Aria pesante ieri sera alla direzione del Pd torinese. Il caldo non c’entra. E neanche la location, un seminterrato nel quartier generale del Pd sabaudo di gran lunga più adatto ad una sartoria cinese clandestina, in cui, a tratti, arrivavano zaffate di gas che non sembravano turbare minimamente gli astanti, più intenti a voltarsi verso Piero Fassino quando dall’oratore di turno arrivavano bordate o a parlare di partito, gazebo e periferie, là dove è finita la luna di miele tra i torinesi e il Pd.
LA SEDUTA DI AUTOCOSCIENZA
A poche settimane dalla sberla a 5 stelle al ballottaggio del 19 giugno, a Torino va in scena un lungo flusso di autocoscienza. Si aprono i giochi per il nuovo Pd, al tempo della presa di Palazzo Civico da parte dei Cinquestelle. Quattro ore fitte fitte di interventi, sigarette fumate in cortile nervosamente dai dirigenti intenti a parlare con cronisti e compagni di partito, per poi approdare intorno alle 22 ad un “arrivederci” al prossimo psicodramma.
CHE COSA HA DETTO MORRI
Guai a parlare di resa dei conti, è tutto un “voltare pagina”, un “ripartire”. Per farlo però non si è d’accordo su un’unica linea. Il segretario torinese del partito, Fabrizio Morri, propone un congresso straordinario entro la prima settimana di ottobre, aprendolo ai non tesserati. “Se non apriamo una pagina nuova – ha detto – mettiamo a rischio la tenuta del Pd. La parola d’ordine deve essere cambiamento. Se non si fa un congresso straordinario quando succedono eventi del genere non vedo quando si debba fare”. Morri non intende ricandidarsi: “Il voto contiene una richiesta di innovazione ecco perché faccio un passo indietro”. Ma attenzione: “Non intendo sparire dalla politica”.
LE CRITICHE DELLA MINORANZA AL VERTICE
Alla minoranza del partito non basta. C’è un documento che chiede esplicitamente la convocazione di una assemblea nella quale si presenti dimissionaria tutta la segretaria. Sarà messo ai voti nella prossima riunione: “Nessuna ricerca di capri espiatori interni. Il Pd deve voltare pagina, lanciando un messaggio di umiltà e cambiamento – ha precisato il deputato Andrea Giorgis – Per farlo bisogna assumersi la responsabilità di una sconfitta che ha riguardato tutte le città della provincia di Torino. Al Pd teniamo molto. Questa proposta origina dall’intenzione di provare a rimettere il partito in sintonia con i cittadini e con gli elettori”.
GLI SBUFFI DI ESPOSITO SU FASSINO
E intanto in cortile divampa il “pissi pissi”. Chi si inalbera per non aver saputo prima del documento, chi si interroga: meglio assemblea o meglio congresso? Nessuna delle due per il senatore Stefano Esposito. “No a congressi ombelicali. L’assemblea non serve perché la linea politica si cambia al congresso. Eviterei di perdere tempo, mentre dovremmo concentrarci sulla campagna referendaria – ha detto Esposito – I destini personali in una barca che prende botte da tutte le parti sono irrilevanti”. E giù a picchiare duro sull’ex sindaco. Il ‘Sistema Torino’ c’è e Fassino ha perso per questo: è la tesi di Esposito. “E’ un sistema asfittico che ha fatto cortocircuitare il partito”, ha attaccato ancora.
PROFUMO DI POLEMICHE SULLA COMPAGNIA SANPAOLO
Il vedere sempre le stesse facce nei posti chiave “ha generato astio, non nelle periferie, ma in quello che una volta si chiamava il ceto borghese pensante “, ha aggiunto Esposito, che rivolgendosi a Fassino ha detto: “Io non avrei nominato né Francesco Profumo alla Compagnia di San Paolo né Paolo Peveraro all’Iren. Perché quelle nomine non turbano certo chi abita in periferia, ma turbano il Politecnico e l’Università, ambienti che alla fine hanno vissuto il Pd come il partito da mandare a casa”. Che al Politecnico l’ex rettore Profumo abbia collezionato nomignoli poco lusinghieri è un dato di fatto, ma che questo abbia condotto Fassino al baratro è tutto da dimostrare, mormora qualcuno tra le fila del Pd.
LA REPLICA DI PIERO FASSINO
Fassino non è certo il tipo da lasciare cadere. Per ore a subire caldo e farsi “fare le pulci”, come dice lui, quando è il suo turno di parlare rivendica il buon operato degli scorsi 5 anni (“ho lavorato 16 ore al giorno”). “Il sistema Torino, ammesso che esista, non l’ho mica inventato io. Non ci sto a questa caricatura. C’è una vulgata sul sistema Torino che ho sentito anche all’interno del Pd, che mi permetto di contestare. Dopodiché chi guida una città o è un pazzo presuntuoso che pensa di poter governare da solo o coinvolge gli stakeholder della città, tra cui ci sono le università e le fondazioni bancarie”, ha proseguito Fassino. Poi la difesa a spada tratta di Profumo; “Sarà un buon presidente in Compagnia di Sanpaolo anche per Appendino, perché col curriculum che si ritrova è la persona adatta. Non è che ci metti ai vertici della Compagnia di San Paolo il primo che passa”, ha sbottato con seguito di mormorii in sala.
L’ANALISI DEL VOTO
Quanto alla sua sconfitta, Fassino ha detto: “A Torino si è chiuso un ciclo. Il voto amministrativo è stato l’occasione per sperimentare un fronte largo e trasversale, che ha l’obiettivo di mettere in difficoltà il governo. E’ stata la preparazione di una caccia alla volpe iniziata subito dopo la chiusura delle urne. Non vederlo è da miopi”. Fra 5 anni “raccoglieremo una Torino ripiegata su se stessa – ha ammonito Fassino – Abbiamo un assessore all’Urbanistica che pensa a fare i giardinetti nei condomini, mentre Sala era a Londra a valutare cosa potesse portarsi a casa dopo Brexit. Ai Cinquestelle manca la capacità di visione”.
LA QUESTIONE FAMILIARE
A riunire le varie anime del Pd, ma involontariamente, ci ha pensato la consigliera Monica Canalis, che con una interpellanza si è scagliata contro la sindaca Chiara Appendino, rea di aver definito l’assessorato alla Famiglia “alle Famiglie” per includere anche le cosiddette famiglie Arcobaleno. Apriti cielo. Le chiose più delicate dei compagni di partito spaziavano da “Che figura di m…” a “Houston abbiamo un problema” fino a “iniziativa medievale” del senatore Esposito. A sollevare il problema nella direzione Pd è Chiara Foglietta, neo eletta in consiglio comunale: il problema non è tanto il fatto che il partito abbia le unioni civili nel programma, il problema è “più politico, perché si tratta di una iniziativa personale che non è stata concordata col partito e che abbiamo appreso dai giornali”. Tutti a scaricare Canalis e a snocciolare ricette su come si fa un’opposizione efficace. Per la rinascita del Pd torinese il cantiere rimane aperto.