Come annunciato gli Stati Uniti hanno colpito la Russia, accusata dai report delle intellingence americane di essere responsabile di interferenze durante le elezioni presidenziali del mese scorso. Così negli ultimi giorni del suo mandato Barack Obama ha creato un condizionamento per il suo successore Donald Trump, vincitore delle elezioni, imputato beneficiario dell’aiuto russo e dichiarato amico del Cremlino, rendendo operative entro 72 ore da giovedì l’espulsione di 35 elementi dei servizi segreti russi operativi in America tra l’ambasciata di Washington e il consolato di San Francisco (definiti ufficialmente “diplomatici” e ufficialmente dichiarati persona non grata dal dipartimento di Stato per le loro probabili implicazioni nelle vicende di hacking e come risposta ai numerosi maltrattamenti subiti negli ultimi anni dai diplomatici statunitensi in Russia), chiudendo due strutture utilizzate per convegni e altro (a New York e in Maryland) ma considerate compound per scambi di comunicazioni dei servizi russi, e alzando sanzioni contro quattro ufficiali del Gru e tre aziende che hanno provveduto a fornire supporto al settore cyber dell’Fsb. Il Gru è l’intellingence militare, e si crede diriga un gruppo di hacker che si fa chiamare (tra i vari nomi) Fancy Bear e che si ritiene responsabile di buona parte delle operazioni di pirateria informatica che hanno colpito funzionari del partito democratico americano; l’Fsb, l’intelligence federale ex Kgb, sarebbe collegato a un altro gruppo conosciuto come Cozy Bear, implicato anche questo nell’hacking contro i dem.
OBAMA E TRUMP
Obama ha parlato dalle Hawaii, dove sta passando le vacanze natalizie, dicendo che “queste azioni seguono ripetuti avvertimenti pubblici e privati che abbiamo emesso verso il governo russo, e sono una risposta necessaria e adeguata agli sforzi fatti per danneggiare gli interessi degli Stati Uniti, in violazione delle norme internazionali stabilite”. Sono state anche alcune diffuse informazioni declassificate dell’inchiesta che il presidente ha affidato alle intelligence (tipo di attacco, malware, e qualche indirizzo IP), per testimoniare così davanti all’opinione pubblica la vicenda. Il New York Times fa notare che si tratta della più dura risposta presa dagli Stati Uniti per punire un attacco cyber subito. Trump, da Mar-a-Lago, in Florida, dove è in vacanza con la famiglia, ha dichiarato che “dovremmo andare avanti con la nostra vita su cose più importanti e più belle” e annunciato un incontro con i vertici delle intelligence la prossima settimana – nelle settimane passate aveva definito “ridicole” le ricostruzioni dell’intelligence sull’aiuto fornito dalla Russia per facilitare la sua vittoria. Spetterà proprio a Trump decidere dal 20 gennaio in poi se mantenere in piedi o alzare le sanzioni applicate da Obama: l’incastro sta nel fatto che se il prossimo presidente dovesse decidere di abolire le imposizioni attuali, significherebbe andare contro e disconoscere i risultati di un’approfondita indagine condotta dalla propria intelligence (anche se i rapporti momentanei di Trump con le agenzie non sono ottimali).
L’AVVISO E L’INDECISIONE
L’amministrazione americana ha discusso per lungo tempo quale fosse il metodo più adatto per colpire la Russia e come renderlo pubblico: Obama voleva evitare ritorsioni proprio durante le votazioni, e subito dopo non voleva correre il rischio di delegittimare il risultato, per altro passando per rancoroso riguardo alla sconfitta della candidata democratica Hillary Clinton, sua compagna di partito, e per questo ha ritardato la decisione. Dal punto di vista tecnico Obama ha semplicemente ampliato i comma di un ordine esecutivo del 2015, inserendo la possibilità di alzare rappresaglie contro chi lavora per “manomettere, alterare, o causare una appropriazione indebita di informazioni, con uno scopo o con l’effetto di interferire o minare processi elettorali o istituzioni” politiche. L’annuncio della dura reazione (che tuttavia ha scadenza tra poco meno di un mese, dovesse Trump non rinnovarla) è anche un avviso diretto ad altri paesi, come Cina, Iran e Corea del Nord, che in passato hanno condotto attacchi cibernetici contro attività americane; e in questo si complica la vita del presidente eletto che abolendo il provvedimento potrebbe far passare al contrario un messaggio di debolezza.
CHI C’È SOTTO LA SCURE
I funzionari colpiti dalle sanzioni sono Igor Valentinovich Korobov, l’attuale capo del GRU, e tre suoi vice: Sergey Aleksandrovich Gizunov, Igor Olegovich Kostyukov, e Vladimir Stepanovich Alekseyev. Per loro l’accusa è di aver organizzato materialmente gli attacchi informatici contro i sistemi dei Democratici, e poi aver provveduto a passare le informazioni sottratte dagli hakcer ai punti di diffusione come WikiLeaks. Le tre società collegate all’Fsb colpite sono invece lo Special Technologies Center, specializzata nella signal intelligence e operativo a San Pietroburgo; la Zor, ditta di sicurezza informatica che è anche conosciuta anche come Esage Lab; e l’Autonoma Organizzazione non-commerciale Associazione professionale di progettisti di sistemi di elaborazione dati, “il cui lungo nome”, hanno spiegato i funzionari al Nyt, “è la copertura per un gruppo che ha fornito una formazione specifica per l’hacking”. Da Mosca il commento, che ha accompagnato dichiarazioni di innocenza, è ruotato proprio intorno al rancore di Obama, arrivato ormai a fine mandato e deciso a punire Vladimir Putin dopo che dal 2014 i rapporti si sono inesorabilmente deteriorati, ma non ha escluso ritorsioni.