Ha citato il fondatore della Comunità Europea Jean Monnet, il padre del popolarismo Don Luigi Sturzo e Papa Francesco. Ha parlato di politica interna ma senza mai menzionare nè Matteo Renzi, nè Maria Elena Boschi, a cui ha comunque riservato qualche frecciatina. Ha rassicurato sul filoeuropeismo del movimento di cui è leader e candidato in pectore alla presidenza del Consiglio, pur ribadendo la sua forte critica nei confronti di Bruxelles.
L’INCONTRO E IL DIBATTITO
E’ stato un discorso a tutto campo quello che Luigi Di Maio ha pronunciato ieri durante il dibattito organizzato dalla rivista di geopolitica Limes, al quale ha partecipato anche il direttore di Civiltà Cattolica e strettissimo consigliere del Pontefice Padre Antonio Spadaro.
“Non c’è nessun placet vaticano a questo incontro“, ha messo subito in guardia Padre Spadaro, che ha risposto ai rumors delle ultime ore e citato le iniziative con altri esponenti politici e delle Istituzioni organizzati in questi mesi da Civiltà Cattolica. “Forse una volta c’era bisogno di un placet, ma non è più così. Credo che nessuno rimpianga quei tempi“, ha rincarato.
Dibattito organizzato per presentare l’ultimo numero di Limes su Europa e Brexit (tra i relatori c’era anche il direttore della rivista Lucio Caracciolo), caratterizzato, però, soprattutto dalla partecipazione di Di Maio: a confronto con un gesuita “di peso” come padre Spadaro ed ospite di uno dei più importanti Ordini Religiosi – i Domenicani – nella cui sede romana di piazza della Minerva si è svolta l’iniziativa. Un aspetto particolarmente significativo, la cui rilevanza è stata sottolineata dal moderatore, il vaticanista Pietro Schiavazzi, che in poche parole ha riassunto l’importanza dell’appuntamento per il leader cinquestelle: “Domenicani e gesuiti sono due cavalli di razza dell’ intellighenzia cattolica. Difficile salire sulla loro biga: ma chi aspira a governare il Paese deve almeno provarci“.
IL PENSIERO A ROUEN
E Di Maio ci ha provato, con un discorso che ha toccato molte delle più importanti questioni di politica interna e internazionale. Le prime parole le ha dedicate a Jacques Hamel, il sacerdote barbaramente ucciso nella sua chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. “Alla comunità cristiana, alla Francia e alla parrocchia di Padre Jacques va tutta la vicinanza del movimento“, ha subito dichiarato il vicepresidente della Camera.
IL FINE DI DI MAIO
Che il dibattito rappresentasse l’occasione di spiegare l’universo cinquestelle ad un platea particolare e qualificata, lo ha riconosciuto lo stesso Di Maio quando ha detto di voler fare chiarezza “tra la percezione e la realtà” dei pentastellati. Un movimento politico – ha ricordato – che oggi è “la prima forza d’opposizione e, secondo qualche sondaggio, la prima del Paese“.
GLI ESEMPI RAGGI E APPENDINO
Il vicepresidente della Camera ha così provato a spiegare quale sia la sua ricetta politica e organizzativa: “Quando si ambisce a governare un Paese, bisogna aprirsi alle migliori energie, ai migliori entusiasmi e alle migliori competenze“. La via da seguire – osserva Di Maio – è a metà strada tra governi completamente tecnici e governi completamente politici: “Ci vogliono competenze che siano però al servizio di una visione politica chiara“. Da questo punto di vista il modello che cita sono le giunte di Virginia Raggi e Chiara Appendino, formate “da assessori competenti che in maggioranza, però, non sono iscritti al movimento“.
LA ROTTAMAZIONE E RENZI
Convinzioni che appaiono molto distanti da Renzi, soprattutto dal Renzi delle origini. Il presidente del Consiglio è stato il grande fautore della rottamazione, che Di Maio non ha citato ma da cui ha preso nettamente le distanze: “Non è una questione generazionale. In una fase come questa le generazioni devono essere alleate. L’unica scriminante è l’aver contribuito oppure no alla creazione dei problemi. Chi non ne è stato complice, può e deve partecipare“.
L’EUROPA A 5 STELLE
Ma il tema del dibattito è l’Europa di cui Di Maio ha parlato a lungo. “Non sono mai stato favorevole all’uscita dall’Europa ma sono fortemente critico“, ha detto il vicepresidente della Camera, confermando quanto affermato in un post comparso sul blog di Beppe Grillo prima del referendum britannico. “In tutti questi anni” ha aggiunto “l’Europa è stata divisa su ciò che potrebbe essere utile ai cittadini e alle imprese e unita, invece, su provvedimenti dannosi“. Ad esempio, il vicepresidente della Camera cita la normativa sul “made in” che servirebbe a tutelare i prodotti italiani e, dall’altra parte, le politiche sull’agricoltura che continuano, invece, ad essere fortemente contestate dai coltivatori.
QUESTIONE BREXIT
“Non c’è più una visione“, ha sottolineato ancora. “Le scelte” ha attaccato “vengono fatte sulla base di fogli excel“, spesso contraddistinti “da calcoli sbagliati“. Ciò che è più mancato in tutti questi decenni all’Europa, secondo Di Maio, è “la consultazione dei cittadini sulle questioni più impattanti“, con la conseguenza che oggi le popolazioni chiedono con forza di essere interpellate ma per uscire dall’Unione. Brexit ne è ovviamente il simbolo. “Bisogna imparare la lezione che viene dalla Gran Bretagna“, ha commentato.
DOSSIER EURO
Critiche che Di Maio ha confermato anche quando ha parlato dell’Euro sul quale, però, ha evitato di assumere posizioni definitive: “Inseguendo i parametri della moneta unica, non abbiamo coltivato i principi e i valori“. Quindi ha indicato alcune delle priorità della politica estera pentastellata, tra cui la necessità di superare il regolamento Dublino 3 in materia di gestione dei flussi migratori, lo stop ai rapporti commerciali con i Paesi che sostengono o finanziano il terrorismo internazionale e la critica all’accordo Europa – Turchia con il quale l’Unione “pagando ha devoluto” la questione migranti “a un Stato che viola i diritti umani“.
LE PERIFERIE E PAPA FRANCESCO
Il finale è dedicato al tema delle periferie, tanto caro a Papa Francesco: “I partiti si sono ricordati delle periferie dall’analisi dei flussi elettorali delle ultime amministrative“. “Privilegiare le periferie”, ha concluso Di Maio “vuol dire ascoltare e non sentire. Vuol dire non avere la presunzione di sapere tutto“. Un aspetto, quest’ultimo, sul quale si è concentrato anche Padre Spadaro, che ha ricordato le radici europee del Santo Padre (“cita a memoria un poeta piemontese come Mino Costa” ed è appassionato di “Friedrich Hölderlin“) e sottolineato come il suo obiettivo sia “conoscere l’Europa partendo dalle periferie. Vuole testarle perché questo è il modo per capire se l’anima c’è“.