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Cosa hanno lasciato alla città di Roma le passate Olimpiadi nella capitale

Di Serena Gana Cavallo
Virginia Raggi

Vivo a Roma, e quella che un tempo mi sembrava essere una gran fortuna adesso mi pare una greve condanna. Ho visto, negli anni (certo non nell’ultimo quarto d’ora) la decadenza, l’abbrutimento, l’imbruttimento, di una città meravigliosa, i cui ultimi sprazzi di manutenzione e arricchimento infrastrutturale risalgono alla giunta Rutelli con un sottopasso a Castel sant’Angelo e con la soluzione di una diatriba pluridecennale e la conseguente successiva collocazione e costruzione dell’Auditorium, bel progetto di Renzo Piano, in prossimità e continuazione della porzione urbana detta “Villaggio Olimpico”.

Rutelli ebbe la fortuna di potersi giovare di un evento straordinario con straordinari finanziamenti: il Giubileo del 2000, e prescindendo dalla congruità dei costi (su cui comunque non mi sembra siano sorte successive polemiche o inchieste giudiziarie), rimasero comunque in dotazione alla Città alcuni indubitabili miglioramenti.

La sindachessa Raggi, che pur non essendo regina può permettersi di non essere puntuale agli appuntamenti, ha elencato una lunga teoria di costi e relativi sforamenti delle Olimpiadi ricavati da un importante e minuziosissimo studio sui costi delle Olimpiadi, estive e invernali, dal 1960 a al 2016 (ma i costi di Rio sono a preventivo e non a bilancio, in quanto anteriori alla celebrazione dei giochi).

Resta il fatto, al di là dei dati più o meno attendibili che sono stati sciorinati con un non troppo largo anticipo sull’evento, sarebbe stato bene che la sindaca si fosse documentata sulle opere generate (e ancora utili) dalle precedenti Olimpiadi del 1960. Esse dimostrano, ad esempio, che a Roma tutt’ora si circola su una circonvallazione chiamata “Olimpica”, senza la quale metà città si paralizzerebbe; si fanno grandi raduni, grandi concerti, grandi manifestazioni in una struttura detta “Palazzo dello sport” (in alternativa Palalottomatica, Palaeur etc etc) progettata da Pierluigi Nervi e Marcello Piacentini per le Olimpiadi del 1960. Si fanno gli incontri di pallacanestro in una struttura, sempre a firma Nervi, posta accanto il suddetto Villaggio Olimpico (ora gradevole zona residenziale contigua al quartiere Parioli) sempre per le Olimpiadi del 1960. E il laghetto dell’Eur è il bacino, tutt’ora bello e decorativo, che fu realizzato per le gare di canottaggio delle suddette Olimpiadi del 1960.

Per i mondiali di calcio di Italia ’90 fu fatta (poi prontamente e parzialmente smontata) una congiunzione ferroviaria ad anello con lo Stadio, senza che il famigerato “anello ferroviario” riesca ad uscire dal libro dei sogni o delle favole (fate voi). La realizzazione della terza corsia del Gra, realizzato tra il 1948 e il 1951 in base a una legge urbanistica del 1942, i cui lavori erano stati aggiudicati nel 2008, è stata completata nel 2016. Nel contempo la Giunta Veltroni ne ha cementificato una notevole parte della zona a nord est e lo arricchito con una collana di supercentri commerciali.

Nel 1936 fu creato l’ente che avrebbe dovuto presiedere all’esposizione universale del 1942 nella zona che, prima denominata E 42, noi conosciamo come Eur (esposizione universale romana). Commissario fu nominato Vittorio Cini che convocò per il progetto i massimi nomi dell’architettura italiana. Il progetto complessivo fu presentato nel 1938, coordinatore Marcello Piacentini. I lavori , pur rallentati dalla guerra, ma sufficienti a costruire quella che è la parte “monumentale”: il Palazzo della Civiltà Italiana, meglio noto come “Colosseo quadrato”, Il Palazzo dei Congressi, l’Archivio Centrale dello Stato, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, il Palazzo degli uffici Inps,l’Edificio delle Poste, Telegrafi e Telefoni, l’Archivio di Stato, i vari Musei, che costituiscono l’imprinting razionalista del quartiere, si interruppero definitivamente nel 1943. I lavori di completamento, rispettando, per fortuna e per la gran parte la progettazione originaria, furono ripresi nella seconda metà degli anni 50, proprio in vista delle Olimpiadi del 1960.

L’Ente Eur, che doveva essere temporaneo, sopravvisse come definitivo e nel 1998, insieme al Comune di Roma, indisse un concorso per un nuovo “Centro Congressi Italia”, di cui si sentiva irresistibile bisogno. Nel 2000 fu nominato vincitore l’architetto Fuksas con la famosa “Nuvola” e palazzo annesso. Dal 2000 al 2005 ci si è trastullati con affidamenti lavori e successiva revoca: costo iniziale previsto 200 milioni di euro, poi elevati a 250, motivo appunto della revoca. Progetto esecutivo approvato nel marzo 2007 e contestuale nuovo bando di gara per l’assegnazione. Febbraio 2008 prima pietra, Veltroni benedicente e stima spesa 275 milioni.

Nel 2013 da legge di stabilità l’Ente Eur ottiene prestito trentennale di 100 milioni di euro. Nel luglio 2016 completamento dell’opera, costo (ma mancano certezze) più o meno 400 e rotti milioni di euro (camuffati, in recenti dichiarazioni ai giornali, come 270). Il 29 ottobre grande presentazione con diretta Rai. Un parto lungo e travagliato, ben raffigurato dal sacco placentare sospeso nel vetro, che sarebbe poi la nuvola. In partenza, concorso per trovare il nome (nuvola non va bene) del nuovo fiammante centro congressi.

In definitiva, a Roma non è questione di Olimpiadi, a parte i metodi e i modi da pochade nei quali la si è portata avanti dall’amministrazione cittadina. A Roma è questione di capacità progettuale e efficienza e correttezza e rapidità realizzativa, ma se i grandi progetti partono dal “raccordo ciclabile” di cui la sindachessa, di concerto col ministro delle infrastrutture, ha menato gran vanto in questi stessi giorni, sarebbe utile una indagine sull’età media dei residenti, oltre magari a un referendum, che fa tanto grillino, per capire come la vedono i romani.

Per quanto riguarda le Olimpiadi, leggetevi la ricerca The Oxford Olympics Study 2016: Cost and Cost Overrun at the Games che è illuminante, ma ancor più illuminante è il parere del barone De Coubertin, colui che fece rinascere le Olimpiadi per una nobile utopia, che nel 1911 (lo cita la ricerca) denunciava “le troppo esagerate spese che si sono verificate per le recenti Olimpiadi”. Raccontiamocela con tutta la retorica che vogliamo, ma le Olimpiadi sono, e da un bel po’, un grosso, grasso business internazionale. E per Roma, è evidente che non c’è futuro, a meno che non sopravvenga un qualche potere autocratico, come il papato, con annesso Sisto V°, o, aihmé, una dittatura, che i lavori li sapevano fare presto e bene e senza tangentopoli.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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