“Non sono un eroe, sono un comune cittadino che ha scelto di denunciare degli illeciti e per questo ha pagato delle grosse conseguenze”. Ma Andrea Franzoso (nella foto a destra), il whistleblower che ha portato alla luce gli illeciti avvenuti all’interno dell’azienda per cui lavorava, Ferrovie Nord Milano, rifarebbe tutto, anche se, in qualche modo, ha perso. “Sono venuto qui a Roma per continuare la mia battaglia, per sensibilizzare l’opinione pubblica e i senatori qui presenti sulla necessità di adottare il più presto possibile una legge per tutelare le persone che segnalano il malaffare, la corruzione”. L’occasione è stata la presentazione ieri della campagna “Voci di giustizia” in favore di una legge che tuteli i whistleblower in Italia promossa dalle associazioni Riparte il futuro e Transparency International Italia. Grazie a queste associazioni è stato presentato un disegno di legge che intende regolare la protezione di uomini e donne, come Franzoso, che denunciano illeciti e corruzione nelle amministrazioni pubbliche.
UNA STORIA COMUNE
“La mia è una storia comune, non sono un whistleblower famoso come Snowden, ma forse per questo chiunque può avvicinarsi al mio caso e immedesimarsi”. Franzoso, 39 anni, fino a ieri lavorava come funzionario delle Ferrovie Nord Milano. Dopo essere stato demansionato e spostato, ha accettato una proposta economica per uscire dalla società, ma se ci fosse stata una legge a protezione degli whistleblower probabilmente avrebbe potuto conservare il suo posto di lavoro. Nel febbraio del 2015 Andrea Franzoso ha scoperto che il suo capo “rubava”, così ha deciso di muoversi internamente – “La cosa non è stata accolta positivamente da alcuni soggetti. Ho subito pressioni, un invito a modificare il report” – e poi di sporgere denuncia ai Carabinieri: “Avevo tre possibilità davanti a me: avrei potuto fare un esposto anonimo, avrei potuto essere sentito come fonte confidenziale, oppure avrei potuto denunciare con nome e cognome”. Franzoso ha scelto la terza, ben conscio delle difficoltà che avrebbe comportato. Ora porta avanti una battaglia culturale, assieme a quella per far approvare una legge che aiuti a combattere la corruzione nelle aziende, pubbliche e private.
IL VIDEO SULLA STORIA DI ANDREA FRANZOSO
UNA LEGGE A PROTEZIONE DEGLI WHISTLEBLOWER
La campagna organizzata da Riparte il futuro e Transparency International Italia aveva due obiettivi: far calendarizzare la discussione della proposta di legge sulla protezione dei whistleblower S.2208 approvata alla Camera il 21 gennaio 2016 (prima firmataria Francesca Businarolo del M5s), e che la discussione sulla proposta di legge includesse alcuni elementi di tutela che al momento non sono contemplati. Federico Anghelè, responsabile relazioni istituzionali di Riparte il futuro, riportando il messaggio di Anna Finocchiaro, presidente Pd della Commissione Affari Costituzionali del Senato, ha annunciato che la discussione generale è iniziata, ma è necessario migliorarla con l’estensione delle tutele anche per chi denuncia nel settore privato: “Crediamo che per essere davvero efficace – spiega Anghelè -, una legge dovrebbe includere alcune fondamentali garanzie tra cui, prima di tutto, l’estensione della disciplina del whistleblowing al settore privato, se vogliamo veramente permettere a tutti i lavoratori di essere delle sentinelle della lotta alla corruzione in Italia”.
LE PROPOSTE DI TRANSPARENCY E RIPARTE IL FUTURO
Le associazioni che ieri si sono incontrate al Centro studi americani di Roma hanno raccolto, con una petizione, 25mila firme a sostegno della legge, e nonostante la Commissione Affari Costituzionali si sia messa in moto, chiedono di più. Le due associazioni chiedono altri cambiamenti alla legge: una è l’estensione delle tutele al settore privato perché, come il caso Franzoso ha dimostrato, non c’è possibilità di essere protetti se non si lavora nel pubblico; si chiede poi che, per tutelare la riservatezza del whistelblower, vengano previsti canali anonimi e sicuri per le segnalazioni – così come Transpanrency già fa da molti anni – cosicché l’anonimato sia protetto non solo in modo formale, ma anche sostanziale; viene chiesta poi la previsione di un fondo a sostegno degli informatori, che spesso devono affrontare spese legali e mediche di cui non sempre possono farsi carico, anche a causa della perdita del lavoro o del demansionamento conseguente alla denuncia. E proprio in caso di licenziamento o spostamento a incarichi diversi, Transpanrency e riparte il Futuro chiedono che si preveda l’obbligo e l’onere da parte del datore di lavoro di dimostrare che tali cambiamenti non siano conseguenza della denuncia degli illeciti.
SETTORE PUBBLICO E PRIVATO
Franzoso, pur lavorando per una società partecipata della Regione Lombardia, è stato considerato un lavoratore privato. Per questo la legge Severino (che al momento è l’unica a tutela dei whistleblower) non è stata applicata, perché riguarda solo gli informatori che denunciano nel settore pubblico. La segnalazione di reato, spiega la professoressa Nicoletta Parisi (nella foto a sinistra) di Anac, è un obbligo per il dipendente del settore pubblico, ma “i cittadini come Andrea non dovrebbero essere costretti a scegliere tra due fedeltà: quella ai propri principi etici, e quella al contesto in cui lavorano e alla necessità di portare a casa lo stipendio”. Per questo è necessario allargare le tutele e, guardando ancora più avanti, estendere l’anonimato fino all’avvio del processo e a tutte le indagini preliminari nelle quali, in genere, l’informatore, è il punto da cui si parte per dimostrare la commissione di un reato ed è quindi più debole di fronte al datore di lavoro.
CAMBIARE LA CULTURA
“Io ho perso”, ha detto Franzoso, “ma sono qui per portare avanti una battaglia culturale per fare in modo che chi, come me, denuncia dei reati, non venga visto poi come una spia”. “Con il mio gesto mi sono ispirato alla disobbedienza civile, quella descritta dallo scrittore statunitense Henri David Thoreau secondo cui basta il gesto di un solo uomo per cominciare a cambiare le cose” e, dopo aver letto la citazione, Franzoso fa un appello ai giornalisti affinché si facciano portatori di quella crescita culturale di cui il Paese ha bisogno per condannare, davvero, la corruzione e non puntare il dito su chi la denuncia.