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Tutte le voglie neodc dell’Udc di Cesa

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Rinasce la Dc? Questa volta è l’Udc di Lorenzo Cesa a ridare fiato alle trombe per riproporre lo scudo crociato. Con qualche novità rispetto al passato dovuto al cambio di scenario politico. Occorre però partire da una premessa: dopo anni di lotte intestine e guerra sottotraccia, Cesa ha definitivamente rotto con Pier Ferdinando Casini.

Il ragionamento dell’Udc è il seguente: il 4 dicembre ha segnato non solo la fine del progetto di governo di Matteo Renzi, ma ha chiuso definitivamente la stagione maggioritaria e bipolare, che annullava il centro o lo obbligava a stare da una parte o dall’altra della barricata. Ora, se si andrà a votare col proporzionale, finalmente, secondo Cesa, ci si potrà presentare alle elezioni da soli con il simbolo dello scudo crociato e solo dopo, secondo i rapporti di forza, vedere con chi dialogare, mirando a essere l’ago della bilancia di un futuro governo. Insomma, tutto perfettamente combaciante con la Prima Repubblica. Prima però ci sono le amministrative. “Dove riusciremo presenteremo nome e simbolo, altrimenti faremo delle aggregazioni centriste”, spiega il deputato Angelo Cera.

“È dal centro che si riparte a fare politica, come sappiamo farla noi”, spiega Rocco Buttiglione, in gran forma. Il dialogo post elettorale, naturalmente, è possibile con tutti, da Renzi a Berlusconi, a patto che non vi siano estremisti (di sinistra) o sovranismi (di destra) in campo. Un chiaro invito al Cavaliere a rompere definitivamente con Salvini.

Al centro, nel frattempo, tutto si rimescola. Alfano ha annunciato la fine di Ncd per dare vita a un nuovo soggetto politico, Mario Mauro è tornato in Forza Italia, da Ala sono in fuga diversi parlamentari. Proprio da Verdini qui nell’Udc sono appena approdati i senatori Giuseppe Ruvolo e Riccardo Conti. E un dialogo, magari in ottica federativa, lo vuole riallacciare Mario Tassone, segretario del Cdu. E anche l’ex segretario Marco Follini è della partita: è in platea.

Tra i volti spiccano Paola Binetti e Giuseppe Gargani. “Io rinuncerei al nome Udc, che sa di vecchio e di non molto fortunato. In giro ci sono tante persone che hanno voglia di Dc, dobbiamo solo capire come metterle insieme. Noi siamo piccoli ma uniti, mentre di là, nel Pd, c’è grande confusione”, sostiene dal palco Ciriaco De Mita, sempre seguitissimo. “Il nostro progetto deve essere neo democristiano. Oggi possiamo rivendicarlo con orgoglio e presentarci finalmente da soli alle elezioni. Brindiamo alla fine del maggioritario, un sistema che si è dimostrato deleterio”, afferma Buttiglione. Secondo cui “il centro è il luogo ideale dove da dove si governa il Paese, visto che nessuna lista arriverà al 40%”. Poi Rocco butta lì anche qualche tema su cui battagliare, tipo no all’eutanasia e no all’utero in affitto. “Noi siamo popolari e non populisti”, afferma.

La platea del consiglio nazionale del partito, all’hotel Parco dei Principi a Roma, non si perde una sillaba. Potrebbe davvero essere il momento della tanto agognata rinascita democristiana? D’altronde se il Pd ha fallito e il Pdl pure, perché non rispolverare la vecchia Balena Bianca… Chissà. Sta di fatto che forse da queste parti manca un leader vero, un volto che la gente può identificare. Il momento, comunque, se si andrà al voto col proporzionale, è propizio. E i naturali interlocutori sono Raffaele Fitto e Flavio Tosi. Tutto è in smottamento e magari qualcun altro potrebbe arrivare, come Saverio Romano, anche lui dato in fuga dalla truppa verdiniana.

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