“L’alternativa è secca: o Matteo Renzi accetterà il congresso oppure la scissione sarà matematica“. Lascia spazio a pochissimi dubbi l’analisi politica di Peppino Caldarola, giornalista – già direttore de L’Unità – con un passato in politica nel Pci e poi da deputato con i Ds. Oggi al fianco del governatore della Toscana e candidato alla segreteria Pd Enrico Rossi – di cui presiede l’associazione “Democraticisocialisti” – in questa conversazione con Formiche.net Caldarola non esita a evocare lo scenario più estremo che personalmente dice, però, di voler evitare.
Sarà scissione dunque?
Il malumore cresce di ora in ora come conferma la dichiarazione di ieri con cui Giorgio Napolitano ha detto no al voto anticipato. La strategia scelta da Renzi – accordo con Salvini e Grillo per una legge elettorale qualsiasi per tornare immediatamente alle urne – non è condivisa da molti. Anche perché c’è un pezzo importante del Pd – non solo la sua minoranza – che non ha ben capito con quale piattaforma politica il segretario intenda presentarsi agli italiani.
Qual è il bivio che il Pd ha di fronte?
L’alternativa è secca: se Renzi riuscirà a imporre il voto anticipato, la scissione sarà matematica. Nell’ipotesi in cui questa strategia venisse invece rimessa in discussione, il tema diventerebbe il congresso. E in quell’ipotesi gli esiti potrebbero essere ovviamente diversi: una vittoria di Renzi così come una sua sconfitta. Il congresso servirebbe a sanare il pericolo scissione.
Dato questo clima quanto immagina possa essere ampia l’eventuale scissione?
Le scissioni non fanno mai bene e non sono auspicabili. Se però un partito diventa impraticabile, non si può che andar via. Attualmente questa idea non è propria solo degli oppositori di Renzi ma comincia a farsi largo anche in una parte della maggioranza Pd. In queste condizioni l’eventuale scissione non potrebbe che essere molto ampia a mio avviso.
Potrebbe nascere un partito ulivista – di cui faccia parte anche una componente post-democristiana – come ha detto ieri anche Pierluigi Bersani?
Non c’è dubbio che quanto sta accadendo crei difficoltà a quel mondo cattolico-democratico che prima ha voluto la Margherita e poi ha fondato il Pd, esattamente per dialogare con la sinistra. In un partito puramente di centro – come sarebbe quello di Renzi – secondo me ci starebbero a disagio. Forse sarebbero più disponibili a fare un patto con la sinistra in un altro partito. E sarebbero accolti con ponti d’oro.
Perché pensa che l’ex presidente del Consiglio sia così deciso ad andare al voto?
Nessuno di noi capisce quale sia il suo retropensiero. Forse ha già messo in conto la sconfitta e punta a costruirsi un suo partito politico – liberato di ogni possibile oppositore interno – con cui poter tentare in futuro il rilancio. Come ha detto Rossi, in questa fase assomiglia a un pokerista. Non è un politico che sta applicando una strategia. Sta scommettendo.
Ma con il voto referendario del 4 dicembre gli italiani non hanno chiesto di tornare a votare?
Il problema non è tanto quando andare al voto ma, piuttosto, come andarci. Il Capo dello Stato ha giustamente chiesto due leggi elettorali armonizzate. Il principale ostacolo alle elezioni anticipati è la legge elettorale di Renzi che la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima.
La Consulta, però, ha anche definito la nuova legge elettorale della Camera “suscettibile di immediata applicazione”. Non vuol dire che si può andare al voto?
Tecnicamente sì, ma il problema dell’armonizzazione rimane. E poi occorre intervenire su questo tema con il consenso di tutti. Le leggi elettorali non si fanno a maggioranza, soprattutto contro un bel pezzo del proprio partito oppure in accordo solo con una parte delle opposizioni – Salvini e Grillo – e a discapito delle altre, e cioè Berlusconi.
Su questo però Renzi ha detto di voler trattare e ha fatto calendarizzare la discussione alla Camera sulla legge elettorale il prossimo 27 febbraio. Ci sono altre ragioni – a suo avviso – che sconsigliano il voto immediato?
Ci sono tre priorità di cui non possiamo dimenticarci: l’emergenza terremoto, la crisi economica – con i dati sulla disoccupazione giovanile e la rottura con l’Europa – e gli appuntamenti internazionali che l’Italia ospiterà nei prossimi mesi.
