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I terremoti, le risorse e Obama

Gentile presidente Barack Obama,

pur essendo altamente improbabile che l’articolo scritto da uno sconosciuto cronista italiano possa essere ripreso dalla rassegna stampa dell’ambasciata americana di Roma e addirittura sottoposto alla sua attenzione, è inevitabile sottolineare quanto da lei comunicato al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, poche ore dopo il disastroso terremoto che ha sconvolto il Centro Italia: “Gli Stati Uniti d’America sono vicini al dolore degli italiani per le vittime del terremoto e sono pronti a offrire aiuti e assistenza”, hanno riportato i mezzi di informazione al termine di una telefonata intercorsa tra la Casa Bianca e il Quirinale.

La solidarietà internazionale in caso di calamità naturale è scontata a parole, meno scontata nei fatti. Forse lei ricorderà, gentile presidente, il vertice del G8 che si tenne a L’Aquila dall’8 al 10 luglio 2009, spostato dalla prevista sede della Maddalena come gesto di attenzione dopo il terremoto del 6 aprile che aveva distrutto il capoluogo abruzzese e molti centri limitrofi. Sua moglie, la First Lady Michelle, voleva adottare la chiesa di Santa Maria Paganica (una delle chiese cosiddette Capoquarto, cioè la più importante di uno dei quattro “quarti” che componevano la città al momento della duecentesca fondazione). Così disse a chi l’accompagnava e la notizia fu pubblicata da tutti i quotidiani, ma gli aquilani non ne hanno saputo più nulla.

Quello che invece solo il settimanale Panorama riportò nell’ottobre 2009, quando pubblicò una sintesi degli aiuti internazionali promessi o effettivamente arrivati, fu il suo diretto interessamento. Infatti, gentile presidente, l’8 luglio lei venne accompagnato a visitare il centro storico dall’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dal sindaco Massimo Cialente e da altre autorità nazionali e locali. Di fronte alla chiesa di San Marco, nei pressi del palazzo della Prefettura la cui immagine di distruzione ha fatto il giro del mondo, lei disse a chi l’accompagnava: “Cosa posso fare per restaurare questa bellissima chiesa?”. Detto che L’Aquila ha chiese di ben altro valore artistico rispetto alla pur dignitosa chiesa di San Marco, anche del suo diretto e inequivocabile interessamento gli aquilani non hanno avuto più notizia.

Gli Stati Uniti d’America non hanno donato un dollaro per L’Aquila, contrariamente a quanto hanno fatto altre nazioni: dalla Francia impegnata nella chiesa di Santa Maria del Suffragio (detta delle Anime Sante) in piazza del Duomo alla Germania impegnata a fondo nella frazione di Onna dove i nazisti si macchiarono di una terribile strage; dal Giappone che ha donato un palazzetto dello sport alla Russia, grazie alla quale si stanno ultimando i restauri del bellissimo palazzo Ardinghelli, sontuoso barocco settecentesco che, guarda un po’, si trova proprio di fronte alla chiesa di Santa Maria Paganica.

Come vede, gentile presidente Obama, c’è chi ha detto di voler aiutare L’Aquila e l’ha fatto. Ora gli italiani e in particolare gli abitanti dei paesi del Centro Italia distrutti attendono anche il suo aiuto, oltre a quello dello Stato italiano. Se poi dovesse avanzarle qualche dollaro per L’Aquila, le saremmo infinitamente grati. Anche sette anni dopo.

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