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Chi e cosa frena gli investimenti delle imprese. Report Bei

bei, Dario Scannapieco

L’Italia investe, ma forse non abbastanza. Basterebbe rimuovere quei due-tre ostacoli e il gioco sarebbe anche fatto. Di questo sono convinti alla Bei, la Banca europea degli investimenti, che questa mattina ha fatto il punto presso la sede della Banca d’Italia, su quanto e come investono le imprese italiane. Obiettivo, capire se gli spettri della grande crisi hanno finalmente abbandonato gli imprenditori italiani, che dunque possono tornare a mettere mano al portafoglio (banche permettendo) per innovare le proprie aziende, magari senza paura.

ITALIA IN TESTA SUL PIANO JUNCKER

Piccola premessa. I dati presentati non riguardano gli investimenti resi possibili grazie al meccanismo del Piano Juncker (qui il focus di Formiche.net) bensì la spesa nel suo complesso, dunque anche quella al di fuori del perimetro Bei. Ad oggi comunque l’Italia rimane primatista in Europa per investimenti frutto del Piano Juncker, con quasi 400 operazioni per un totale di 31 miliardi di euro. Quanto all’operato della Bei, comprensivo dell’apporto fornito al Piano, negli ultimi cinque anni, il totale dei prestiti del gruppo Bei ha raggiunto in Italia i 52 miliardi, per un ammontare di investimenti mobilitati pari a circa 150 miliardi.

L’ITALIA INVESTE (MA QUANTO?)

Allargando il raggio d’azione a tutti gli investimenti effettuati negli ultimi anni dalle imprese italiane, emerge come la fiducia stia lentamente tornando nell’industria dello Stivale. Nel 2016 gli investimenti fissi lordi sono cresciuti del 2% rispetto all’anno prima, mentre per il 2017 si prevede una crescita al ritmo del 2,4%. In sostanza, hanno spiegato dalla Bei, lo scorso anno l’84% delle imprese italiane ha realizzato degli investimenti, con una percentuale analoga a quella dell’Unione europea. Addirittura “l’intensità degli investimenti risulta leggermente più elevata rispetto alla media dell’Ue, anche grazie alla maggior propensione delle grandi aziende”, si legge nel rapporto.

CHI (E COME) SPENDE

Scendendo nel dettaglio, 12% delle imprese comunica di avere investito troppo poco nello scorso triennio, mentre solo il 3% ritiene di aver investito troppo. Il 45% delle attività di investimento da parte di imprese in Italia è destinato a macchine e impianti, seguito da investimenti in terreni, edifici commerciali e infrastrutture (14%) e software, dati, IT e siti web (13%). Tra settori di impresa invece, sono le aziende attive nella realizzazione di infrastrutture quelle “maggiormente propense” a investire, rispetto a quelle di costruzioni e servizi. Ma c’è un problema. Anzi, due. Il credito e la burocrazia. Nulla di nuovo, se non fosse che la posta in gioco è davvero alta.

L’OSTACOLO BANCARIO

Ha spiegato Dario Scannapieco (in foto), vicepresidente della Bei: “Dal lato del credito, la propensione ad assumere rischi da parte delle banche italiane rimane prudente, nonostante gli stimoli della politica monetaria fortemente espansiva (il QE, ndr)”. Ossia, se è vero che 4 imprese italiane su 5 investono (l’84% per l’appunto), allora è anche vero che “quasi una su 10 ha difficoltà di ottenere finanziamenti: sono il 9%, ovvero quasi il doppio della media Ue (5%)”. Tra le imprese che hanno difficoltà a ottenere finanziamenti rientrano quelle a cui è stata respinta la richiesta di finanziamento, quelle fatte desistere nella richiesta e quelle che hanno ottenuto importi inferiori o a tassi troppo elevati. “La ripresa degli investimenti, seppur lenta e debole, è trainata proprio dalle imprese che, nonostante il clima di incertezza, alcune difficoltà di accesso al credito e gli impedimenti regolamentari, hanno ripreso a investire”, ha sintetizzato Scannapieco.

SE LA BUROCRAZIA E’ UN FRENO

Poi c’è l’altra questione, quella burocratica-politica. Anche in questo caso Scannapieco è stato piuttosto esplicito. “Oggi in Italia il contesto politico e normativo è considerato essere il principale ostacolo alla realizzazione degli investimenti”, ha ammonito il numero due della Bei. Di qui l’invito “a rafforzare le competenze tecniche delle amministrazioni locali e centrali al fine di dare priorità agli investimenti dal maggior impatto economico”.

L’IMMANE PROBLEMA DEL DEBITO PUBBLICO

Non poteva certo mancare l’appunto di Via Nazionale sulla situazione degli investimenti in Italia. Il concetto espresso però, è rimasto più o meno quello, ovvero tagliare il debito pubblico. “In un paese come l’Italia dove aggredire il debito pubblico è un obiettivo fondamentale, ancora più che altrove, è necessario assicurare la qualità della spesa pubblica e dell’intervento pubblico in generale a favore degli investimenti”, ha detto il vice direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini. “La ripresa degli investimenti e’ una sfida cruciale per accompagnare l’uscita dell’economia italiana da anni di crisi”.

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