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Perché Assange con Wikileaks non spiattella i lavoretti dei servizi segreti della Russia?

Stefano Cingolani

Ho fatto un sogno, anzi due. Il primo mi ha dato un perfido piacere, il secondo un sottile dispiacere, ma essendo un realista ne ho preso atto. Ho sognato che Julian Assange uscisse al balconcino dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dove ha trovato rifugio, per annunciare che Wikileaks stava mettendo in rete centinaia di informazioni che provano come i servizi segreti russi hanno penetrato ogni difesa cibernetica americana per diffondere false notizie e sostenere la campagna elettorale di Donald Trump. Poco dopo, invece, ho rivisto sempre lo stesso pallido Assange annunciare, strafottente, che i servizi segreti russi avevano aiutato Hillary Clinton contro Trump, magari sperando di ricattarla visti i pasticci che la ex segretario di Stato aveva combinato con le proprie e.mail.

Quando mi sono svegliato e ho acceso la radio di buon mattino, come mia abitudine, ho sentito che Wikileaks aveva messo in rete migliaia di file per dimostrare come la Cia spiava tutto e tutti dalla sua base di Francoforte. Che delusione. La centrale di spionaggio americana spiava. E che notizia è? E’ come il famoso aforisma del cane che morde l’uomo e dell’uomo che morde il cane. Per carità, il vulnus esiste, alla privacy, alla democrazia perfino. Ma la Cia spia da quando è nata, magari prima usava metodi meno cibernetici, anche se non meno sofisticati, però non è certo una novità. Del resto, così fan tutti.

Gli esperti dicono che la Russia di Putin ha migliorato enormemente i suoi apparati tecnologici e militari; a differenza dal comunismo sovietico ideologicamente penetrante, ma per il resto inefficiente e pasticcione, il neozarismo putiniano ha compiuto un salto di qualità e oggi Mosca non è inferiore agli Stati Uniti in questo campo. Pechino invece resta indietro, nonostante stia realizzando la quarta delle grandi modernizzazioni lanciate da Deng Xiaoping nel 1978, quella della difesa.

Ricordate Enigma? Era la macchina elettro-meccanica usata dall’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale per scambiare ordini e informazioni. Il matematico Alan Turing fu ingaggiato dal controspionaggio britannico insieme a un gruppo di giovani cervelloni nel campo della logica, dell’enigmistica, della crittografia per svelare quell’enigma. Turing, oggi ricordato come uno dei padri dell’informatica, costruì a sua volta una macchina, la Bomba, adattando una geniale invenzione polacca, e gli algoritmi per decifrare i codici segreti di Berlino. Non si può sapere se davvero fu questa l’arma segreta che sconfisse i nazisti, ma è certo che senza di essa gli alleati anglo-americani difficilmente avrebbero vinto in Europa.

Il vero enigma oggi è come mai il libertario Assange, apostolo della trasparenza che ci illumina sul lato oscuro della diplomazia e della sicurezza, non diffonde anche i documenti dei servizi russi. Forse questi ultimi sono più segreti dei servizi segreti americani? A Mosca sono più bravi che a Washington o a Francoforte? Può darsi. Assange non è abbastanza attrezzato? Forse o magari non è così equidistante. Chissà. Trump si liscia il parrucchino color polenta, i putiniani brindano e i loro supporter italiani già scrivono che “lo spionaggio russo è da dimostrare (sic!), intanto la Cia di Obama spiava tutti”.


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