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Luigi Di Maio, Virginia Raggi, Raffaele Marra e le bollenti chat a 5 stelle

Luigi Di Maio

I pentastellati (che è la formula elegante per indicare i “grillini”) a Roma stanno facendo diverse esperienze che, mi auguro, dovrebbero farli crescere e maturare. Non si stanno soltanto cimentando con un tentativo di (s)governo, ma stanno provando anche gli effetti della “macchina del fango”, un meccanismo a combustibile mediatico-giudiziario che si serve di diversi stratagemmi, tra i quali l’estrapolazione, dal contesto di una conversazione o di un ragionamento, di una frase che, resa pubblica e sbandierata in prima pagina, possa mettere nei guai la persona a cui viene attribuita.

Il giovane di balde speranze Luigi Di Maio, in un discorso un po’ più ampio, si è lasciato scappare un riconoscimento “politicamente scorretto”, definendo Raffaele Marra “un servitore dello Stato” in un sms inviato a Virginia Raggi. Come i “Magnifici Quattro” che hanno pubblicato la notizia, ne siano venuti in possesso, resta un mistero. Nel testo della conversazione, reso noto dai pentastellati (ecco un altro gesto di riguardo) quella frase compare e dà prova di un certo riguardo nei confronti di Marra (che a mio avviso sta marcendo in carcere allo scopo di mettere in difficoltà Virginia Raggi), ma nulla di più.

Dove sta l’errore dei “grillini”? Se la prendono con alcuni giornalisti, quando ci sarebbe da denunciare un sistema. Ma non possono e non vogliono farlo perché quel sistema ha consentito loro di entrare a gamba tesa nello scenario politico di questo povero Paese. Servirsi di frasi sconnesse, intercettate a tradimento ed inserite in un teorema giudiziario, è diventata la regola delle indagini e del ricorso alla carcerazione preventiva.



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