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Perché contesto l’ordinanza sui padri gay

L’ordinanza della Corte di appello di Trento che ha conferito la genitorialità di due gemelli a due padri rappresenta, indubbiamente, un capitolo molto rilevante nella storia del diritto di famiglia del nostro Paese.

Il caso in questione, infatti, che non è il primo operato in questo senso, ha visto la magistratura dover intervenire per convalidare un atto di nascita stabilito in uno Stato straniero, in modo da attestare così legalmente anche in Italia una doppia paternità.

La faccenda è estremamente complessa non soltanto dal punto di vista etico, cosa di cui parlerò tra poco, ma anche nel versante giuridico. Nel nostro Paese, infatti, non soltanto la giurisprudenza non prevede tale tipo di procedura familiare, ma la Legge Cirinnà, che riconosce alle coppie omosessuali che lo vogliano di avere i medesimi diritti e doveri di quelle naturali e costituzionali, esclude proprio ed esplicitamente le adozioni, la famigerata step child adoption.

Come dire che i due coniugi omosessuali possono avere le stesse garanzie, ad esclusione però delle adozioni, perché in evidente contrasto con la forma naturale e biologica della genitorialità la quale pone dei doveri dei coniugi e prevede delle garanzie assolute per i bambini che ci sono o ci saranno.

Ecco che nella circostanza in esame, invece, la Corte ha ritenuto di ratificare quanto stabilito altrove sulla base di un principio di continuità affettiva che ai due gemelli si ritiene sia garantita dai due padri.

In tal senso, è molto interessate la giustificazione: “Nel nostro ordinamento vi è un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore e il nato (sic); all’opposto deve essere considerata l’importanza assunta a livello normativo dal concetto di responsabilità genitoriale (!) che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il nato; la favorevole considerazione da parte dell’ordinamento al progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla presenza di figli anche indipendentemente dal dato genetico, con la regolamentazione dell’istituto dell’adozione; la possibile assenza di relazione biologica con uno dei genitori (nella specie il padre) per i figli nati da tecniche di fecondazione eterologa consentite”.

Come spesso accade la ratio della motivazione esprime tutta la contraddizione della decisione.

In tanto perché viene esplicitato il contrasto tra due concezioni del diritto: una basata sulla natura e la biologia e l’altra sulla costruzione volontaria delle leggi. Inoltre è riconosciuto il fatto che la nostra legislazione in materia è giusnaturalista, vale a dire porta a livello normativo non decisioni prese arbitrariamente, esigenze cioè soggettive dei contraenti, bensì lo stato biologico del nascere come modo d’essere in sé che decreta per natura la genitorialità.

In tal senso, davanti al conflitto tra dei diritti legali legati alla cosiddetta “responsabilità genitoriale”, la quale dipende appunto dall’impegno affettivo e volontario dei contraenti, e il “legame biologico” involontario, la scelta è caduta totalmente a favore della prima.

Se andiamo più a fondo a considerare la cosa incontriamo così il problema etico che è anche, e quando mai non lo è, un dilemma ontologico sulla natura umana.

I diritti di natura, quelli stabiliti dall’essere stesso dell’uomo, possono essere superati dalla decisione di genitorialità?

E, ancor più, la volontà genitoriale, non riconoscendo il diritto naturale di un bambino ad avere garanzie su chi lo mette al mondo, nei modi in cui è biologicamente possibile, non concede sotto forma di responsabilità un abuso irresponsabile e una violazione sostanziale dei suoi fragili ma sostanziali diritti naturali a tutto vantaggio dei desideri decisi da degli adulti?

Per rispondere a questa domanda, dobbiamo domandarci cosa sia questo diritto positivo che viene passato sotto il genere della “responsabilità genitoriale”. Ebbene si tratta di un potere. Perché ogni diritto volontario è un potere di far valere quello che si vuole legalmente. Così come un potere è quello di chi si mette sullo scranno a decidere in favore della ratifica di un impegno volontario a tutto danno dello status reale del nascituro, il quale, viceversa, è così, con un padre e una madre, secondo i “valori veri” della “natura”, senza che essa abbia però né giudici e né avvocati a difenderne la realtà.

I diritti positivi sono importanti, ma essi devono restare entro i limiti loro consentiti per non essere spudorate e pericolose negazioni dei diritti naturali preesistenti. Un uomo e una donna perciò possono benissimo adottare un figlio, se non possono averlo, perché la condizione biologica non impedisce loro di farlo ma è una malattia o una patologia a creare impedimento. Chiamare in causa invece l’adozione eterosessuale per giustificare una doppia paternità è un’aberrazione e un errore logico, prima ancora di essere un’assurdità giuridica e filosofica.

Qui in causa vi è il disconoscimento plastico di un diritto soggettivo originario, quello di avere un padre e una madre biologica, fatto per assecondare un potere volontario di voler soddisfare un desiderio di amore di due partners.

Oltretutto, ci sia permesso aggiungere, un giudice non dovrebbe mai intervenire per creare leggi in una materia tanto delicata, laddove per l’appunto esistono norme legali che vanno nella direzione opposta.

Un Parlamento è intervenuto in materia, ha riconosciuto le unioni civili ma ha detto che non possono concorrere all’adozione. Una Corte dovrebbe attenersi a questo status legale e non forzare la legge. Altrimenti non ci si lamenti che il giudizio su questa responsabilità appaia come un irresponsabile atto di abuso discrezionale della continuità affettiva in pieno contrasto con l’ordine biologico del nascere che, sebbene fuori da ogni volontà, stabilisce un ordine preciso che conferisce diritti alle persone in questo caso calpestati e vituperati deliberatamente.

Non si dica, infine, che essere contro chi è contro la biologia voglia dire essere cattolico. Neanche per niente. Semmai vale il contrario: un cattolico non può essere contro l’ordine naturale perché essa è ritenuto creato da Dio. Ma un ordine naturale vi è anche se Dio non esiste, ed è quello che la biologia rivela e descrive. Anche perché questo conflitto è già testimoniato nel conflitto tra Creonte ed Antigone nella famosa tragedia greca di Sofocle, molto prima della nascita di Cristo e in un contesto decisamente pagano. E pure in quel caso Creonte è un tiranno potente che si appella alla “sua” legge mentre Antigone una tragica espressione della fragilità di chi tutela non il potere ma la dignità umana “in sé” del nascere e del morire.

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