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Indagini su Manchester, perché gli inglesi sbuffano con gli americani sulle fughe di notizie

Martedì l’americana CBS è stata il primo media a dare il nome di colui che la polizia inglese considera l’autore dell’attentato alla Manchester Arena, dove lunedì sera sono morte 22 persone e che è stato rivendicato dallo Stato islamico. Ma l’identità di Salman Abedi non dove uscire pubblicamente, almeno non prima che fossero le autorità inglesi a diffonderla, sostiene Londra.

[Aggiornamento del 25/05: le polemiche sono aumentate]

Invece i media americani hanno ricevuto informazioni dalle proprie fonti e le hanno pubblicate. Ieri se si volevano seguire gli aggiornamenti e le notizie più calde bisognava stare sintonizzati con NBC, CNN e CBS, piuttosto che con la BBC. Ancora oggi la cosa non si ferma: per esempio, la NBC dice che, secondo fonti interne all’intelligence americana, Abedi aveva ricevuto addestramento in un campo qaedista. Il funzionario dei servizi statunitensi, che la NBC descrive come “a conoscenza delle indagini”, dice anche che Abedi avrebbe viaggiato in Libia (aspetto che conferma uno scoop del Times) e in altri paesi. Sulla storia: in questi viaggi avrebbe ricevuto addestramento da parte di gruppi combattenti jihadisti, non escludendo dunque che, sebbene i suoi collegamenti con al Qaeda sono “chiari” dice l’americano, potrebbe aver avuto anche contatti con altre organizzazioni. Lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco definendo l’attentatore con la formula rituale “un soldato del Califfato”, ed è per questo che l’informazione della NBC sembra controversa, dato che è noto il contrasto tra IS e AQ nell’universo jihadista internazionale.

Amber Rudd, la Home Secretary inglese, ha parlato a “Today”, il programma quotidiano di BBC Radio 4, e ha definito “irritanti” questi leak diffusi dagli americani. Rudd spiega che con gli Stati Uniti c’è piena condivisione sul procedere delle indagini, nell’ambito degli accordi di collaborazione totale tra i due paesi della churchilliana “Special Relationship”. Ma, sottolinea, avevamo chiesto a Washington di non far uscire niente prima delle informazioni ufficiali: “La polizia britannica è stata molto chiara [sul fatto che] voleva controllare il flusso di informazioni al fine di proteggere l’integrità operativa, l’elemento sorpresa, quindi è irritante se vengono rilasciate da altre fonti, e sono stata molto chiara con i nostri amici che questo non dovrebbe succedere di nuovo”.

Dunque anche l’attentato di Manchester ci ricorda che l’Intelligence Community americana è in una fase (autolesionista?) in cui corre dalla stampa a spifferare informazioni importanti appena possibile. Qualcuno da tempo comincia a credere che ci sia dietro un piano per abbassare la già bassa credibilità del commander-in-chief

Una specie di ammutinamento discreto che significa qualcosa come ‘il comandane non controlla le bocche delle sue truppe perché è debole’, e che sfrutta la circostanza: da tempo si parla della poca fiducia che i partner internazionali hanno sulla capacità di gestione delle informazioni riservate da parte della Casa Bianca, lato Donald Trump. Sfiducia che, a febbraio, era uscita anche da fonti della Cia.

D’altronde il presidente non si aiuta: a inizio maggio, aveva parlato inopinatamente con funzionari russi di un piano dell’IS raccolto dai servizi segreti alleati, quasi certamente israeliani (e forse anche giordani). E nel giro di pochi giorni qualcuno aveva passato la dritta dall’interno al Washington Post. Il circolo vizioso, il meta-leak innescato per screditare Trump, a quel che si sa, aveva fatto tremare i servizi europei, che da settimane stanno assistendo dall’America a fughe di notizie sempre più consistenti. Il presidente americano vorrebbe stringere la cinghia su questo – ed è stato uno dei ripetuti temi di scontro con il capo dell’Fbi, licenziato –, ma sembra che il rapporto con l’IC è ai minimi, e le spifferate alla stampa sono una dichiarazione di guerra.

I leak su Manchester sono invece il segno che questo atteggiamento dei funzionari americani è fuori controllo ed è diventato compulsivo, oppure rientrano in un piano per screditare l’amministrazione americana anche agli occhi internazionali?

Poi ci sono le sviste. Oggi il ministro dell’Interno francese, Gerard Collomb, ha parlato con BFM Tv di un “improvviso viaggio in Siria” di Abedi, solo che fino a quel momento nessuno ne era a conoscenza del soggiorno siriano, allora il giornalista gli ha chiesto da chi avesse ottenuto l’informazione sulla Siria, e il ministro ha risposto che gli era stata detto dai servizi segreti francesi, e inglesi.

 


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