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Tutte le tensioni tra Frontex e Ong sui migranti

ong FABRICE LEGGERI Frontex

L’agenzia Frontex ha i nomi delle Ong che vengono chiamate direttamente dagli scafisti o dai migranti sui barconi per essere salvati, ma queste informazioni saranno fornite solo all’autorità giudiziaria italiana. L’ha spiegato Fabrice Leggeri (nella foto), direttore esecutivo dell’agenzia europea, ai senatori della commissione Difesa in audizione. E, visto che sono tre le procure che già stanno indagando sul ruolo opaco di alcune organizzazioni non governative, è possibile che presto ci saranno sviluppi. Quella di Leggeri è stata una delle tre audizioni parlamentari di mercoledì 12 aprile su un tema divisivo come quello sull’immigrazione usato ancora una volta per alimentare confusione finalizzata allo scontro tra partiti anziché chiarezza a beneficio di tutti. Alla commissione Difesa di Palazzo Madama si sono presentati anche i rappresentanti della Ong Proactiva Open Arms e il Comitato Schengen della Camera ha ascoltato il presidente dell’Ong Sea-Eye mentre nell’Aula di Montecitorio è stato approvato a maggioranza, e con spaccature a sinistra, il decreto sull’immigrazione.

LE ACCUSE DI FRONTEX

Le indagini conoscitive avviate in Parlamento stanno confermando posizioni inconciliabili. Leggeri ha confermato le sue accuse alle Ong rilevando che dall’anno scorso la quota di soccorsi fatti da queste organizzazioni è salita a circa un terzo del totale e che intervengono sempre più in prossimità della Libia mentre fino al 2015 si era a metà strada tra Sicilia e Libia. Frontex ha due tipi di testimonianze di migranti: gli scafisti forniscono loro apparecchi telefonici con numeri di Ong da chiamare per essere soccorsi (quindi non una normale richiesta di aiuti a una sala operativa che indirizza la nave più vicina) e “uomini libici in uniforme”, certamente appartenenti alla Guardia costiera libica, sono in contatto con Ong a Ovest di Tripoli, in qualche caso minacciando di uccidere donne e bambini.

IL RUOLO DI SEA-EYE

Il presidente della Ong Sea-Eye, il tedesco Michael Buschheuer, al Comitato Schengen ha detto in sintesi le seguenti cose: l’Ong, nata all’indomani della chiusura della missione Mare Nostrum, si tiene “il più lontano possibile dalle coste libiche”, tra le 30 e le 36 miglia, e si è avvicinata fino a 13 miglia solo per salvare persone in pericolo e in accordo con la sala operativa di Roma; non trasporta migranti in Italia perché non è attrezzata per farlo, si limita all’assistenza e alla creazione di “isole flottanti” per consentire ad altri il materiale salvataggio; non ha intenzione di aiutare i trafficanti e se dovrà adeguare il modo di agire lo farà perché non intende favorire i traffici. Un punto su cui Buschheuer ha insistito è il contatto costante e sostanzialmente esclusivo con Mrcc Roma, cioè con la sala operativa della Guardia costiera, precisando che la metà dei loro interventi arriva su segnalazione della sala operativa e l’altra metà da loro avvistamenti.

LA POLEMICA DELLA RAVETTO

Il presidente del Comitato, Laura Ravetto (FI), ha a sua volta insistito sul contatto diretto “con il ministero dei Trasporti” dichiarato dal presidente di Sea-Eye, cioè che sia “il ministero dei Trasporti” a indicare dove andare a salvare i migranti, tanto che ha anticipato l’intenzione di audire nuovamente la Guardia costiera, il ministro Graziano Delrio, il ministero dell’Interno e altri. La Guardia costiera (corpo specialistico della Marina militare) è inquadrata funzionalmente nel ministero delle Infrastrutture e Trasporti, ma in caso di emergenza chi dovrebbe avvertire le tante navi che solcano il Mediterraneo se non la sala operativa che coordina i soccorsi? Trasformare un’ovvietà in uno spunto polemico significa conoscere poco i meccanismi operativi quando c’è già sufficiente materiale per tentare di mettere ordine nella complessa gestione del fenomeno pur nelle diverse opinioni politiche: trattati internazionali e la “legge del mare” impongono di salvare chi chiede aiuto, altra cosa sono la diplomazia che non riesce a risolvere la crisi libica, certe Ong che probabilmente vanno a prendere i migranti dove non dovrebbero, la quasi nulla ricollocazione in Europa dei rifugiati che l’Italia ospita.

