Preferisco evitare le polemiche politiche perché non è il mio mestiere e perché mi pare che i militanti di ciascun partito tendano a sostenere a scatola chiusa le tesi del proprio leader attaccando acriticamente tutte le altre. Cerco invece di dare il mio contributo per condividere informazioni concrete sui temi che conosco un po’ meglio, e di dare a ciascuno l’occasione per riflettere e discutere su dati reali.
Fra le numerose critiche ai precedenti approfondimenti sul cosiddetto programma energetico di Beppe Grillo, una in particolare è abbastanza educata e contesta l’affermazione:
“Se il M5S vuole chiudere di botto l’importazione di energia elettrica dall’estero deve dire dove trovare il 14,6% dell’elettricità che ci serve se i consumi 2017 risulteranno uguali a quelli del 2015. Visto che la quota di energia elettrica importata era aumentata del 6,1% dal 2014 al 2015, dovrà tenere conto che il trend rimarrà in aumento anche nel 2017. Parliamo, quindi, di più di 50 miliardi di kWh, forse parecchi di più”.
Purtroppo non si può che confermare che l’Italia importa il 14,6% del proprio fabbisogno elettrico dall’estero. Secondo gli ultimi dati 2015 del Gruppo Terna, dell’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas ed il Sistema Idrico, incrociati con quelli dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, quasi la metà (26.164 GWh) arriva dalla Svizzera (che lo ricava al 36,4% dal nucleare), un terzo (16.328 GWh) dalla Francia (76,3% dal nucleare), il resto (rispettivamente 6.210 e 1.552 GWh) da Slovenia (38,0% dal nucleare) e Austria (0%). Nel 2015 abbiamo importato 592 GWh persino dalla Grecia. Totale: 50.846 GWh di energia elettrica acquistata all’estero.
La dipendenza nucleare italiana potrebbe essere anche peggiore di questa perché la produzione delle centrali atomiche, per loro stessa natura, non è facilmente adattabile alla domanda istantanea. I surplus vengono di solito conservati pompando acqua da un bacino inferiore ad uno superiore per poi farla ricadere in una turbina quando serve. In questo caso, però, non si può parlare di energia idroelettrica ma di energia di origine nucleare provvisoriamente immagazzinata come energia idroelettrica.
In realtà, oltre a importare proprio i 50 miliardi di kWh di cui parlavamo già nel precedente articolo, l’Italia nel 2015 ha esportato 4.465 GWh proprio verso le stesse cinque nazioni, per cui il bilancio netto importazioni-esportazioni scende a 46.381 GWh. Ma non si possono semplicemente conguagliare le due cifre perché abbiamo detto che l’energia elettrica, una volta prodotta, deve essere immediatamente utilizzata. Per questo, quando un Paese si trova ad avere un momentaneo surplus di energia può trovare più conveniente venderlo all’estero piuttosto che disperderlo.
L’autosufficienza energetica con il solo utilizzo delle fonti rinnovabili è un obiettivo ambizioso ma ancora tecnicamente non realizzabile. Per questo, in attesa che i centri di ricerca universitari e industriali facciano la loro parte (magari con l’appoggio concreto delle istituzioni) e sviluppino nuovi sistemi efficienti e diffusi per la cattura e l’impiego delle energie rinnovabili, dovremo cavarcela ancora per qualche anno con il pacchetto delle energie fossili e con l’aiuto dell’energia nucleare importata dall’estero.
Con questo, spero di aver contribuito a offrire un ulteriore spunto di riflessione concreto.