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Tutte le lacune della giunta di Virginia Raggi a Roma

Sono passati più di 100 giorni (162 per l’esattezza) dal giorno in cui Virginia Raggi è stata incoronata sindaco di Roma. Quella che doveva essere la sua luna di miele è decisamente tramontata, senza essersi consumata nel rapporto con la città. E lo stesso Beppe Grillo non fa mistero del suo disappunto. Deciderà qualcosa, se potrà farlo, dopo il referendum: vero spartiacque della politica italiana.

Nel frattempo la Capitale smotta sempre più velocemente verso un suo triste destino. La nostra non è impazienza. Siamo perfettamente consapevoli dei problemi immensi che gravano sulla città. Li abbiamo documentati in un paper che è facile rintracciare su internet. Basta cliccare su “Roma reset”. Ma quello che sta avvenendo va oltre ogni immaginazione.
Tanti gli episodi recenti che fanno correre un brivido lungo la schiena: dal duro giudizio dell’Acer (“non ha visione”) alle continue gaffe con il Vaticano. Nel bene e nel male (il fast food appena autorizzato nei pressi della Santa Sede) uno dei protagonisti della complicata vita della città. Ma alcune cose sono decisamente fuori dalla grazia di Dio. Ancora, oggi, infatti, il posto di Capo gabinetto è vacante. Lacuna grave se si considera che questa figura istituzionale è il vero motore della macchina capitolina. Ed è imbarazzante guardare l’organigramma pubblicato sul sito del Comune. Quelle caselle vuote che recano solo il nome del Vice capo di gabinetto vicario: Virginia Proverbio. Laurea in scienze politiche. Una vita spesa nell’Amministrazione comunale e ultima sopravvissuta del team nominato da Francesco Paolo Tronca. Il prefetto chiamato a sostituire Ignazio Marino.

La mancanza di un vertice amministrativo – tale è il peso ed il ruolo del Capo di gabinetto – è lacuna grave dal punto di vista della trasparenza. Significa che sono altri a svolgere quelle funzioni così delicate, in maniera occulta. Chi? In una recente interrogazione del Sen. Lucio Barani, presidente del gruppo ALA, il nome che risalta è quello di Raffaele Marra. Questi sarebbe stato presente anche all’incontro tra Raffaele Cantone (presidente dell’Anac) e Virginia Raggi, il 29 agosto scorso: quando si doveva decidere del destino di Carla Romano Raineri. Ed è allora che l’atmosfera si tinge di giallo, in un affair che va ben oltre i confini della città eterna.
Che c’entrava, infatti, l’Anac con le vicende interne del Comune di Roma? Tanto più che della questione non era stato preventivamente investita l’Avvocatura del Comune di Roma. Per la verità lo spazio d’intervento dell’Anticorruzione è quasi infinito: ogni tipo di decisione pubblica può essere sottoposta suo al vaglio. Ma proprio per questo – ecco la critica contenuta nell’interrogazione – è essenziale un self-restraint. Vale a dire il rispetto rigoroso delle procedure che portano al successivo pronunciamento. Sono state rispettate? Innanzitutto non vi era il dato del contendere. Raineri era ed è un magistrato. Il suo stipendio quindi è pubblico. Richiamare solo l’articolo 90 del Testo unico sugli enti locali, per fissarne un limite più basso, era quindi improprio. Tanto più che in molti altri casi – dalla stessa Roma a Milano – questo problema non è stato mai sollevato. Ed altri Capi di gabinetto percepiscono somme equivalenti se non superiori. Perché non si è proceduto ad una verifica prima di emettere la sentenza?

C’era poi l’aggravante del parere espresso dal Csm, che concesse l’aspettativa alla diretta interessata. In casi analoghi – Sergio Gallo, capo di gabinetto dello stesso Comune di Roma tra il 2008 ed il 2010 – il riferimento giuridico non fu solo relativo all’articolo citato, ma al 110 del Tuel che consentiva di garantire al magistrato uno stipendio pari a quello prima percepito. Anche questo precedente è stata ignorato dall’Anac.

Infine le questioni, per così dire, di stile. Cantone che si reca direttamente dalla Raggi. Quando in tutti gli altri casi le riunioni avvenivano nella sede dell’Anticorruzione. L’Autorità che decide a tamburo battente. La richiesta perviene il 30 agosto. La delibera “riservata” – altra stranezza – reca la data del giorno successivo ed immediatamente trasmessa al Sindaco “alle ore 16.56, con un pony express”. Una fretta eccessiva che non consente nemmeno di ascoltare l’altra campana. Vale a dire la stessa Raineri, che forse qualche titolo, prima di finire sui giornali, pure l’aveva. Insomma: un piccolo grande pasticcio, che non lascia tranquilli.
Soprattutto non dà tranquillità alla Raineri. Lasciata in eredità al Comune di Roma, in quanto autorevole membro dello staff del Prefetto Tronca, sembra su esplicita indicazione di Beppe Grillo, la sua vita è stata un piccolo calvario. Doveva vedersela, fin dall’inizio, con i triunviri che guidano, di fatto, la macchina comunale. E che rispondono ai nomi di Frongia, l’attuale vice sindaco, Marra, capo delle risorse umane e Romeo, capo della segreteria della stessa Raggi. Personaggi ben noti alle cronache romane a causa dei violenti contrasti che il loro potere ha alimentato anche dentro le fila dei cinque stellati. Da oggi quella profonda frattura non sarà solo l’oggetto dei gossip cittadini. La stessa magistrata ha presentato un esposto denuncia alla Procura della Repubblica. Se ne occuperà Pignatore. Naturalmente dopo il referendum, quando tutti i nodi verranno al pettine.


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