti politici che a Roma e non solo hanno un peso almeno simbolico. Ha fatto parte della segreteria allestita da Renzi prima di arrivare a Palazzo Chigi al posto di Enrico Letta. Renziana non di primissima generazione la definiscono le cronache politiche, nelle quali si ricorda il buon rapporto con Massimo D’Alema e il suo ingresso nel comitato di redazione della rivista Italianieuropei. A candidarla per la prima volta in Parlamento fu Veltroni nel 2008 quando Madia aveva 28 anni. Nel corso della sua carriera ha collaborato anche con Letta, sia all’Arel di Nino Andreatta, sia a Palazzo Chigi nella sua segreteria tecnica quando l’ex presidente del Consiglio svolgeva le funzioni di sottogretario di Romano Prodi.

E ORFINI CHE FA?

Nessuna risposta – almeno per ora – da parte di Orfini, che qualche giorno fa ha affidato le sue riflessioni post-voto a un lungo post su Facebook le ragioni della sconfitta di Giachetti e, soprattutto, della crisi romana del Pd a partire dalla mancata vittoria di Francesco Rutelli nel 2008. Poi più niente ma c’è chi scommette che la reazione più netta alle critiche arriverà domani con le dimissioni da commissario. Non è detto che accada ma Orfini ci starebbe pensando. Di sicuro si dichiarerà pronto ad anticipare il congresso romano – al momento in programma ad ottobre – sulla falsariga di quanto sta accadendo a Torino dove il segretario cittadino Fabrizio Morri non si ripresenterà e dove il congresso provinciale si svolgerà subito dopo l’estate anzichè agli inizi del 2017 come inizialmente previsto. L’enigma in questo caso riguarda le regole statuarie del Pd che renderebbero molto complicato anticipare il congresso romano come sottolineano in molti in queste ore.

CHE FARE?

A prescindere dalle scelte di breve termine di Orfini, nel Pd romano si sta comunque ragionando sul futuro, sulle personalità cui affidare la ricostruzione. Il nome di cui si discute di più in queste ore è quello dell’ex ministro Fabrizio Barca che del partito romano si è già occupato in occasione del contestato rapporto sullo stato di salute dei circoli commissionatogli proprio da Orfini. L’altro è quello di una donna considerata da molti la persona giusta da spendere per fare opposizione a Virginia Raggi. Si tratta della consigliera capitolina uscente Michela Di Biase, la più votata al primo turno tra i candidati Pd in Assemblea Capitolina e moglie del ministro della Cultura Dario Franceschini.

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