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Donald Trump visto dalla super trumpiana Maglie

Maria Giovanna Maglie e Giulio Terzi di Sant'Agata

“Donald Trump farà notizia finché è vivo, come un cantante, come un attore, perché è un personaggio pop”. È proprio così, come ha detto Maria Giovanna Maglie. Il neopresidente degli Stati Uniti non smette di suscitare interesse, solleticare curiosità, stimolare analisi, ipotesi, domande. Per molti aspetti la presidenza Trump rappresenta una cesura con il passato e per questo affascina e spaventa, seduce e preoccupa. Sala piena, quindi, di ospiti ammirati, silenziosi – e parecchi anche in piedi – in ascolto dell’editorialista Maria Giovanna Maglie, che lo scorso 15 febbraio ha presentato il suo libro al Centro Studi Americani, nel corso dell’incontro “Chi è Donald Trump?”, organizzato dal think tank Amerigo. Il volume si intitola @realDonaldTrump e raccoglie gli articoli redatti per Dagospia, per un anno, a partire dal dicembre 2015, nei quali, sin da subito e controcorrente, la giornalista aveva previsto la vittoria del tycoon. La presentazione del volume è stata l’occasione per fare il punto, insieme a tanti ospiti, sulle prime settimane della nuova presidenza in America e su ciò che l’aspetta. L’incontro è stato moderato da Gian Luca Petrillo, coordinatore Amerigo Roma, e introdotto da Andrea Chiappetta, Junior fellow del Centro Studi Americani.

 LO STAFF DI TRUMP? PERSONE PREPARATE A RICOSTRUIRE UN’AMERICA PERDUTA

“Trump sarà un presidente che intende cambiare le cose e lui e il suo staff sono assai meno ignoranti, improvvisati e sprovveduti di quanto non li si dipinga”, ha detto l’autrice. “Credo che abbiano molto pensato a come ricostruire una certa idea d’America che è andata perduta, specie negli ultimi otto anni, anche se loro individuano, già dalla presidenza Clinton, l’inizio della decadenza del paese. Credo che, però, siano stati gli ultimi otto anni di Obama, quelli che, tra l’altro, hanno consentito la vittoria di Trump”.

DAL GOVERNO DI POCHI A UN CAMBIAMENTO VOLUTO DAL BASSO

Per Pierluigi Testa, presidente del Think Tank “Trinità dei Monti”, l’elezione di Trump è stata l’espressione del profondo disagio della classe media: “Il tema Wall street è cruciale. Trump si è rivolto al suo elettorato, durante la campagna, con una comunicazione molto forte contro Wall street” e se fino a oggi abbiamo assistito a un governo cosiddetto “delle èlite”, la presidenza Trump rappresenta, secondo Testa, un cambiamento voluto dal basso: “È cambiato il paradigma, ci si è spostati da una dicotomia tra repubblicani e democratici a una dicotomia tra establishment e anti-establishment, un’opposizione fra global e no global”. Lucio Martino, Guarini Institute for Public Affairs John Cabot University, da storico, ha trovato parallelismi, analogie e differenze fra Hillary Clinton, Donald Trump e i presidenti del passato: “Hillary Clinton è molto simile a Gerald Ford, mentre Trump mi ricorda Carter: come Carter ha condotto una campagna elettorale contro il proprio partito, intende negoziare con la Russia e diffida dell’intelligence. E come Carter, la sua presidenza potrebbe non passare alla storia”. Per Gianluca Petrillo, invece, è ora di lasciarsi alle spalle le discussioni della campagna elettorale e di augurare a Donald Trump buon lavoro, “consapevoli che le sue politiche avranno come sempre ricadute importanti sull’economia mondiale, europea e italiana”.

 TRUMP E I MERCATI ESTERI. AI TAVOLI NEGOZIALI AGIRDA UOMO D’AFFARI

Al centro del dibattito anche i rapporti economici tra gli Stati Uniti e gli altri paesi, i trattati commerciali di libero scambio e la politica protezionista sostenuta con fermezza da Trump, con le sue conseguenze sui mercati internazionale e italiano. Rosa Giovanna Barresi, Alumni Ambassador Fordham University School of Law: “Trump è un uomo d’affari che ha il suo punto di forza nelle trattative one to one, quindi non c’è da stupirsi che voglia utilizzare, in veste di presidente, gli strumenti che lo hanno portato al successo. Sia per mantenere il potere che ha conquistato, che per creare i presupposti per un secondo mandato e vedere così i frutti dei negoziati commerciali”. Giampiero Zurlo, presidente Utopia, intravede tre possibili conseguenze per le imprese italiane, che in primis “dovranno aumentare la propria competitività se non vogliono farsi sfuggire il mercato degli Stati Uniti – che vale 45 miliardi di dollari – poi, probabilmente, ci sarà un mutamento nelle relazioni transatlantiche, infine, le politiche di Trump potrebbero spingerci fra le braccia dei mercati asiatici”.

I RAPPORTI CON EUROPA E MEDIO ORIENTE

Si è parlato anche del dialogo tra i paesi del Medio Oriente e gli Stati Uniti e della vicinanza di Trump a Israele e ai cristiani. Daniel Funaro, assessore alle Politiche europee della Comunità ebraica romana si è espresso sul percorso intrapreso da Trump in merito alla questione israelo-palestinese: “Credo che Trump abbia scelto la giusta strada. Non saranno più possibili quegli exploit all’Onu in cui si abbandona Israele e si fa sì che l’Egitto ritiri una mozione, per poi farla presentare a un altro paese, scritta praticamente da John Kerry, ma bisognerà ricordare quali sono davvero i nostri valori. Da una parte c’è un Iran che cerca di costruire armi nucleari e dall’altro c’è un alleato fedele che difende la democrazia in Medio Oriente”. Giulio Terzi di Sant‘Agata, già ministro degli Esteri e ambasciatore, si dice fiducioso, perché alla fine la democrazia americana continuerà a rinnovare sé stessa seguendo un modello consolidato: “Da oltre duecento anni è capace di esprimere i valori della Costituzione basati sull’equilibrio tra i poteri, valori che ben conosciamo, ma l’Europa deve compattarsi. Credo che questa sia la lente attraverso cui dobbiamo leggere questa nuova realtà, gli Stati Uniti della presidenza Trump”.


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