I Trattati di Roma del 1957 furono sottoscritti dai sei paesi fondatori della Comunità Economica Europea (BeNeLux, Francia, Germania, Italia) grazie ai lavori di elaborazione e di preparazione condotti dai democristiani Adenauer, De Gasperi, Schuman. Essi avevano come orizzonte il raggiungimento della pace e della solidarietà tra i popoli, dopo secoli di guerre e di ingiustizie.
Leggere all’indomani delle celebrazioni del 60° anniversario di Roma diversi resoconti superficiali e approssimativi dell’evento crea scoramento e poca fiducia nel futuro. Commenti banali, inopportuni hanno sottolineato lo scarso successo che ha riscosso lo storico incontro nella Capitale del 25 marzo. Euroscettici, antieuropeisti, agnostici si sono sbizzarriti a fare le pulci ai vari esponenti dei paesi dell’Unione Europea e a sminuire momenti importanti della manifestazione, per niente carnevalesca, ma molto sobria. C’è stato chi, nell’informazione, per dare colore alla sua presenza, non sapendo cosa raccontare, ha preferito dilungarsi sul flop delle già organizzate e annunciate proteste di gruppi noti; chi ha voluto marcare il ruolo defilato, quasi ignoto del sindaco Virginia Raggi; chi invece si è dedicato ad evidenziare il modo di firmare di qualche capo di governo. Amenità e quisquiglie che si verificano di solito in assemblee di un certo rilievo. Meglio però se alle note di colore i media avessero collegato la narrazione di fatti concreti, riguardanti il futuro dei nostri popoli nell’Ue. Tanti accidenti, ma pochissima sostanza.
Forse qualcuno dopo sessant’anni immaginava di assistere ad una cerimonia facsimile del 1957, ma non vi era alcun elemento né di carattere cronologico né logico che potesse far pensare di portare indietro le lancette dell’orologio della storia. A Roma, il 25 marzo bisognava solo che si analizzassero le enormi differenze tra due epoche, divise da sessant’anni di vita, durante i quali è stata garantita pace, libertà, crescita, sviluppo, benessere ai cittadini del Vecchio Continente, anche a coloro che non avevano aderito alle istituzioni comunitarie nel 1957. Un filo sottile e invisibile ha consentito che settant’anni di pace fossero assicurati dalle istituzioni comunitarie ai paesi europei: un filo invisibile chiamato solidarietà. L’Ue, nel momento in cui si è fatta sottomettere dalla cultura illuminista-positivista, abbandonando le sue storiche radici cristiane, è entrata in profonda crisi e rischia di non risollevarsi se non ripensa sé stessa, guardando appunto ad una visione solidaristica. Globalizzazione sì, ma solidale.
Non tutti hanno colto il seme che i “padri fondatori”, più volte richiamati dagli esponenti europei a Roma e da Papa Francesco, posero nel dar vita alle istituzioni dell’Europa unita, attraverso solidarietà, pace, giustizia. Da qui si iniziò per edificare le istituzioni dell’Europa comunitaria. Il 6 maggio Schuman invitava De Gasperi a partecipare alle trattative per sottoscrivere il Patto di Parigi sulla Comunità del Carbone e dell’Acciaio (1951). E qualche tempo dopo è lo stesso De Gasperi ad impegnarsi fino allo stremo delle forze sul protocollo del francese Pleven che prevedeva la nascita della (CED) Comunità Europea di Difesa. Il grande statista democristiano spese le sue energie negli ultimi tormentati anni della sua vita, per spiegare al popolo italiano cosa volesse dire avere un’Europa unita sotto l’aspetto sociale ed economico, della difesa e della sicurezza. De Gasperi ebbe un bel da fare nel respingere diffidenze, dubbi e propaganda contro la unità dell’Europa: gli attacchi dei nazionalisti, (oggi forse sovranisti?) come Vittorio Emanuele Orlando, che detestava l’Europa e che voleva morire italiano; quelli dei comunisti e della sinistra, che insinuavano con malignità che De Gasperi avesse intenzione di costruire una “piccola Europa clericale”. Lo statista trentino, profondamente credente, democristiano andò avanti nel progetto comune, sfidando nemici, avversari e anche amici, lottando fino all’ultimo istante della sua esistenza, quando raccomandò ai suoi eredi di non arrendersi di fronte al fallimento delle trattative sulla Comunità Europea di Difesa. Organismo che oggi sarebbe di incalcolabile utilità agli stati europei, e che per cecità di alcuni fu abbandonato.
Il Presidente Mattarella forse non a caso ha auspicato che: “Le prove che l’Unione Europea è già oggi chiamata ad affrontare – quella economico-finanziaria, quella migratoria, le crisi ai nostri confini orientale e mediterraneo, quella del pericolo terrorista – pongono con forza l’esigenza di rilanciare l’obiettivo di una, ineludibile, riforma dei Trattati», concludendo: «Oggi inizia una “fase costituente”, che mi auguro feconda». Non perdendo di vista solidarietà, pace e giustizia, è il caso di aggiungere.