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Romano Prodi e i prodiani fra Sì, No e Ni al referendum

Romano Prodi

Alla fine il via libera del Professore è arrivato. Attesissimo nel Pd, in parte temuto dall’area ulivista schierata per il No, costato molta fatica all’ex Presidente del consiglio che voleva tenersi alla larga da questa discussione. Ma a pochi giorni dal voto Romano Prodi ha dovuto cedere e ieri pomeriggio ha annunciato ai quattro venti che voterà Sì al referendum costituzionale. Lo ha fatto dopo mesi di silenzio su questo argomento, dopo aver giurato di non voler rivelare nemmeno sotto tortura quale fosse il suo orientamento per evitare di calarsi in una battaglia politica che non lo convinceva (e non lo convince) affatto. Come peraltro ha ribadito nella sua nota diramata alle agenzie (qui il testo integrale), nella quale non risparmia stoccate allo stesso Matteo Renzi.

LE RAGIONI (SOFFERTE) DEL PROFESSORE

In calce al suo intervento, Prodi fa sapere a tutti di aver vergato quelle parole direttamente da Londra. Un modo per lanciare un messaggio di distacco e lontananza dalle beghe italiane. Le ragioni che lo spingono a esplicitare la sua posizione sono “profonde”, dice lui, che prima di arrivare al nocciolo della questione riserva una (indiretta) ramanzina al premier Renzi per aver personalizzato lo scontro. “Era chiaro – scrive – che se si voleva chiedere una decisione sul contenuto della riforma costituzionale lo si sarebbe dovuto separare, come saggiamente da alcuni proposto fin dall’inizio dell’estate, dalla sorte del governo”. Le ragioni del Sì di Prodi affondano invece nell’Ulivo, perché – puntualizza – “la mia storia personale è stata tutta nel superamento delle vecchie decisioni che volevano sussistere nonostante i cambiamenti epocali in corso”. Le riforme proposte, incalza, “non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie” (in un altro passaggio liquida la riforma come “modesta”), tuttavia “per la mia storia e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento delle nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”.

ULIVISTI DIVISI

Il referendum costituzionale ha diviso il campo prodiano, come descritto da Formiche.net in tempi non sospetti. Al drappello di ulivisti doc schierati per il Sì, tutti fedeli collaboratori del Professore – a partire dall’ex portavoce e ora vicepresidente del Pd Sandra Zampa –, ha fatto da contraltare il No espresso da un pezzo rilevante della famiglia Prodi (dal fratello maggiore, lo storico Paolo Prodi, alla nipote Silvia Prodi, consigliera del Pd in Emilia-Romagna), così come da esponenti di primo piano della galassia prodiana, a partire dal senatore Franco Monaco. Che il Professore propendesse per il sostegno alla riforma Renzi-Boschi, pur senza particolari entusiasmi, lo aveva anticipato alcuni giorni fa il Corriere della Sera. Poi ieri, davanti alla pubblicazione della nota stampa, gli ulivisti per il Sì hanno iniziato a gongolare: la stessa Zampa ha parlato di “bellezza delle parole di Prodi” chiamando le truppe alle armi: “Ora tocca a noi essere all’altezza”. Il sottosegretario agli Affari europei Sandro Gozi ha twittato un “Sì per l’Ulivo, per una democrazia che decide, per un’Italia più forte in Europa”. Soddisfatta anche la senatrice Anna Finocchiaro per il fatto che i fautori dell’Ulivo abbiano espresso il sostegno alla riforma, mentre da Pierluigi Bersani e da Massimo D’Alema (ulivisti di sinistra in campo per il No) si sottolinea come quello del Professore non sia un Sì entusiasta, senza voler entrare in polemica. Chi invece ha aperto il fuoco (ma non contro Prodi) è stato Arturo Parisi, ex ministro della Difesa e tra i fondatori dell’Ulivo; dopo aver già annunciato urbi et orbi il suo Sì, qualche giorno fa dalle colonne di Repubblica ha attaccato a muso duro il premier Renzi (qui l’intervista): “Senza il suo comportamento – ha scandito – un referendum di tutti non sarebbe mai diventato il referendum di Renzi e su Renzi. Il rischio è ora che il match di Renzi contro tutti diventi il match di tutti contro Renzi. Io voterò Sì ma pieno di rabbia”. Chiude il cerchio del fronte prodiano la posizione attendista di Rosy Bindi che ancora persevera nel suo ostinato silenzio. Ma al referendum mancano ancora alcuni giorni, c’è tutto il tempo per sciogliere le riserve.

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