In gergo lo chiamano “la cattedrale”. Non siamo dentro un racconto di Raymond Carver, ma al Centro polifunzionale della Protezione civile a Castelnuovo di Porto, una quarantina di km a nord di Roma. Questo è il seggio – un seggio gigante che ne conterrà 1.400 – che potrebbe risultare decisivo per il risultato finale del referendum costituzionale. Qui, infatti, sono giunti i voti degli italiani all’estero: circa un milione e mezzo di voti (ma il risultato definitivo lo si potrà sapere solo domenica pomeriggio), tra il 3 e il 5% dell’elettorato. Se il risultato sarà al foto finish, sarà proprio il voto all’estero a risultare decisivo. Matteo Renzi l’ha capito subito e infatti, a fine settembre, ha spedito Maria Elena Boschi a fare campagna elettorale in Sudamerica, viaggio che ha suscitato alcune discussioni. Poi sono seguite altre polemiche, come le lettere spedite dal premier ai 4 milioni di potenziali elettori, con la missiva che spesso è arrivata a destinazione insieme al plico per votare. Infine, i sospetti di brogli, basati sulle passate consultazioni.
Da quando è entrato in vigore con la legge di Mirko Tremaglia del 2001, infatti, sul voto oltre confine si è visto un po’ di tutto: schede false oppure già votate, plichi mai arrivati a destinazione, grandi pressioni delle varie associazioni di italiani all’estero e patronati locali, schede annullate. Tanto che un’informativa della principale dirigente della Farnesina in materia, l’ambasciatrice Cristina Ravaglia, dopo le Politiche del 2013 aveva denunciato “gli effetti potenzialmente distorsivi dell’impianto vigente”. La maggiore difficoltà è quella della certificazione del voto: quando arriva a casa il plico, nessuno può sapere se è proprio il destinatario a mettere la croce sulla scheda o qualcun altro.
Detto questo, ormai i giochi sono fatti e oggi si apre il grande circo di Castelnuovo: è in questo hangar di 43 mila metri quadri che sono stati montati i 1.400 seggi dove, alle 23, inizierà lo scrutinio. E anche qui in passato le cose hanno funzionato male: spesso i seggi sono rimasti vuoti per l’assenza di scrutatori e presidenti, con la conseguenza di iniziare tardi e a rilento. E qui, nel 2008, sono state annullate circa 10 mila schede palesemente false giunte dalla Svizzera. Inoltre il tutto avviene in un caos indescrivibile con circa 10 mila persone presenti tra scrutatori, rappresentanti di lista e esponenti delle forze dell’ordine. “Per registrare il voto bisogna collegare il numero sulla scheda a quello dei registri elettorali, come avviene in Italia. Nel 2008 c’erano 1200 seggi esteri e ognuno corrispondeva a 3 mila elettori: gli scrutatori per ogni voto dovevano spulciare registri giganteschi dove i numeri spesso non figuravano in ordine progressivo. Così, il più delle volte, si passava alla convalida saltando questa operazione, in maniera del tutto irregolare”, racconta un ex rappresentante di lista dell’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, presente a Castelnuovo in diverse occasioni. “Tutto avviene all’insegna della più totale disorganizzazione. A un certo punto anche solo utilizzare i bagni era diventato un problema”, continua la nostra fonte.
Insomma, una sorta di girone dantesco, che però potrebbe risultare decisivo per la vittoria del Sì o del No, come fu nel 2006, quando il centrosinistra guidato da Romano Prodi ebbe la maggioranza a Palazzo Madama proprio grazie ai 6 senatori eletti all’estero (i deputati “stranieri” invece sono 12). Gli scatoloni con le schede sono arrivati tutti: la maggior parte dall’Europa, la zona del mondo con più aventi diritto (2.102.788 elettori), seguita da America latina (1.265.133), poi Nord America e Africa-Asia-Oceania. Un voto contestato, quello estero, perché per essere iscritti all’Aire, il registro della Farnesina, basta anche solo un nonno italiano. In pratica possono votare anche persone che della politica italiana non sanno nulla. Quest’anno gli elettori saranno anche di più, perché hanno potuto votare anche i residenti temporanei. Per questo motivo al Viminale circola la cifra di 1 milione e mezzo di elettori, quando in passato non ha mai votato più di 1 milione e 200 mila, ovvero il 30% degli aventi diritto.