Quindi prima dell’estate – secondo lei – non se ne parla?
Bisogna dare una risposta certa su questi temi, altrimenti andare a votare sarebbe una barzelletta. A quel punto si potrebbe tornare alle urne a settembre, ottobre o novembre. D’altro canto mancherebbero pure pochissimo alla scadenza della legislatura. Il problema non è il voto anticipato ma chi sostiene di volerlo per guadagnare 4 o 5 mesi. Non siamo a metà legislatura, ma alla fine. E in mezzo c’è pure l’estate.
Ma non è che state chiedendo il congresso solo per regolare i conti ancora aperti con Renzi?
A me pare che sia Renzi a voler regolare i conti. Volere il congresso è tutt’altro. Serve a stabilire quale sia la maggioranza nel partito. I congressi si fanno alla scadenza ma si possono anche anticipare se sono accaduti fatti che hanno cambiato il quadro politico. E direi che ciò si è verificato. Il segretario del Pd ha perso il referendum su cui aveva puntato tutte le carte e abbiamo un altro governo. E’ cambiato tutto. Ciò richiede un congresso. Che non è una resa dei conti. E alla fine Renzi potrà vincere, fare un patto con gli avversari oppure perdere.
Congresso vuol dire anche primarie?
Le primarie si fanno, certo. Bisognerà però regolarle bene in modo che partecipino davvero gli iscritti e gli elettori Pd.
C’è chi ha parlato di un possibile incontro chiarificatore tra Renzi e Bersani, che però ha pure smentito. Un accordo tra loro è possibile, magari in nome della famosa ditta?
Personalmente non credo e poi aggiungerei un altro elemento che a mio avviso rappresenta il fatto politico di questi giorni: il pallino della cosiddetta minoranza spetta ormai a D’Alema, Emiliano, e Rossi. Non mi pare ce l’abbia più Bersani.
Perché loro?
Guardi io sono al fianco di Rossi e quindi potrei sembrare anche di parte. Però si tratta di un esponente politico in campo da mesi per la segreteria, con un ruolo istituzionale importante e un suo seguito. Lo stesso si può dire anche di Emiliano. D’Alema, invece, non lo scopriamo certo ora, come dimostra la grande partecipazione alla sua iniziativa di sabato scorso.
Sta dicendo che Bersani è al tramonto?
No, sto dicendo che Bersani e Speranza nel corso di questi anni hanno perso alcuni pezzi. Non credo che oggi siano la forza più rappresentativa della sinistra Pd. Rimangono importanti, ma non più come un tempo.
Quella delle ripetute scissioni a sinistra è una storia lunga, dibattuta e di scarso successo. Non pensa che vi sia il rischio di commettere di nuovo gli errori del passato?
Sono sempre stato convinto che le scissioni siano negative. Forse vi sorprenderete ma penso che lo sia stata anche quella del 1921 di Antonio Gramsci che abbandonò i socialisti per fondare il partito comunista. Figuratevi le altre scissioni. In alcuni casi, però, diventano inevitabili.
Quindi che cosa farete?
L’ideale è un congresso aperto e democratico in cui le diverse anime del partito possano contendersi realmente la guida. A quel punto ci sarebbero un vincitore e un perdente e verrebbe meno il motivo della scissione. Se dovessero vincere le forze di sinistra, il Pd sarà un partito più di sinistra. Se dovesse vincere Renzi, sarà più centrista.
Congresso da svolgere in primavera? Il tempo c’è?
Se Renzi pensa di poter organizzare in 40 giorni le elezioni anticipate, vuole che non si possa fare un congresso entro poche settimane?
Ad oggi quale pensa sia lo scenario più probabile?
Le parole di Napolitano non sono determinanti come lo erano due anni fa ma si tratta certamente di una presa di posizione pesante. In questo momento considero il voto anticipato abbastanza improbabile. Secondo me Renzi alla fine sarà costretto a fare il congresso anticipato.
Lei sostiene Rossi, ma si vocifera anche di altri possibili candidati. Competizione aperta?
Non sono d’accordo con D’Alema su due nomi che reputo entrambi inadatti. Il primo è quello di Bianca Berlinguer: non credo abbia le attitudini per esercitare questo ruolo. E’ brava nella sua professione e non c’è ragione perché non continui a esercitarla. L’altro è Michele Emiliano: sicuramente un trascinatore di popolo, il cui tratto di distinzione dal grilismo però si fa più sottile ogni giorno che passa.