Nel revocare la candidatura di Roma per ospitare le Olimpiadi del 2024 la sindaca Virginia Raggi non ha azzeccata una sola mossa. Ha dimostrato di essere incerta, smarrita, arrogante, maleducata e soprattutto etero-diretta da Beppe Grillo (‘’i suoi superiori’’). Così alla faccia dell’uno vale uno, una decisione importante per l’intero Paese è stata assunta da un comico dotato di fiuto politico. A commento della bravata si sono sentite parole che fanno venire la pelle d’oca: la “colata di cemento’’, i “palazzinari’’ (che fino a prova contraria non eseguono i lavori da soli ma avvalendosi di addetti al settore delle costruzioni, la cui ripresa sarebbe un toccasana per l’economia) e quant’altro appartiene allo stupidario dell’ora tragica che vive il Paese. E’ la filosofia del declino, dell’abdicazione, della rinuncia a prendersi delle responsabilità, a confrontarsi con i “poteri forti’’ nascondendo – come fanno gli struzzi – la testa sotto la sabbia.
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Eppure, sembrerà paradossale, ma in fondo è meglio che sia andata così. Negli otto anni che ci separano dal 2024 avremmo assistito al trionfo delle Procure. Non perché gli italiani siano particolarmente disonesti, ma perché ormai esiste un pregiudizio di malversazione e corruttela su di alcune particolari attività economiche che interagiscono con la pubblica amministrazione, al punto tale che ormai è invertito persino l’onere della prova. Occorre dimostrare di essere innocenti e riuscire a smontare una presunzione di colpevolezza. Se Roma fosse stata scelta come sede di Giochi Olimpici sarebbe centuplicato il numero delle intercettazioni, allo scopo di corredare le ricorrenti ordinanze di custodia cautelare di qualche frase smozzicata, ricopiata fuori dal contesto complessivo del discorso, messa lì a far da puntello al teorema con il quale viene svelato e denunciato l’ennesimo intrigo a ridosso dell’esecuzione di opere pubbliche. Ben presto ci sarebbe stata la necessità di un nuovo codice degli appalti, copiato, questa volta, pari pari dai manuali dell’Inquisizione spagnola. E, dulcis in fundo, il solito Raffaele Cantone sarebbe stato incaricato, prima o poi, di svolgere il ruolo del demiurgo, del custode dell’italica virtù. L’obbedisco di Virginia Raggi ci ha risparmiato questa fastidiosa telenovela. Vi sembra poco?
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Beatrice Lorenzin ha ragione nel sollevare il problema della fertilità quale grande questione della salute delle donne. Ma quando si va a sfidare l’alibi di chi invoca la propria condizione sociale ed economica per giustificare un atto di egoismo come la crescente denatalità, sarebbe il caso di fare più attenzione ed evitare le bucce di banana. Già i primi manifesti avevano sollevato un vespaio di polemiche. Un ministro avveduto si premura di valutare personalmente la seconda edizione, senza delegare tale controllo a nessuno. Anche perché, come soleva dire il presidente Harry Truman, il tavolo del ministro è il luogo in cui termina lo scaricabarile.