LE INCHIESTE

Dal suo punto di vista, Buschheuer ha lamentato perfino che chi coordina i soccorsi si “limita” a far intervenire le navi più vicine solo una volta ricevuta una richiesta di aiuto, “ma non vanno a cercare i migranti”. Questo l’Italia non può e non deve farlo. Il presidente di Sea-Eye ha inoltre attaccato “un pm siciliano” che ha accusato le Ong di godere di finanziamenti poco chiari, rimarcando che nessuno ha visionato i loro libri contabili da cui emergerebbero solo donazioni di privati. Il riferimento era al procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, che nel mese di marzo davanti allo stesso Comitato Schengen aveva confermato l’apertura di inchieste di tre procure (Catania, Palermo e Cagliari) sul ruolo opaco di certe Ong.

LE MODALITÀ DI SOCCORSO

La spagnola Proactiva Open Arms nel 2016 ha salvato 70 mila migranti su oltre 181 mila arrivati in Italia. Il direttore Oscar Camps e il capo missione Riccardo Gatti hanno negato di aver ricevuto telefonate da terra e ribadito di operare sotto il coordinamento del comando della Guardia costiera italiana, che indica loro dove portare i migranti. In particolare, non credono a Frontex quando sostiene di avere le prove di telefonate dirette dai migranti alle Ong e non c’è dubbio che su questo punto le inchieste dovranno fare chiarezza. A una precisa domanda, Gatti ha risposto che la Guardia costiera individua il porto su indicazione del Viminale e che comunque la legge impone di approdare nel porto “più vicino e più sicuro”. Geograficamente il più vicino è Sfax in Tunisia, ma non è sicuro e l’alternativa è l’Italia. Allo stesso modo, così come affermano di non operare mai nelle acque libiche, il diritto internazionale obbliga a farlo in caso di naufragio: alla Proactiva Open Arms è accaduto due volte, il 23 luglio e il 9 ottobre 2016. Giusto per capire il clima, Maurizio Gasparri (FI) in audizione ha definito la Guardia costiera “organizzazione dedita a devastare il nostro Paese e non a proteggere le nostre coste” e in una successiva dichiarazione si è spinto perfino a invocare la corte marziale aggiungendo nel calderone anche il Viminale e la missione Eunavfor Med.

LE ROTTE DI UN FLUSSO INTERMINABILE

Secondo l’ultimo rapporto Frontex (diffuso in contemporanea con l’audizione di Leggeri), nel mese di marzo sono passate nel Mediterraneo centrale 10.800 persone, oltre un quinto in più del mese precedente, mentre lungo la rotta del Mediterraneo orientale verso la Grecia ne sono passate 1.690, cioè solo il 6 per cento di quanti arrivarono lo scorso anno prima dell’accordo tra Ue e Turchia. I dati complessivi di Frontex fino a marzo parlano di un 30 per cento in più di arrivi in Italia rispetto al 2016: una media attendibile perché il ministero dell’Interno all’11 aprile ha registrato 26.989 persone, che quel giorno equivalevano al 35,4 per cento in più e che il giorno dopo valevano invece il 23,8 per cento in più in assenza di nuovi sbarchi. Frontex segnala anche che da marzo aumentano gli arrivi dal Corno d’Africa passando per la Libia. Sul fronte dei ricollocamenti il vero problema, già ammesso recentemente da Angela Merkel, è che sono pochissimi quelli che ne hanno diritto: secondo la Commissione europea, infatti, in Italia oggi sono presenti solo 3.500 richiedenti asilo che possono beneficiare della ricollocazione. Fino al 10 aprile, secondo Bruxelles ne sono stati ricollocati 16.340 di cui 5.001 dall’Italia e 11.339 dalla Grecia.

I TORMENTI DELLA SINISTRA

La Camera ha nel frattempo approvato a maggioranza il decreto legge Minniti sull’immigrazione. Nel centrodestra ci sono posizioni variegate, non necessariamente aggressive, aspettando il ministro dell’Interno al varco dell’applicazione pratica del decreto. Per esempio il presidente della Lombardia, Roberto Maroni (Lega), da ex ministro dell’Interno sa più di altri di che cosa si parla e, dopo aver apprezzato l’opera di Minniti, ora lo bacchetta: “Aveva detto che avrebbero fatto un Cie in ogni regione, ma sto ancora aspettando che mi dica in Lombardia dove vuole farlo. Più passa il tempo, più arrivano immigrati”. A sinistra invece cominciano a emergere le contraddizioni di un gruppo come Mdp che comprende una sinistra dura e pura e una sinistra meno dura, ma sicuramente antirenziana. Così nel Pd è facile per Emanuele Fiano rilevare che Mdp ha votato contro il decreto alla Camera e a favore al Senato oppure per Alessia Morani affermare che è curioso votare contro un decreto del ministero dell’Interno il cui viceministro è Filippo Bubbico che fa parte di Mdp. E più si avvicinano le elezioni amministrative più se ne vedranno delle belle, visto che il capogruppo alla Camera, Ettore Rosato, accusa Mdp di destabilizzare la legislatura. Se poi dall’altra parte qualcuno arriva a parlare di corte marziale…


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