Non c’è quindi pace sotto l’austera statua di Marco Aurelio, che sovrasta la michelangiolesca piazza del Campidoglio. Ci voleva anche la bocciatura del bilancio preventivo del Comune di Roma da parte dell’Oref, l’organo interno di revisione dello stesso Comune. La prima volta che questo capiti. Negli anni passati la bocciatura scontata era venuta da parte delle opposizioni. Ma mai da una struttura interna. Spia evidente della scarsa capacità di comunicazione con i propri uffici, seppure posti in posizione di autonomia, da parte della Giunta. Soprattutto da parte dell’assessore preposto alle cure degli assetti finanziari. Secco, come un colpo di pistola, il relativo comunicato. L’Oref “non ritiene sufficienti gli spazi di finanza pubblica necessari al rispetto degli equilibri finanziari in relazione alle necessità che potrebbero rilevarsi rispetto al riconoscimento dei debiti fuori bilancio, alle passività potenziali comunque presenti e a tutte le criticità evidenziate”.
Quindi: pollice verso. Una sorta di epitaffio che la dice lunga sullo stato comatoso in cui versano le finanze della Capitale d’Italia. Scontate le reazione delle opposizioni: pronte a denunciare un disastro non solo annunciato. Ma punteggiato da una crisi politica che sembra infinita. Appena messo a posto, con difficoltà, qualche tassello, ecco una nuova grana. Risolto, seppure in modo rocambolesco, il caso Frongia, Romeo e Marra, mentre pende il giudizio della Magistratura sulle nomine finora effettuate, ecco un episodio ancora più grave. Che rischia di avere conseguenze nefaste. La bocciatura del bilancio comporterà, inevitabilmente, il ricorso all’esercizio provvisorio. Che bloccherà, di conseguenza, qualsiasi decisione al di fuori dell’ordinaria amministrazione. Nel frattempo i conti dovranno essere rifatti. Quindi nuovamente sottoposti all’approvazione del Consiglio ed infine inviati agli Organi di controllo regionali. Se qualcosa dovesse andare ancora storto non resterebbe che giungere al commissariamento, come previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c del decreto legislativo 267 del 2000. Il Testo Unico sugli Enti locali, le cui norme hanno già dato tanti dispiaceri a Virginia Raggi.
Forse per Beppe Grillo sarebbe una liberazione. Giungere all’estromissione del sindaco, senza doversi sobbarcare delle discussioni e delle polemiche all’interno del Movimento. Con i tre “cavalli di razza” – che gli ex DC ci perdonino – Fico, Di Maio e Di Battista in permanente lotta per la conquista dell’ambito posto di possibile candidato alla futura presidenza del Consiglio. Ma per ritornare al dato del contendere: sono giusti i rilievi dell’Oref? Confessiamo che non siamo in grado di rispondere. Il bilancio di previsione è un documento top secret. Che non è possibile consultare. Lo avranno avuto forse i consiglieri. Ma nel sito ufficiale di Roma Capitale una mesto messaggio reca la scritta:”Bilancio 2017 – 2019 (in predisposizione)”. Un altro piccolo colpo alla mitologia della trasparenza, della comunicazione in streaming, del presunto rapporto organico con i “cittadini”.
Ed allora non resta che prendere per oro colato le parole su Facebook del capogruppo Paolo Ferrara: “Senza pudore. Le opposizioni, Pd in testa, si permettono di applaudire e gridare all’annuncio in aula del parere non favorevole dell’Oref sul bilancio di previsione 2017-2019 di fronte al rischio di dover operare in dodicesimi, senza poter programmare gli interventi per la città, loro esultano. Questo è il loro rispetto per i romani. Ma si rassegnino: noi non molliamo e faremo di tutto per difendere i diritti dei cittadini”. Come se tutto ciò fosse stato la conseguenza di una calamità naturale. E non il frutto avvelenato ed inevitabile di un’insipienza politica ed amministrativa più volte dimostrata.
Dispiace solo per Massimo Colomban, persona seria venuta dal profondo Nord, su scelta, a quanto si dice, del giovane Davide Casaleggio. Un passato imprenditoriale di tutto rispetto. Un’azienda – la Permasteel Industries Pty Ltd – divenuta in breve un multinazionale. Poi ceduta ad investitori esteri. Soprattutto un self made man, partito dalle retrovie per divenire un capitano d’industria. Gli avevano proposto di fare il vice-sindaco. Carica gentilmente, ma fermamente, rifiutata. Continuerà ad essere l’assessore alle partecipate. Nella difficilissima impresa di dare respiro ai tanti carrozzoni comunali. Anche lui dovrà vedersela con i limiti posti alla gestione del bilancio, nelle more della sua non scontata approvazione. Insomma: un bagno di sangue. Che solo la supponenza dei grillini romani, giunti impreparati all’appuntamento della loro vita, poteva produrre.