Dopo l’incontro tenutosi a marzo, a Sharm El-Sheikh, in Egitto, i Paesi membri della Lega araba si sono dati appuntamento a Nouakchott, in Mauritania. È la prima volta che il Paese ospita l’incontro da quando, nel 1973, si è unito all’organizzazione. Tra i presenti figurano i capi di Stato di Qatar, Kuwait Yemen, Comore e Gibuti e i primi ministri di Libano e Siria. Grandi assenti, il presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi e il re di casa Saud Salman.
Presieduta dal presidente della Mauritania Mohamed Ould Abdel Aziz, la conferenza, che si è aperta domenica ed è terminata ieri, si è focalizzata sopratutto sugli scenari di crisi in Siria, Iraq, Yemen e Libia (qui l’articolo di Formiche.net). In particolare, in sede di negoziato era previsto di approdare a una soluzione condivisa circa la possibilità di stabilire una forza di difesa comune. Idea nata in seno al summit del 2015, ma naufragata per la mancata comunanza di intenti tra le parti.
Unanimi nel condannare il terrorismo, durante i lavori preparatori, aspre divisioni sono emerse rispetto alle tensioni tra Iran e Arabia Saudita e all’incursione della Turchia nel Kurdistan iracheno: l’Iraq si è rifiutato di condannare l’Iran, mentre l’Arabia Saudita di assumere una posizione decisa contro la Turchia.
L’ASSENZA DI AL-SISI. PARLA SHERIF ISMAIL
Ad aprire il summit è stato il primo ministro egiziano Sherif Ismail che, parlando per conto del generale Al-Sisi, ha invocato “una strategia araba per la lotta al terrorismo”, riporta il quotidiano egiziano Al-Ahram. “Dobbiamo riformulare il linguaggio religioso che il terrorismo ha sfruttato per i suoi scopi per seminare terrore, morte e distruzione […] I terroristi hanno snaturato il messaggio di pace dell’Islam”, ha proseguito il primo ministro. “Sherif Ismail […] ha anche accusato l’intervento straniero nella regione per la nascita di gruppi quali lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isil, anche conosciuto come Isis) e la radicalizzazione della popolazione più giovane”, scrive Al-Jazeera. “L’intervento straniero negli affari arabi è una della cause principali delle odierne crisi, dunque noi dovremmo cooperare per cementare un fronte interno che sia in grado di opporsi a simili interventi”, ha affermato Ismail.
In rappresentanza dell’Egitto, oltre a Sherif Ismail, è intervenuto anche Sameh Shoukry, ministero degli Affari esteri. Ricordato l’impegno egiziano per garantire alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese una pozione privilegiata nell’agenda internazionale, “Shoukry ha suggerito che tutti gli Stati membri della Lega dovrebbero collaborare per arginare ogni conflitto regionale”, scrive Daily News Egypt.
Secondo il quotidiano egiziano al Masri el Youm, il presidente Sisi potrebbe aver annullato la visita in Mauritania per ragioni di sicurezza. Alcune voci, non ancora ufficialmente confermate, parlano, infatti, di un piano messo in atto per uccidere il generale nel corso della permanenza a Nouakchott.
LA CRISI IN SIRIA
A fare le veci di re Salman è stato Adel al-Jubeir, ministro degli Affari esteri della casata saudita, il quale non è ricorso a mezzi termini per condannare lo stato delle cose in Siria. “Centinaia di persone sono state uccise e milioni sono sfollate, in aggiunta alla distruzione delle infrastrutture del Paese, motivo per cui è impossibile per Bashar al-Assad trovare una propria collocazione nel futuro della Siria, soprattutto dal momento che le sue mani sono sporche del sangue della sua gente”, riporta Al-Jazeera.
E QUELLA IN YEMEN
Anche la crisi che funesta lo Yemen, e che vede contrapposti i ribelli Houti, con ogni probabilità supportati dal’Iran sciita, al governo yemenita, affiancato dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, costituisce una questione critica per il precario equilibrio mediorientale. Ancora una volta, infatti, si tratta di un conflitto nel quale si proiettano e intrecciano i rapporti di forza che animano l’intera regione.
Abd Rabbo Mansur Hadi, che con l’acuirsi della crisi si è rifugiato in Arabia Saudita, ha definito il proseguire dei bombardamenti aerei “un briciolo di speranza”. “L’unica soluzione per la crisi è che gli Houti si attengano a rispettare […] la risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza, secondo cui gli Houti devono ritirarsi dalle aree di cui si sono impadroniti e lasciare a terra le armi”, riporta Al-Jazeera.
Secondo le Nazioni Unite, il conflitto in Yemen, scoppiato a marzo dell’anno scorso, avrebbe causato la morte di 9mila persona, la maggior parte delle quali civili, e costretto 2.8 milioni di persone ad abbandonare le proprie case.
IL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE
I leader arabi presenti al summit hanno anche discusso della questione israelo-palestinese. Per la precisione, hanno invocato il supporto della Francia, affinché rilanci le trattative tra le parti. “Porre fine all’occupazione israeliana e stabilire uno stato palestinese indipendente, con capitale la zona Est di Gerusalemme, rimarrà sempre il focus principale del mondo arabo”, ha affermato Ahmed Aboul-Gheit, segretario generale della Lega araba.
LA MANCATA PARTECIPAZIONE DEL MAROCCO
Oltre al generale Sisi e re Salmam, altra grande assente è stata l’intera delegazione marocchina. La mancata partecipazione della monarchia magrebina era nell’aria, dopo che il Paese era venuto meno all’impegno di ospitare il summit a febbraio scorso, nonostante la Lega araba preveda che l’incontro annuale si tenga in ciascuno Stato membro, seguendo il semplice ordine alfabetico. Nel 2015 è stata la volta dell’Egitto e, l’anno successivo, sarebbe toccato, appunto, al Marocco.
Il ministro degli Affari esteri marocchino ha rilasciato una dichiarazione per fare luce sulla questione: “Data l’assenza di decisioni e iniziative concrete, questo summit sarà semplicemente un’occasione per riunirsi e fare discorsi sulla finta cooperazione tra gli Stati arabi”.
UN’OPPORTUNITA’ PER LA MAURITANIA
Sebbene la Mauritania manchi di alberghi a cinque stelle e infrastrutture appropriate per un evento simile, molti analisti hanno constatato che ospitare il summit è una grande opportunità per il Paese”, riporta Al Arabiya. Anche l’opposizione è della stessa opinione: “Ospitare il summit di Nouakchott restituirà gloria alla Mauritania e, si spera, che questo contribuirà anche a sanare alcune ferite”, ha dichiarato l’attivista politico Ahmad Ould Allal.
É un buon momento perché la Mauritania torni a inserirsi nella mappa della politica araba. La Mauritania è stata inattiva per molto tempo nella Lega araba. Permettere al Paese di ospitare l’evento ha dato un nuovo impulso allo spirito della Lega”, ha detto il giornalista anglo-libanese Youssef Khamez ad Al-Arabiya. “La Mauritania è uno dei Paesi più poveri e più piccoli tra gli Stati arabi, ma ospitare l’incontro potrebbe dare allo Stato una spinta, economicamente e politicamente”, ha proseguito il giornalista.
Sebbene molto spesso la Mauritania sia accusata di essere avulsa dalle questioni arabe, anche per via della distanza geografica, Khazem risponde che, in realtà, “la distanza tra la Mauritania e il resto del mondo arabo è dovuta più alla poca attenzione riservata dai media al Paese che non alla mancanza di interesse o impegno da parte dello stesso”.