Una fonte dell’esercito algerino ha raccontato al sito inglese Middle East Eye che la Russia avrebbe un piano (finora) segreto per aggirare l’embargo sulle armi che il Consiglio di Sicurezza dell’Onu (e dunque anche la Russia stessa) ha imposto sulla Libia. Il piano servirebbe a passare rinforzi tecnologici a Khalifa Haftar, il generale che ha il controllo dell’est libico. “Non possiamo aspettare in eterno” dice la fonte riferendosi al percorso intrapreso mesi fa da Fayez Serraj, il premier che le Nazioni Unite hanno disegnato come guida del processo politico siglato a dicembre 2015 che ha come fine ultimo la creazione del cosiddetto Gna, il governo di accordo nazionale (la pacificazione tra Tripolitania e Cirenaica, in guerra civile più o meno aperta da anni). Lo stallo è imposta da Haftar e dalla sua controparte politica, l’HoR, la camera dei rappresentati, l’ultimo parlamento eletto che s’è esiliato a Tobruk e che non dà la fiducia a Serraj (come l’Onu vorrebbe).
HAFTAR E LA KUZNETSOV
Si confermano alcuni rumors già circolati, anche se non c’è nessuna ufficialità. L’accordo, che darebbe veicoli, armi e sistemi di sorveglianza sofisticati nelle mani di Haftar, secondo quanto riportato da MEE è stato firmato l’11 gennaio, quando il generalissimo libico è salito a bordo della portaerei russa “Admiral Kuznetsov” spostata come dimostrazione muscolare davanti alle coste cirenaiche mentre rientrava dalla missione in Siria. Con la mossa Mosca potrebbe aumentare la propria influenza in Nordafrica, allargando il proprio raggio di azione dall’Egitto (che è il principale sostenitore politico di Haftar). E recupererebbe in parte l’entratura costruita ai tempi di Muammar Gheddafi; il rais aveva chiuso con la Russia contratti militari per un valore di 4 miliardi, poi sospesi per la rivoluzione e il successivo embargo. In cambio i russi otterrebbero anche l’uso di strategiche basi navali mediterranee nell’est libico (anche su questo c’erano rumors, ma anche in questo caso non stiamo parlando di conferme ufficiali). L’intesa, secondo le fonti algerine del sito britannico, è stata chiusa dopo incontri a Mosca e ad Algeri (Haftar ha visitato a novembre e a dicembre la capitale russa e algerina) e farebbe passare la armi russe proprio per l’Algeria evitando di trattarle come vendita, ma più come “un sostegno”.
L’UOMO FORTE DELL’INTERA LIBIA?
Gi armamenti che Haftar riceverà dovrebbero servire ufficialmente per combattere le infestazioni terroristiche a Bengasi, dove si trovano cellule dell’IS e altri gruppi combattenti islamisti, non solo jihadisti, collegati anche alle milizie tripolitane che danno sostegno a Serraj. Mercoledì Ganfouda, un quartiere di quelli in cui si combatte, è stato “liberato” dalle forze di Haftar. Ma se Haftar dovesse rinforzarsi anche militarmente per il premier onusiano la situazione si complicherebbe. Da metà settembre le milizie che rispondono al generale hanno preso il controllo dei terminal petroliferi e le cose hanno ripreso a funzionare: mercoledì l’output ha toccato quota 715mila barili giornalieri, il livello più alto dal 2014. Aspetto che rafforza la posizione di Haftar: dopo il sostegno diplomatico concesso ormai apertamente dalla Russia, da reietto con le ore contate com’era in primavera è diventato l’uomo forte dell’intera Libia. Tanto che in un’intervista concessa al Corriere della Sera Serraj, che ringrazia per il ruolo di primo piano “da apripista” che l’Italia sta giocando in Libia (ruolo che però sta attirando addosso l’avversità di alcuni gruppi politico/militari locali, come quelli di Haftar e alcune milizie che detestano Serraj a Tripoli, nonché l’IS), parla della possibilità di dialogare col generale. Mentre mesi fa l’unica soluzione per il cirenaico era arrendersi, lasciare, sparire, Serraj ha annunciato che ci sarà un incontro “a quattr’occhi” al Cairo, e sarà “tra pochi giorni” (non si escludono aperture). Serraj dice che il nodo americano è un punto importante: ossia, anche lui si chiede che cosa farà Donald Trump, continuerà a sostenere Serraj, oppure si allineerà con la visione più pro-Haftar russa (implicitamente scaricando l’Italia, che con Barack Obama era stata il principale alleato di Serraj)? La Rada Force, la milizia che si occupa della sicurezza di Tripoli e di Serraj, ha detto nella serata di mercoledì che un’autobomba esplosa domenica 22 gennaio aveva come obiettivo l’ambasciata che da tre settimane l’Italia ha riaperto nella capitale libica. Secondo la Rada l’attentato non riuscito sarebbe stato organizzato da miliziani legati ad Haftar.