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Il programma di Virginia Raggi? Eclettismo sociologico

teatro di roma

Roberto Giachetti ha avuto facile gioco nel demolire le linee programmatiche della Giunta Raggi. Quelle 44 pagine sono, in effetti, un monumento all’eclettismo cultural-sociologico, più che un reale programma di governo per una Capitale in procinto di sprofondare verso un abisso senza fine. Il prodotto evidente di assessori-tecnici che non vedevano l’ora di dare dignità politica a vecchi scritti di taglio accademico. Buoni per partecipare ad un concorso a cattedra, ma del tutto inutili rispetto ai reali bisogni di una città, che vive le contraddizioni che tutti conosciamo.

Trattandosi di un programma pluriennale (2016 – 2021) ci saremmo aspettati un confronto ravvicinato con le altre Capitali europee. Alla ricerca di quelle best practies, che, da sempre, rappresentano il sistema migliore per progredire, tenendo i piedi saldamente in terra. Da quel confronto sarebbero emerse le anomalie ed anche le responsabilità. Il compito di gestire la Capitale dello Stato non spetta solo al Comune. Richiede un intervento continuo dello Stato centrale, che non può limitarsi a mettere sul piatto i soli 110 milioni, promessi dal Governo italiano.

Guardare all’Europa avrebbe fatto emergere queste diversità. Che sono poi quelle della Gran Paris, di Madrid ville-comunidad o della città-stato di Berlino. Invece, in un programma poco amalgamato, sia dal punto di vista politico che programmatico, con un notevole sforzo, si riesce solo ad individuare una sorta di “Terza via”. Il tentativo cioè di porsi in una specie di avanguardia, rispetto alle altre esperienze occidentali, Washington compresa, che ha solo del miracolistico.

Difficile quindi non dichiararsi d’accordo con i richiami ambientali, con la centralità dell’ICT (internet e via dicendo), con il ruolo da attribuire alla cultura e alla scienza. Impossibile non concordare con l’impegno per il piano dei rifiuti, dove tuttavia, forse per un refuso, compare ancora il riferimento al tanto discusso impianto di Rocca Cencia. Ma qual’é il loro realismo? Con quali mezzi e strumenti é possibile non diciamo conseguire, ma almeno avvicinarci agli obiettivi indicati?

All’ingrato compito di indicare le necessarie risorse finanziarie, sono indicate solo le ultime due paginette. Naturalmente nessun numero per dare il minimo conforto. Ma, anche in questo caso, tante buone intenzioni. A partire da fantasiose ipotesi di spending review, naturalmente necessarie, ma del tutto improbabili, quanto al reperimento di risorse che dovrebbero supportare un piano così ambizioso. Poi l’ipotesi di un taglio degli interessi sul debito accumulato. Che se anche fosse possibile, i relativi risparmi dovrebbero essere utilizzati per abbattere le quote capitale. Non certo per nuove e maggiori spese. Ed infine il grande silenzio: di riduzione del carico fiscale che grava sui romani, nemmeno a parlarne. Insomma ancora una volta il vecchio Gattopardo aveva ragione: tutto è cambiato per restare come prima.


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