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Ecco errori e abbagli di Matteo Renzi. Il commento di Enrico Mentana

Autosufficienza. Orgoglio. Solitudine. Molti nemici molto onore? Sono considerazioni e interrogativi esternati via Facebook da Enrico Mentana. Il direttore del tg de La 7 oggi ha analizzato sia la sconfitta al referendum del 4 dicembre ma anche gli ultimi mesi del governo Renzi. E sul futuro, il giornalista e direttore del telegiornale della televisione di Urbano Cairo dice: “Il Pd un altro Renzi non lo ha”.

Ecco il post completo che stamattina Mentana ha pubblicato sul suo profilo Facebook:

Renzi è stato per tre anni il centro di gravità della politica italiana. Su di lui si sono costruite speranze, alleanze, timori e ostilità, equilibri di potere e assi di opposizione. Lo schema già sperimentato con Berlusconi, ma in tempo di tripolarismo, e quindi con maggiori rischi per il più diretto interessato. Renzi lo sapeva, e non per caso il suo primo atto da segretario fu il patto del Nazareno. Una doppia maggioranza, quella di governo e l’altra più ampia per le riforme, ma anche due patti leonini, con i transfughi del Nuovo Centro Destra e con il Cavaliere ineleggibile. Fin quando questo schema a doppia geometria ha retto Renzi è stato il dominus indiscusso.

La vittoria a valanga delle Europee lo ingannò su due punti: una dimensione del pd renziano già stabilmente a quota quaranta, e su essa fu plasmato l’Italicum; e l’inizio del riflusso elettorale del m5s. Abbagli fatali. A quel punto Renzi si illuse di poter fare a meno di tutti: impose Mattarella al Quirinale, scaricò Berlusconi, imbarcò Verdini per blindare una maggioranza meno presentabile ma tutta sua, accelerò sulla renzianizzazione del partito e cercò di imporsi come uomo nuovo anche sulla scena europea. Così in un colpo solo ruppe con l’elettorato di destra, fece ricompattare Berlusconi e Salvini-Meloni, diede nuovi argomenti all’artiglieria critica grillina, eccitò la minoranza interna e si chiamò a bersaglio degli eurofobici.

Molti nemici molto onore? Forse: ma troppi nemici sconfitta certa, anche per gli errori di fondo di cui ho già scritto su giovani e riforma della scuola (che considero i vizi capitali), per la difficoltà del paese a incrociare la ripresa economica, e per la questione delle banche, un veleno che ha corroso molto consenso, oltre a gambizzare la figura più forte del renzismo dopo il premier.

Renzi aveva bisogno di una legittimazione popolare, quella che non ebbe quando espugnò Palazzo Chigi. La riforma costituzionale fu costruita anche per lo scopo di diventare il referendum sul renzismo realizzato (lo prova il titolo del disegno di legge, già costruito ab ovo per diventare quesito referendario). Credo che il plebiscito lo abbia perso per tutte queste cose, ancora troppo vicine per consentirgli di restare sulla scena come se nulla fosse accaduto. Il rischio è di pagare ulteriormente pegno, e un altro Renzi il Pd non lo ha.



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