Una dopo l’altro si spengono le stelle del Movimento che avrebbe dovuto rigenerare – non si sa come – la politica italiana. La comicità alla fine ha avuto la meglio sulla velleità. Non ci resta che ridere. E’ pur sempre qualcosa dopo un quinquennio di balle stellari raccontateci da un manipolo di parvenu con la pretesa di diventare rivoluzionari di una rivoluzione della quale loro stessi non hanno mai capito il senso, forse per la buona ragione che un senso non l’aveva. Ci siamo attorcigliati – tanto i media quanto i cittadini comuni – a cercare di decifrare un simil-partito nato da un’impresa informatica, cresciuto sull’onda di un’aggressione costante portata alle istituzioni da parte di un comico di talento, entrato in Parlamento, oltre che nei consessi locali, con i suoi eletti reclutati attraverso il web, baciato dal vento della gloria con la conquista del Campidoglio. E al culmine della passeggiata stellare negli ambulacri del potere, come per un sortilegio tutto s’è sbriciolato. Le stelle, dunque, sono cadute.
Si indagherà a lungo sulle cause dell’evento, ma per ora non c’è bisogno di andare molto lontano per capire che il disfacimento del “grillismo” era scritto nel suo stesso inizio. In principio non c’era niente. Il vuoto è stato riempito, poco per volta, dall’inettitudine delle forze politiche tradizionali che avevano talmente disgustato con i loro atteggiamenti una buona parte di cittadini-elettori da indurli a riempire i capaci sacchi approntati da un Movimento indecifrabile, eppure in grado di appropriarsi del risentimento della gente. E’ accaduto numerose volte nella storia delle democrazie. E accadrà ogni qualvolta la politica farà scempio delle sue stesse prerogative umiliandosi o prostituendosi ad altri poteri non deputati a rappresentare le ragioni del popolo.
Dal canto suo, Grillo con la banda di improvvisati “statisti” messa su grazie all’intelligenza organizzativa di Gianroberto Casaleggio, non ha fatto altro che ramazzare il disgusto e tentare di capitalizzarlo ai suoi fini. Ma quando si è dovuto confrontare con la politica, i nodi sono venuti al pettine e la terra si è aperta sotto i piedi dei Cinque stelle inghiottendoli. Si è avuta la prova che la politica non è il prodotto dell’impasto della demagogia con la rabbia raccolta come manna piovuta dal cielo. Almeno la buona politica. E, francamente, di idee politiche negli ultimi cinque anni non ne abbiamo sentita neppure una provenire dal mondo pentastellato. Sì, certo, qualche massiccio raduno ludico-comiziesco, alcuni giri d’Italia consumando benzina e inquinando borghi e città, un bel po’ di turpiloquio e quell’ossessione per i soldi, gli scontrini, la cassa o le casse del partito, dei cittadini e della casta…Un po’ poco, come il reddito di cittadinanza o qualche altra estemporanea e chiassosa espressione tanto per certificare l’esistenza in vita di un movimento politico improbabile.
Alla prova dei fatti, i Cinque stelle hanno cominciato a contare le piaghe che giorno dopo giorno avevano preso ad affliggerli. Alla fine del 2013, l’anno migliore della loro ascesa, sostenevano il “Mattarellum” come garanzia di equilibrio rappresentativo; un anno dopo avversavano l’Italicum giudicato strumento antidemocratico confezionato contro di loro; poi, dopo l’esito referendario, l’Italicum tornava inaspettatamente adeguato alla bisogna purché si votasse immediatamente ripudiando il “Mattarellum” offerto da Renzi come base di discussione.
C’è una logica in tutto questo? Ma certo, soltanto il tornaconto di arruffoni che da euroscettici improvvisamente, da un giorno all’altro (letteralmente) diventano euroentusiasti: decidono, infatti, di lasciare il gruppo dell’Efdd, del quale fa parte l’Ukip di Nigel Farage, per aderire a quello degli europeisti che più non si potrebbe: l’Alde di ispirazione liberal-democratica. Chi l’ha deciso? Ma il Web, naturalmente, con una consultazione di qualche minuto indetta dal solito Grillo. Il novanta per cento degli aventi diritto al voto non sapevano e non sanno che cos’è l’Alde. Avevano forse capito che l’Unione europea e l’euro dovevano essere abbattuti prima o poi. Dunque, come si giustificava (e perché soprattutto) la richiesta, respinta con sarcasmo dagli europeisti importunati con malagrazia, di celebrare un matrimonio di pura convenienza: posti, finanziamenti, prestigio, eccetera? E come si giustifica il ridicolo passo indietro, il ritorno all’ovile, dopo la presa d’atto della “bocciatura” da parte dell’Alde, ridimensionati e sostanzialmente umiliati? Con la brama di potere, unico motore che fa girare le ambizioni dei grillini. Altro che diversità…
In Italia le cose non andavano meglio, come si sa, l’incauta incursione europea ha peggiorato il quadretto non idilliaco offerto dai grillini.
Dal caso Pizzarotti al caso Raggi, ed ora dall’euro-figuraccia, il M5S è una antologia di naufragi annunciati caratterizzati da contraddizioni talmente evidenti da chiudere definitivamente il discorso, come testimonia il neo-garantismo scoperto a scoppio ritardato, o meglio quando a scoppiargli nelle mani è stato il fallimento dell’amministrazione capitolina.
“Onestà, onestà!” sospettavamo (e non ci voleva molto) che fosse soltanto uno slogan. Ma pure gli slogan vanno supportati da un minimo di coerenza. Tranne che per i “rivoluzionari”, ai quali, si sa, tutto è permesso, come stiamo constatando. Perfino l’eutanasia. A meno che i partiti tradizionali che di fatto hanno costruito questo incredibile meccano dell’antipolitica rappresentato dal M5S, non lo facciano ripartire alimentandolo con la loro ben nota dabbenaggine.