Competere con i principali gruppi ferroviari del mondo, a cominciare dai tedeschi di Deutsche Bahn. L’ambizione non manca nel piano industriale 2017-2026 di Ferrovie Italiane presentato questa mattina alla Stazione Tiburtina dai vertici del gruppo statale, l’ad Renato Mazzoncini e il presidente Gioia Ghezzi, accompagnati per l’occasione dal premier Matteo Renzi (nella foto con Mazzoncini e Ghezzi) e dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio. Per raggiungere gli obiettivi fissati dall’azienda e dal suo azionista pubblico bisognerà investire la bellezza di quasi 100 miliardi, distribuiti attraverso un’articolata strategia che farà perno su un aspetto troppo spesso sottovalutato finora, hanno detto: la gomma.
I NUMERI DEL RILANCIO
Prima questione, le cifre in ballo. Da qui a 10 anni Ferrovie investirà 94 miliardi di euro, così spalmati: 73 miliardi per le infrastrutture, 14 per il materiale rotabile e di 7 per lo sviluppo tecnologico. Più della metà delle risorse sono già disponibili, ben 58 miliardi, di cui 23 in autofinanziamento e 35 già stanziati nei contratti di programma. Obiettivo, raddoppiare i ricavi da 9 a 17,6 miliardi, portando il margine operativo lordo da 2,3 a 4,6 miliardi di euro e creare oltre 20 mila posti di lavoro. Ma soprattutto centrare la quotazione, già rimandata, per il 2017. Il tutto si baserà su cinque pilastri. Mobilità integrata sul Trasporto pubblico locale (Tpl) grazie alle sinergie con gli operatori di car sharing, riorganizzazione del comparto merci, intese con le infrastrutture stradali (alias fusione con Anas), internazionalizzazione e digitalizzazione.
TRA TPL E ALTA VELOCITA’
Ferrovie ha annunciato per i prossimi anni l’arrivo di 450 nuovi treni regionali, grazie ad un accordo quadro da 4 miliardi già sottoscritto. 300 treni saranno di grandi capacità mentre gli altri 150 saranno di capacità media. Investire sul Tpl però non significa abbandonare l’Alta Velocità, sui cui Ferrovie investirà circa 24 miliardi. Oltre al completamento della flotta dei Frecciarossa 1000, la mission di Ferrovie si allarga infatti con una scommessa all’estero su più fronti, puntando con la crescita dei suoi servizi ferroviari a diventare General Contractor di riferimento, come già accaduto in Iran, per la costruzione delle linee Av nei pasi con forti gap infrastrutturali.
LA SCALATA ALLA GOMMA
Ma la vera rivoluzione del gruppo si chiama gomma. Un campo su cui finora si è scommesso con una certa prudenza. In questo ambito il progetto è portare la quota di mercato di Fs nella gomma dal 6% del 2015 fino al 25% nel 2026. La filosofia del gruppo è quella di “portare i viaggiatori dalla porta della loro casa fino alla destinazione”. Dunque, non solo treni ma spazio alla gomma. Un esempio? Busitalia, l’azienda di trasporto su gomma del gruppo, che già gestisce la mobilità a Firenze, per la quale si prevede l’arrivo di 3 mila nuovi bus. “Per il riequilibrio modale verso soluzioni di trasporto collettivo”, ha spiegato Mazzoncini nell’auditorium della stazione, “la gomma pubblica avrà un ruolo chiave e Fs vuole essere protagonista, partecipando a gare e, laddove possibile, acquisendo operatori strategici, come è già accaduto con successo in passato, ad esempio con Ataf e Umbria mobilità. Ma non solo.
LE MANI SULLE MUNICIPALIZZATE
Mazzoncini, presentando il piano, lo ha detto in modo chiaro. Ferrovie punta a partecipare a gare per il trasporto pubblico locale, subentrando alle municipalizzate. Oltre al caso di Busitalia, non sono un mistero gli appetiti di Fs per Atac, l’azienda romana dei trasporti sull’orlo del collasso. In particolare Ferrovie ha sempre guardato con interesse alla Roma-Lido, una delle tratte più utilizzate d’Italia, fino a 90 mila passeggeri al giorno. E proprio pochi giorni fa lo stesso capo azienda di Ferrovie ha chiesto un incontro al sindaco di Roma, Virginia Raggi, proprio per discutere dell’interesse di Fs per Atac.
IL FATTORE ESTERO
Quanto all’espansione del gruppo all’estero, dovrebbe portare i ricavi a quota 4,2 miliardi al 2026. Oggi la quota di ricavi dall’estero, sul totale, è il 13%, l’obiettivo è quello di arrivare al 23% “posizionando Fs Italiane al livello degli altri player ferroviari europei, con 4,2 miliardi di ricavi al 2026”, ha spiegato Mazzoncini.
ANAS-FS, NOZZE DA FARE
Passando alle questioni strategiche, sul tavolo di Mazzoncini ci sono due dossier caldi. Le nozze con Anas e la quotazione in Borsa. La prima, che dovrebbe dare man forte a Ferrovie nell’operazione-gomma, è stata inserita di diritto nel piano industriale. La fusione tra Fs e Anas si farà, ha garantito Mazzoncini precisando che è previsto che “sotto la holding Fs ci sia il conferimento di Anas: Anas e Rfi diventeranno sorelle”. Mazzoncini ha aggiunto che le sinergie consisteranno in una visione comune degli investimenti e nella razionalizzazione dei costi, si potranno avere 400 milioni di risparmi. Ma c’è un paletto. Il manager ha chiarito che l’azienda guidata da Gianni Vittorio Armani “dovrà uscire da perimetro Pa”. Non solo. Anas dovrà con ogni probabilità rinunciare al proprio autofinanziamento mediante aumento delle accise, ipotesi circolata con insistenza nei mesi scorsi e fortemente sponsorizzata dallo stesso Armani e dallo stesso ministro Delrio.
IPO, I PERCHE’ DI UNO STOP
Certo, all’orizzonte rimane ancora quell’Ipo che doveva vedere la luce quest’anno, e che invece il presidente Ghezzi ha confermato arrivare non prima di un anno, cioè verso la fine del 2017. Ma come avverrà lo sbarco di Fs sui listini? “L’ipotesi su cui stiamo ragionando è una quotazione non inferiore al 30%”, ha detto Mazzoncini. L’operazione potrà riguardare la divisione della lunga percorrenza, ovvero Frecce e Intercity”, ha aggiunto il manager. Dunque, Fs punta a quotare almeno il 30% della società che raggrupperà le Frecce e il trasporto a lunga percorrenza con un debito che fa capo a questa divisione destinata all’Ipo è stato quantificato da Mazzoncini in 1,5 miliardi. La quotazione comunque continua a preoccupare i sindacati, tra cui l’Ugl, che così ha commentato l’operazione.”Presentandoci una prima bozza del piano industriale, l’ad Mazzoncini, non ha dissipato i nostri dubbi sulla quotazione. Le modalità della quotazione restano poco trasparenti: non vorremmo che, per rendere più appetibile l’operazione, Fs scegliesse di collocare sul mercato solo le attività di trasporto più redditizie, cedendo quindi ai privati gli utili dell’Alta Velocità e lasciando alla fiscalita’ generale solo gli oneri del servizio universale regionale e pendolare”.