Skip to main content

Cosa è successo alla Leopolda di centrodestra alla Raffaele Fitto

Nei giorni della Leopolda il centrodestra si ricompatta. Non solo intorno al No, ma con la prospettiva di ricostruire la propria identità ad ampio raggio, con l’obiettivo di mettere a punto una piattaforma programmatica concertata con gli elettori e di arrivare alle politiche del 2018 con un leader scelto attraverso le primarie.

Ieri, a Roma, Raffaele Fitto, ex ministro e oggi presidente di Conservatori e Riformisti, ha aperto La Convenzione Blu, accompagnato dagli interventi di Giancarlo Giorgetti (Lega), Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Gaetano Quagliariello (Idea). “Abbiamo di fronte una stagione politica complessa e vogliamo costruire un’alternativa vera, non un programma contro qualcuno”, ha detto. “È necessario ricostruire un profilo identitario del centro destra, a partire dalle primarie, sia per scegliere la leadership, che per confrontarci di fronte agli elettori in base al programma, in modo che le decisioni non vengano prese in stanze chiuse dove prevalgono tattiche per i prossimi mesi. Mancano solo 14 mesi alle prossime politiche. Il centrodestra gioca partita in uno stadio che si svuota sempre di più. Dobbiamo invece ricostruire la partecipazione”.

Partecipazione che evidentemente non può prescindere dalla tecnologia. Anche il centro destra ha adesso il suo asso digitale nella manica. Si tratta dell’app Web Blu, che consente appunto di votare il proprio leader e i documenti frutto del lavoro dei tavoli tematici della Convenzione: fisco, Europa, tasse, democrazia, sicurezza, immigrazione.

“La Convenzione Blu cade in un momento cruciale per la politica italiana, a ridosso del referendum del 4 dicembre”, ha detto Giorgia Meloni. “Un referendum che riporta l’Italia indietro. Non è vero che chi vota No non vuole cambiare, se vince il Sì, avremo un’Italia uguale o peggiore. Non è vero neanche che, grazie alla riforma, si supera il bicameralismo, perché tutti i provvedimenti passeranno dalla Camera al Senato. Insomma, non verrà abolito il Senato, ma verrà abolita la democrazia nel Senato”.

Posizione dura anche contro l’Europa, espressa con decisione da Giancarlo Giorgetti, della Lega. “Siamo per rinegoziare tutti i trattati, l’Europa del 2016 non è la stessa di vent’anni fa. Ci sono temi sui quali sono possibili delle politiche comuni, e altri sui quali è necessario mantenere la sovranità che ci è stata espropriata, dalla moneta alla legge di bilancio, alla giustizia. Il popolo, in questioni sostanziali come queste, deve poter dire la sua”.

Entra nel merito di un’altra questione sostanziale come la Sanità, Gaetano Quagliariello, che sostiene che il passaggio da competenza regionale a statale previsto dalla riforma costituzionale, la livellerebbe verso il basso. “Dietro alla riforma c’è un progetto giacobino, dirigista e centralista, ma il centralismo non è la risposta”, dice, riferendosi anche alla riforma della pubblica amministrazione: “Se passa questo decreto, i dirigenti dello stato non potranno occupare quel ruolo oltre tre anni, per poi essere giudicati da commissioni ministeriali, che potranno penalizzarli fino a fargli perdere il posto di lavoro. Che fine farà il merito?”.

Anche secondo Alfonso Celotto, giurista, la questione delle competenze, nella riforma costituzionale, è un aspetto critico: “La riforma è confusa e contraddittoria, manca un disegno generale sul ruolo delle autonomie. Non è chiaro se la riforma sia centralista o regionalista, perché, se da un lato riconsegna quasi tutte le competenze allo Stato, dall’altro crea una Camera delle regioni. Il Senato sarà federale, di garanzia, di nomina, europeo, ma soprattutto ancora bicamerale perché può richiamare tutte le leggi. Non avendo la fiducia, potrà tenere in scacco il governo per tutto il tempo che vorrà, rischiando di diventare la Camera del ricatto. La scheda inoltre, è illegittima, perché non riporta gli articoli che si andranno a modificare. Potrebbero quindi esserci sorprese dopo il voto”.


×

Iscriviti alla newsletter