“La ricezione, da parte del portavoce, di “informazioni di garanzia” o di un “avviso di conclusione delle indagini” non comporta alcuna automatica valutazione di gravità dei comportamenti potenzialmente tenuti dal portavoce stesso, sempre salvo quanto previsto al punto 5’’ (il dovere del portavoce d’informare l’organizzazione in caso di problemi giudiziari). È un brano tratto dal “Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie’’. I commentatori ne hanno colto – con stupore, talvolta anche con ironia – il profilo garantista. In base alle nuove regole, pur riservandosi il Movimento di esaminare i singoli casi e di assumere le opportune decisioni, viene superato il peccato originale che aveva caratterizzato la vita associativa dei “grillini’’, quando bastava uno sguardo di traverso di un usciere di Tribunale per determinare l’espulsione dei militanti coinvolti. In sostanza, i dirigenti del M5S non si genufletteranno più davanti ai magistrati. La domanda è: lo faranno solo per gli appartenenti al MoVimento o diventeranno garantisti anche quando la macchina del fango si riverserà su altri?
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Comunque vada a finire, il Codice di comportamento del M5S è un atto di intelligenza politica. Grillo e i suoi accoliti si sono accorti che le procure avevano scoperto il loro “tallone di Achille’’. Era sufficiente incolparli di qualcosa per metterli con le spalle al muro. Con le nuove regole è come se si fossero liberati di un complesso, avessero curato una nevrosi, che li esponeva alla mercé degli avvisi di garanzia. In fondo bastava soltanto trovare la forza di non farci più caso.