Il giudice per le indagini preliminari di Roma Flavia Costantini ha archiviato le accuse contro 113 persone sulle 116 indagate in un filone dell’inchiesta conosciuta come “Mafia Capitale”, non trovando “elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio”. Il provvedimento di archiviazione riguarda anche l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno e il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Tre le 166 persone indagate c’erano imprenditori, politici, pubblici funzionari e professionisti, accusati di vari reati. Dopo le indagini, nell’ottobre del 2016 la procura aveva chiesto l’archiviazione per tutte e 116 le persone indagate; il gip ha accolto la richiesta per 113 di loro, ordinando invece la restituzione al pubblico ministero degli atti per i tre rimanenti allo scopo di ulteriori approfondimenti. Va ricordato, per correttezza, che si tratta solo di un filone di indagini, mentre l’inchiesta prosegue (anche a carico degli stessi prosciolti) per altre fattispecie di reato. Ma che tutta la vicenda si stia rapidamente sgonfiando – al pari di una mongolfiera bucata – è più che evidente. Che senso ha avuto, allora, sollevare tanto scalpore, trasformare dei “mazzettari” di borgata in “padrini” all’altezza di Lucy Luciano e John Gotti, mandare in giro per il mondo l’immagine di una capitale di un grande Paese, infiltrata, anzi dominata, dalla mafia, accusare Roma di essere “priva di anticorpi” contro la corruzione?
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Se un cittadino viene accusato di associazione mafiosa ha la possibilità di difendersi. Ma come può tutelarsi una città?
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Lo spread ha preso a risalire. Quando arriva un nuovo Governo Monti? Con Elsa Fornero al Lavoro, naturalmente.
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Nella loro tragicomica “questione romana” i grillini sono vittime delle loro paturnie. Non possono (e ne avrebbero dei buoni motivi) sostenere di essere vittime di una persecuzione giudiziaria, giacché, nella loro subcultura, le procure sono la Chiesa e i magistrati inquirenti hanno ricevuto le stimmate divine della giustizia. D’altro canto, nel gestire l’affare Raggi i pentastellati vengono meno ad una consolidata linea di condotta secondo la quale per una persona impegnata in politica contano i comportamenti, le situazioni pure se non configurano ipotesi di reato. L’assessore Paolo Berdini ha fatto su Virginia Raggi delle affermazioni molto gravi: che è impreparata e che “si è messa in mezzo a una corte dei miracoli”. E ha aggiunto: “Anche in quel caso, io glie l’ho detto: ‘sei sindaco, quindi mettiti intorno il meglio del meglio di Roma’. E invece s’è messa vicino una banda”. Se uno stretto collaboratore di un ministero avesse fatto analoghe considerazioni sul suo titolare, che cosa avrebbero detto e fatto i parlamentari M5S?