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Mps, tre fatti e una mezza bugia sul Monte dei Paschi di Siena

Tutto bene quello che finisce bene, dunque, per Mps? Così pare dopo l’ok della Bce al piano per la vendita delle sofferenze bancarie e per la ricapitalizzazione dell’istituto senese. È stata quindi scongiurata l’ipotesi – che faceva tremare non pochi risparmiatori con bond subordinati in portafoglio – del bail in, che non si è riusciti ad evitare nel caso di Banca Etruria, Banca Marche, Cari Ferrara e Cari Chieti.

Tutto bene, dunque. Infatti il governo elogia la “soluzione di mercato” trovata per Mps. Come dire: lo Stato non è intervenuto, non è stata necessaria la mano pubblica. Solo i privati risolveranno i nodi della banca guidata dall’amministratore delegato Fabrizio Viola.

Ma è davvero così? Vediamo.

Il progetto di rilancio del Monte dei Paschi di Siena studiato dagli advisor Jp Morgan, Mediobanca e Lazard prevede una cartolarizzazione del portafoglio di sofferenze in titoli Abs, che saranno deconsolidati dal bilancio del Monte. I crediti saranno ceduti a un Special purpose vehicle che si finanzierà mediante l’emissione di note senior, che godranno in larga parte della garanzia statale Gacs, approvata dalla commissione europea dopo tanto penare da parte dell’Italia. C’è una garanzia statale, quindi.

Non solo. La tranche mezzanina (pari a 1,6 miliardi di euro) verrà acquisita dal Fondo Atlante 2. E da chi sarà costituito il fondo Atlante 2? Più o meno dagli stessi soci che hanno dato vita al primo Fondo Atlante, formato ad hoc per salvare gli aumenti di capitale della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.

Ma sui soci del Fondo Atlante 2 c’è ancora incertezza. Unicredit (per bocca del nuovo ad Jean-Pierre Mustier come da intervista al Corriere della Sera) ha detto in sostanza no grazie, abbiamo già dato. E infatti, come Intesa Sanpaolo, dovrebbe immettere i restanti 300 milioni garantiti al momento del varo di Atlante 1. Pure le Casse previdenziali, che avevano dato un via libera di massima in attesa di risposte del governo per richieste inviate al Tesoro, hanno più di un dubbio, per non dire che molte sono proprio contrarie. Chi di sicuro, oltre a Generali e con tutta probabilità Unipol, ci sarà è la Cassa depositi e prestiti, controllata all’80 per cento dal ministero dell’Economia e sempre più ai limiti del perimetro statutario dopo le ultime operazioni (non solo Atlante ma anche la partecipazione al fondo di risoluzione bancario e l’intervento per l’Ilva), ha rimarcato criticamente la Corte dei Conti sull’attività della Cdp presieduta da Claudio Costamagna e capitanata dall’ad Fabio Gallia.

Dunque, sarà pure una operazione di mercato quella per Mps, come si sottolinea trionfalisticamente dall’esecutivo. Purché si ricordi che nel mercato opera – eccome se opera – la mano pubblica (Gacs), una geniale operazione di sistema orchestrata anche da Palazzo Chigi (il Fondo Atlante), alcune Casse previdenziali (enti di natura pubblica tanto che devono sottostare agli obblighi delle pubbliche amministrazioni sugli appalti per esempio) spinte dal governo, e la Cassa depositi e prestiti, che è controllata dal Tesoro.

Beninteso, non ci si straccia le vesti per l’operazione privata-pubblica. Anzi. Ma sarebbe opportuno ricordare i fatti invece di diffondere mezze bugie.

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