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Come rendere più frizzante l’agricoltura nel Mezzogiorno. Report Ismea

agricoli

Puntare sull’agroalimentare come volano di sviluppo del Mezzogiorno“. E’ questo l’invito che compare all’ultima pagina del rapporto curato da Ismea e Svimez sul ruolo dell’agricoltura nell’economia del Sud Italia. Un dossier nel quale sono indicate problematiche e potenzialità di questo settore, in grado di trainare il tessuto produttivo e imprenditoriale del Meridione. A patto, però, di colmare le lacune ancora esistenti e di intervenire con politiche mirate che vadano a risolvere le criticità e a valorizzare, contemporaneamente, quanto di buono questo comparto già esprime.

L’APPUNTAMENTO

Il rapporto – illustrato dal direttore generale di Ismea Raffaele Borriello (nella foto) – è stato presentato oggi pomeriggio nel corso di un dibattito alla Camera dei Deputati, moderato dalla giornalista Paola Saluzzi, al quale hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni ed esperti, ma non solo. Durante l’iniziativa sono intervenuti il commissario dell’Ismea Enrico Coralli, il presidente della Commissione Agricoltura della Camera Nicodemo Oliverio, il presidente della Svimez Adriano Giannola e il segretario generale della Cei Nunzio Galantino. I saluti introduttivi sono stati, invece, svolti dalla presidente della Camera Laura Boldrini, mentre delle conclusioni si è occupato il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina.

IL QUADRO DI PARTENZA

La fotografia da cui il rapporto prende le mosse è quella di un settore che non ha sbandato nonostante le difficoltà del sistema Paese: “L’agricoltura ha mostrato una maggiore capacità di tenuta e migliori performance rispetto agli altri settori“, si legge nel dossier, nel quale si evidenzia anche “la dinamica vivace” che si è registrata nel 2015 e nel 2016. Con un elemento ulteriore da sottolineare: “In questo quadro espansivo di ripresa, l’agricoltura meridionale è andata anche meglio di quella del Centro-Nord“. Gli aspetti per giudicare il bicchiere mezzo pieno, quindi, non mancano, al pari, però, degli elementi problematici che non finora non hanno ancora consentito al comparto di esprimere tutte le sue potenzialità.

LA MODERNIZZAZIONE NECESSARIA

In questo senso la strada indicata dal rapporto richiede, innanzitutto, che si proceda a una modernizzazione del settore, sia dal punto di vista “produttivistico” che da quello della qualità. Sotto il primo profilo, il riferimento è a tutto ciò che concerne l’organizzazione dell’impresa e del lavoro, a proposito delle quale occorre fare numerosi passi in avanti, tra gli altri, anche in materia di “efficienza” e di “integrazione di filiera spesso guidata dalla grande distribuzione“. Dall’altra parte, invece, Ismea e Svimez segnalano anche la necessità di una “modernizzazione qualitativa declinata nel segno della cosiddetta multifunzionalità“. Gli esempi in questo senso non mancano e comprendono la diversificazione delle attività produttive delle aziende agricole e dei territori rurali – in particolare attraverso gli agriturismo – e la creazione di servizi ambientali e sociali connessi, come nel caso delle cosiddette fattorie didattiche. “Tra gli studiosi e gli addetti ai lavori” – afferma il rapporto – “da tempo si discute del ruolo dell’agricoltura nell’attivazione di altri settori produttivi e nella produzione di beni e servizi pubblici“.

PICCOLO NON E’ BELLO

Aspetto prioritario è poi rappresentato dalle dimensioni aziendali, molto spesso troppo ridotte per consentire alle imprese del Mezzogiorno di crescere e di produrre risultati davvero apprezzabili. Il dossier rivela che “sono le grandi produzioni di qualità a segnare le performance migliori“. Un discorso valido “sia per i prodotti del settore food che per i vini“. Da qui l’inevitabile conclusione: piccolo non è bello, checché ne dicano in molti: “Il fattore limitante sono le piccole dimensioni di molte realtà e la loro scarsa capacità di organizzazione“.

RISORSE CERCANSI

Senza risorse adeguate – è ovvio – questo processo di crescita difficilmente riuscirà a innescarsi. E qui le notizie che arrivano dal rapporto sono positive ma anche negative. Nel senso che, da una parte, gli investimenti in agricoltura nel Sud Italia stanno aumentando, a differenza di quanto avviene nelle altre aree del Paese. Tuttavia – dall’altra parte – accedere al credito risulta ancora troppo difficile per le impres,e nonostante “il settore agricolo evidenzi un’affidabilità maggiore del resto dell’economia, con un tasso di decadimento dei prestiti agricoli inferiore alla media“. In sostanza, per le banche prestare soldi alle imprese dell’agricoltura è meno rischioso che prestarli ad aziende che operano in altri comparti. Un’affermazione cui segue la doppia proposta che il rapporto pone al mondo bancario: concedere “più facilmente credito alle aziende agricole” e proporre “loro tassi più allineati a quelli del resto del Paese“.

UN’OCCASIONE PER I GIOVANI

Alla luce di queste considerazioni l’agricoltura oggi rappresenta sempre di più un’alternativa da non escludere per i giovani del Meridione. Anzi. Una prospettiva che il rapporto commenta così: “La ritrovata consapevolezza del valore della terra e le domande che la società civile esprime in termini di sostenibilità e sicurezza alimentare portano con sé una rinnovata attenzione al settore agricolo, anche in termini di progetti di vita e di attività imprenditoriali da parte dei giovani“. Una tendenza confermato anche “dalla crescita delle immatricolazioni alle facoltà di Agraria“. Non è ancora abbastanza però “per assicurare un adeguato ricambio generazionale“. Un’opportunità, dunque, che anche in questo caso si porta dietro lacune e problematiche che Ismea e Svimez chiedono di affrontare con urgenza. Anche se alcuni segnali positivi ci sono: “Confortano i dati relativi ai primi nove mesi del 2016 che a livello nazionale fanno registrare un aumento netto di oltre 6 mila imprese a conduzione under 35, lasciando ben sperare sul ringiovanimento delle imprese agricole anche nel Mezzogiorno“.

UNA SFIDA CHIAMATA EXPORT

Ultimo – ma non in ordine di importanza – il tema dell’export cui il rapporto dedica un apposito paragrafo. I risultati fin qui ottenuti non sono particolarmente positivi, ma i margini per migliorare esistono. Basta un dato per fotografare le attuali difficoltà: il Mezzogiorno contribuisce alle esportazioni agricole italiane per un valore di poco inferiore al 30%, nonostante il ruolo ben più rilevante “che l’agricoltura riveste in termini di valore aggiunto (circa il 41%)“. Si può fare molto meglio, dunque, come sottolineano con forza anche Ismea e Svimez: “Partire da un livello basso di apertura alle esportazioni in una fase in cui la domanda di made in Italy è in costante crescita rappresenta una grande opportunità, se associata a politiche adeguate per accompagnare l’apertura del sistema produttivo meridionale“. Il suggerimento è di agire e presto su una serie di questioni, tra cui – in particolare – la “frammentazione produttiva“, la “scarsa organizzazione dell’offerta” e la “carenza di poli logistici significativi dedicati alla valorizzazione delle produzioni agricole meridionali“.


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