Dopo il voto amministrativo, non brillante per il Pd, è ripartito l’assalto all’Italicum, per cambiare la legge elettorale che tanto piace a Matteo Renzi.
GLI UMORI GRILLINI
La minoranza Pd, i centristi, Forza Italia, la Lega, Sinistra italiana: quasi tutte le forze politiche chiedono delle correzioni, in primis Area Popolare: o si cambia la legge elettorale oppure noi centristi potremmo non allearci più col Pd alle prossimi politiche, si sbuffa ai vertici del partito capitanato da Angelino Alfano. Chi invece vorrebbe mantenere lo status quo è il vertice democratico e il Movimento Cinque Stelle, che martedì è uscito per la prima volta allo scoperto. “Cambiare l’Italicum solo perché ci favorisce sarà il più grande boomerang della storia. Io non voglio passare i prossimi mesi a parlare di una legge elettorale di cui ai cittadini non frega nulla”, ha ammesso Luigi Di Maio. I grillini, infatti, hanno tutto da guadagnare da una legge che darebbe loro la reale possibilità di vincere le elezioni.
L’INIZIATIVA DI SINISTRA ITALIANA
Sulle modifiche alla legge elettorale, il clima pare proprio che stia cambiando anche al vertice del Pd. Ieri la proposta di inserire la mozione di Sinistra Italia sui «profili di incostituzionalità» dell’Italicum nel «programma dei lavori d’aula di settembre» è scivolata via alla conferenza dei capigruppo dove il governo e il Pd erano rappresentati dal ministro per le Riforme Maria Elena Boschi e dal capogruppo Ettore Rosato.
LA REAZIONE DEI RENZIANI
La proposta di Arturo Scotto (Sinistra Italiana) è un atto unilaterale e ora impegna la Camera a riformare la legge elettorale in vista dell’udienza del 4 ottobre in cui la Consulta esaminerà il ricorso sull’Italicum veicolato dal Tribunale di Messina. «Il Parlamento — argomenta Scotto — resta a guardare? O corre ai ripari per tempo?». Quando il caso è montato, il Pd ha risposto in modo non pregiudiziale. Il premier Renzi non è sembrato preoccupato: «La mozione? Ce ne sono tante. Se ne discuterà…». Il ministro Boschi ha scritto che la «Camera non ha calendarizzato la mozione» ma ha poi dovuto aggiungere che i capigruppo hanno indicato «i provvedimenti per il programma dei lavori di settembre». A caldo, Rosato ha detto che «è possibile cambiare una legge, compresa quella elettorale, sempre».
COSA BOLLE IN PARLAMENTO
Tanti i suggerimenti e le proposte, dunque, ma in realtà in Parlamento giace un solo disegno di legge di modifica della legge elettorale, presentato circa un anno fa da Pino Pisicchio (nella foto), capo del gruppo Misto a Montecitorio. Ora, dopo un anno di oblio, Pisicchio ha chiesto con forza alla presidente Laura Boldrini di calendarizzare il suo testo. “Io non voglio stravolgere la legge, ma apportare alcune correzioni per renderla più equilibrata. Il testo resta fedele alle linee guida del provvedimento del governo, con qualche cambiamento che farebbe contente molte forze politiche”, racconta il deputato.
LE MIRE DELLA PROPOSTA PISICCHIO
Due le modifiche sostanziali previste nel testo preparato da Pisicchio. La prima riguarda il premio di maggioranza: l’attuale legge lo concede al partito che supera il 40 per cento o quello che vince il ballottaggio (tra due partiti al di sotto del 40). La legge Pisicchio non vieta alle liste di coalizzarsi nell’eventuale secondo turno. Poniamo che vadano al ballottaggio Pd e 5 Stelle: nulla vieterebbe ai dem di stringere alleanze con altre forze politiche per vincere.
IL NODO DELLA RAPPRESENTANZA
Il secondo punto riguarda la rappresentanza. Il partito vincente ottiene 340 deputati su 630 a prescindere da quanti elettori vanno alle urne. La proposta Pisicchio concede il premio di maggioranza al partito o alla coalizione vincente solo se l’affluenza al secondo turno supera il 50 per cento. Questo per evitare il rischio che un’esigua porzione di popolazione decida i governanti del Paese. “Come vedete non si tratta di uno stravolgimento, ma solo di qualche correzione per rendere il tutto più equilibrato. L’Italicum è stato concepito in uno scenario ancora bipolare, mentre ora siamo nel tripolarismo puro”, osserva Pisicchio. Naturalmente chi ne fa le spese è il Pd a vocazione maggioritaria e il partito di Grillo. “Non c’è l’intento di sfavorire nessuno, ma solo di rendere più equilibrato un sistema di voto da cui dipendono le sorti della nostra democrazia”, continua il deputato pugliese.
MEDIAZIONE IN FIERI
Probabilmente ora che il tema si fa caldo in Parlamento arriveranno altre proposte. Ma, secondo le voci che arrivano da maggioranza e opposizione, quella di Pisicchio potrebbe essere un buon punto di partenza per arrivare a una modifica dell’Italicum partorita dalla maggioranza, che però accolga anche il favore di Forza Italia e Lega. Tutto questo, naturalmente, Renzi permettendo. Perché il premier della legge elettorale fa un punto d’onore, ritenendola immodificabile. E finora il premier non ha manifestato alcuna intenzione, né mandato segnali, su una possibile apertura da parte del Pd a cambiare l’Italicum. Che, tra l’altro, vedrà il giudizio di costituzionalità da parte della Consulta il 4 ottobre prossimo. “Con le amministrative il vento è cambiato e ormai quasi tutti i partiti spingono per cambiare l’Italicum. Anche il capo del governo dovrebbe prenderne atto e agire di conseguenza”, conclude Pisicchio. E, aggiungiamo noi, potrebbe essere un modo per farsi qualche amico in più e qualche nemico in meno.