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Cosa cambierà nelle relazioni Francia-Usa se vincerà Fillon alle presidenziali?

François Fillon (a destra nella foto) è stato incoronato candidato presidente per il centrodestra francese dopo il secondo turno delle primarie, battendo a valanga il più progressista Alain Juppé (finora favorito, ha perso 66,5 per cento a 33,5). Fillon si definisce un “realistico”, o meglio definisce così il suo programma, ma che cosa significa? L’ex premier (2007-2012) ha una visione conservatrice su molte questioni nazionali (temi etici, famiglia, donne, matrimonio, aborto, multiculturalismo), si definisce un tatcheriano ma Politico quasi ironizza che per esserlo gli mancano le riforme, e ha una visione molto diversa da quella francese attuale su varie questioni di politica estera. Per esempio, mentre Parigi era a favore di nuove sanzioni alla Russia per le colpe umanitarie sulla Siria (dove Mosca appoggia il regime, reo di uccidere i civili pur di vincere la guerra contro i ribelli), Fillon dice che è necessario collaborare con i russi, e con i siriani (e dunque con gli iraniani) in nome della lotta al terrorismo. Una linea molto simile a quella sostenuta dalla sua principale avversaria: i sondaggi (per quel che contano ancora) dicono che il prossimo inquilino dell’Eliseo sarà un gioco a due tra lui e Marine Le Pen del Front National, il partito euroscettico di estrema destra che ha più di una semplice inclinazione di pensiero verso la Russia. Allargando, questo genere di letture della situazione internazionale – in sintesi, la necessità di collaborare con la Russia e di passare sopra a tutto, dalle bombe su Aleppo, alla presa della Crimea, alla soft war informativa – sono del tutto assimilabili a quelle del presidente eletto americano Donald Trump.

IL GUERCIO, IL CASO DI STUDIO

Un cambio di linea rispetto all’attuale che si porterà dietro anche conseguenze sul rapporto speciale che francesi e americani stanno stringendo sul fronte della lotta al terrorismo? Esempi. La notizia del momento è la possibile uccisione del leader jihadista Mokhtar Belmokhtar, detto il Guercio, capo di un gruppo affiliato ad al Qaeda nel Sahel, prominente figura del terrorismo regionale e del traffico di ogni genere di bene (compreso persone) in quelle aree desertiche dimenticate dalla legge. Secondo le informazioni rivelate dal Wall Street Journal sarebbe stato ucciso da aerei francesi nel sud della Libia. Nella zona Parigi ha stanziato un dispositivo militare, l’Operazione Barkhane, che conta su 3000 soldati dei reparti scelti e droni, elicotteri, caccia; la stessa aerea è interessata dalle battute di perlustrazione dei velivoli americani e dalle incursioni di commandos che si muovono clandestinamente e off the record. L’articolo del WSj, per esempio, è scritto da Gibuti, piccolo Stato del Corno d’Africa dove gli americani hanno piazzato un potente contingente di velivoli senza piloti con cui stanno dando la caccia ai leader del gruppo qaedista somalo al Shabaab e di quello yemenita Aqap. Per il Nordafrica, invece, Washington ha chiesto la partnership di Tunisia e Niger (dove ci sono anche i francesi). I giornalisti americani che si sono occupati della storia sottolineano che non è la prima volta che Belmokhtar viene dichiarato morto (e parte della sua fascinazione si lega anche a questa lunga caccia a cui via via è sfuggito, per esempio a giugno del 2013, agosto del 2015, febbraio del 2016). Le firme esperte di Gordon Lubold e Matthew Dalton sottolineano anche che in questo momento c’è “un nuovo livello di cooperazione tra la Francia e gli Stati Uniti sul targeting dei militanti”. La questione collaborazione è piuttosto sottolineata anche dalle fonti anonime del pezzo, sia francesi e che americane: in pratica, ammesso che il Guercio sia stato eliminato davvero, si sarebbe trattato di un’operazione congiunta nella quale le intelligence americane e francesi hanno collaborato per passare i dati definitivi ai bombardieri dell’Armee de l’Air. Di più, sarebbe la prima volta che Parigi conferma, anche se ancora in via ufficiosa, di aver condotto attacchi aerei in Libia (dove ha avuto un ruolo ambiguo, anche in appoggio dell’opposizione al governo promosso dall’Onu, e in contrasto non dichiarato con la politica americane ed europea in generale).

LA PARTNERSHIP

Scrive il WSJ a proposito della collaborazione di intelligence stretta tra Parigi e Washington proprio l’anno scorso di questi tempi, dopo l’attentato del Bataclan: “L’accordo è stato ampliato in silenzio, con la maggiore condivisione di informazioni e la cooperazione di intelligence, hanno detto i funzionari”. “Quello che è successo è interessante, considerando che c’era già stato un bombardamento anonimo in novembre, sempre nel Fezzan, ossia nella regione desertica meridionale della Libia, contro un componente di al Qaeda nel Maghreb Islamico (gruppo a cui appartiene anche la fazione guidata da Belmokhtar, ndr)”, commenta con Formiche.net Alessandro Pagano Dritto, esperto della situazione in Libia, curatore del blog “Cronache libiche” (che osserva da diversi anni le vicende del paese nordafricano) e collaboratore di Limes. “Gli Stati Uniti in precedenza avevano negato il coinvolgimento. Ma non sarebbe nemmeno la prima volta che il WSJ porta alla luce cooperazioni alleate prima non particolarmente esposte: vedi il caso dell’utilizzo americano delle basi italiane per colpire la Libia, uscito ai tempi dei bombardamenti statunitensi su Sebratha a febbraio“.

L’IRAQ E NON SOLO

Il mese scorso, l’inviato del Foglio Daniele Raineri ha raccontato di un modus operandi analogo, ma a parti invertite, in Iraq: alcuni contatti preziosi all’interno del territorio controllato dallo Stato islamico passano informazioni importanti sugli spostamenti dei leader dello Stato islamico ai curdi, che le verificano e poi le girano a uomini dei servizi segreti francesi che si trovano in un ufficio all’interno dell’aeroporto internazionale di Erbil (Kurdistan iracheno). Qui vengono sottoposte a un’altra serie di incroci e verifiche e poi vengono girate agli americani, che seguono le fasi finali dell’airstrike: “I francesi hanno cominciato questo tipo di operazioni, dice la fonte, dall’anno scorso, prima del massacro di Parigi del novembre 2015”, scrive Raineri. E a giudicare da come e quanto la catena di comando dello Stato islamico sia stata decimata, il programma operativo funziona. Una collaborazione simile, secondo la rivista Intelligence Online, vicina ai servizi francesi, c’è anche tra la Direction Nationale du Renseignement et des Enquetes Douanieres e l’Fbi: obiettivo è in questo caso il mondo online, in particolare quello del Darknet, dove i traffici e le comunicazioni dei terroristi si muovono ancora in buona libertà (in un’altra analisi, sempre Intelligence Online racconta del ruolo di primo piano che gli 007 europei stanno svolgendo sui fronti caldi della lotta all’IS, Raqqa e Mosul). La situazione è abbastanza seria, i francesi temono nuovi attacchi durante il periodo di Natale, mentre in questi giorni gira un nuovo video-tutorial in cui un jihadista dello Stato islamico di origini transalpine mostra come sgozzare un ostaggio (è macabro, ma è il modo meno efferato per descriverlo), e mentre gli Stati Uniti hanno designato terrorista il francese Abdelilah Himich, aka Abu Suleiman al-Faransi, prominente leader baghdadista considerato il pianificatore degli attacchi di Parigi dello scorso anno. Un segnale di come questa partnership si stava stringendo si ebbe anche un paio di mesi fa, quando i francesi schierarono per primi l’artiglieria sui bordi meridionali di Mosul, per sostenere l’avanzata verso la capitale dello Stato islamico. Parigi e Washington, con Fillon (o Le Pen), potrebbero essere allineati anche su qualcosa in più delle fasi operative, facendo diventare la Francia il primo referente europeo americano: è una speculazione su una realtà futura che andrebbe a discapito di Londra, in affanno con la Brexit.



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